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domenica 13 gennaio 2013

La vecchia brucia in Piazza Bra a Verona


L'Arena
lunedì 07 gennaio 2013


FIAMME IN BRA. Le «falive» vanno verso Garda, grande folla in piazza ad ammirare l'antico rito propiziatorio di buone nuove

Il falò in Bra allontana
le negatività del 2012

Migliaia di persone davanti all'Arena. Il rogo accompagnato prima dai tamburi e poi dalle note del compositore Vangelis



Brucia, vecchia, brucia. Bruciano con te le preoccupazioni, le cose non dette, quelle fin troppo dette. Le aspettative disilluse, i dolori provati, le paure patite.
Scalda fuoco, scalda. Gli animi pietrificati dalla sofferenza, dai patimenti. E purifica, purifica dalle cattiverie, dalle malattie, da questa crisi che non lascia il nostro Paese.
Quanti pensieri sono volati in alto ieri pomeriggio alle 18, quando la pira costruita in piazza Bra ha preso fuoco. Prima la luce dei fuochi attorno a illuminare la scena, poi il castello, dato alle fiamme dal cuore, fino a lavare per decine di metri le fiamme. E il tepore delle fiamme a riscaldare le migliaia di persone arrivate in Bra per tradizione, per scaramanzia, perchè sì l'Epifania che «tutte le feste si porta via», si porti via con sè tutto quello che dell'anno appena passato non ci era proprio piaciuto.
Prima i tamburi, a ritmare quei guizzi rapidi, i crepitii, poi, quando le fiamme erano alte imponentissime e quasi spaventose, ecco partire la musica, (grazie ad Eventi) del grande compositore Vangelis con la colonna sonora del film «1492 la conquista del paradiso», che narra del viaggiatore Colombo verso le Americhe. Lui ha conquistato il nuovo mondo. A noi basterebbe migliorare quello in cui viviamo.
Un tempo erano campanacci, latte, trombe, ferri e catene, si faceva un rumore assordante per spaventare gli spiriti maligni che si aggiravano per i paesi e le campagne. Per cacciarli via per sempre, restituendo pace agli uomini. I cacciatori sparavano in aria tanti colpi di fucile, perché colpissero direttamente il cuore delle streghe, sperando di liberarsi una volta per tutte della loro presenza. Quando le fiamme avevano bruciato la cattiva Befana e si spegnevano lentamente, si diceva che, morta la crudele vecchia, da quel rogo rinascesse finalmente la Befana buona, portando un gran regalo per tutti.
Nel Medioevo, periodo ricco di racconti demoniaci e di magie, si dava molta importanza al periodo compreso tra il Natale e il 6 gennaio, un periodo di dodici notti dove la notte dell'Epifania è anche chiamata la «Dodicesima notte». È un periodo molto delicato e critico per il calendario popolare, è il periodo che viene subito dopo la seminagione; è un periodo, quindi, pieno di speranze e di aspettative per il raccolto futuro, da cui dipende la sopravvivenza nel nuovo anno. La festa della Befana ha origine da antichi elementi folclorici pre-cristiani, recepiti ed adattati dalla tradizione cristiana. In particolare questa figura è probabilmente da connettere a tradizioni agrarie pagane relative all'inizio dell'anno. In tal senso l'aspetto da vecchia sarebbe da mettere in relazione con l'anno trascorso, ormai pronto per essere bruciato per "rinascere" come anno nuovo.
Ieri sera le «falive» sono andate verso ovest, verso Garda.
«Se le falive va al garbin, parécia el caro pa 'ndare al mulin. Se le faìve va a matina, tol su el saco e va a farina. Se le faìve va a sera, la poenta impiega la caliera», recita un vecchissimo proverbio. Che sia per tutti un anno migliore. 

domenica 30 dicembre 2012

Riti, scaramanzie, superstizioni dell'ultimo dell'anno


L'Arena
venerdì 28 dicembre 2012


QUASI NESSUNO CI CREDE VERAMENTE, MA IN FONDO NON COSTA NULLA METTERLE IN ATTO...

Rituali e scaramanzie
che portano fortuna  

Mangiare alcuni alimenti porterebbe abbondanza e prosperità


Fra le scaramanzie che riguardano l'ultimo giorno dell'anno c'è quella che dice "ciò che fai il primo dell'anno lo fai tutto l'anno". Detto derivante dal fatto che il Capodanno è tradizionalmente considerato il giorno di transizione, la notte in cui tutto è permesso, ma soprattutto la serata che sarà il modello per le 364 successive. 
Ecco perché si mangia e si beve in abbondanza Per garantire fortuna e prosperità per il nuovo periodo che arriva e che, nel mondo contadino, annunciava l'arrivo della stagione più fredda e critica per i raccolti.
 Oltre al bere e mangiare ognuno è libero di fare anche altre cose che vorrebbe poi fare per il resto dell'anno.
Sempre nella notte di Capodanno, non dimenticate di appendere del vischio sulle porte. 
Il vischio è sempre stato una pianta sacra, una specie di miracolo della natura, che d'inverno spicca nei boschi quando alberi e arbusti mostrano solo rami spogli. 
La tradizione vuole che si appenda il vischio per allontanare gli spiriti maligni da casa e, se gli spiriti sono già dentro, non c'è da preoccuparsi, basterà arieggiare una stanza buia poco prima dello scoccare del nuovo anno. 
Attenzione, però, è indispensabile aprire le finestre anche in una stanza illuminata per accogliere nelle mura domestiche gli spiriti del bene.  Il bacio sotto al vischio è un portafortuna per gli innamorati.
Altra usanza è quella di non uscire a tasche vuote, perché la tradizione narra che tutte le monetine che avrete, alla mezzanotte, si moltiplicheranno nel nuovo anno. Per rimanere in tema. una tradizione poco conosciuta sostiene che non si debbano mai negare prestiti a Capodanno, poiché i soldi prestati torneranno, addirittura, centuplicati 
Infine qualche tradizione gastronomica, prima fra tutte quella delle immancabili lenticchie che arrivano puntuali simboleggiando l'abbondanza e il denaro. Ogni lenticchia è, infatti, rappresentazione di una moneta e quindi più ne mangeremo e più soldi avremo. Anche lo zampone e il cotechino sono divenuti il simbolo dell'abbondanza, viste anche le caratteristiche estremamente nutrienti della carne di maiale. 
Mangiare queste due pietanze a Capodanno promette un anno ricco di abbondanza, benessere e prosperità. Stesso significato viene dato ai chicchi d'uva (freschi e di uva passa). 
Un antico proverbio recita: chi mangia l'uva per Capodanno conta i quattrini tutto l'anno. 
In Spagna l'ultimo giorno dell'anno si saluta con un chicco d'uva per ognuno degli ultimi 12 secondi . 

domenica 4 novembre 2012

Leggende e misteri di Bonavigo



L'Arena 
sabato 03 novembre 2012

BONAVIGO. Stasera se ne svelano i misteri

Leggenda e storia
Il diacono Dagiberto
alle origini del paese

Il religioso longobardo lasciò anche un ospizio al territorio

Leggenda vuole che Bonavigo sia stato fondato da un signore di origine longobarde che qui possedeva un casale e dei terreni coltivati. La leggenda, ripresa anche dallo scrittore Dino Coltro, sarà raccontata oggi, al teatro parrocchiale di Bonavigo, con altre del territorio, «Spettacoli di Misteri», evento del Festival dei Luoghi Misteriosi del Veneto. Se ogni leggenda ha un fondo di verità, questa ha anche dei riscontri storici. Le prime tracce di Bonavigo si trovano nell´887, quando il monastero benedettino di Santa Maria in Organo attestava di possedere qui una casa ed un terreno coltivato. Il proprietario era Dagibert - o Dagiberto - diacono della cattedrale e amministratore dei beni della stessa ed uno dei più grandi proprietari terrieri in pianura, in Valpantena, sulle colline e sul lago di Garda. 
Alla caduta dell´Impero Carolingio, avvenuta proprio nell´887, l´Italia si ritrovò tra guerre e i giochi di potere dei vassalli e invasioni barbariche. Fu allora che Dagiberto, e altri religiosi della cattedrale, assunsero importanza per la nostra provincia: con i loro possedimenti, contribuirono a fondare molti paesi oggi esistenti.
Tutti questi ecclesiastici erano di origine longobarda. Durante l´età Carolingia, i Longobardi, persa la possibilità di svolgere un ruolo politico, ottennero cariche ecclesiastiche importanti e consistenti patrimoni. Ulteriore conferma dell´origine, arriva dai loro testamenti: quello di Dagiberto, del 20 settembre 931, è autentica «fotografia» dell´epoca sui paesi presenti nei suoi possedimenti. Se l´origine longobarda è certa, non si sa se vivesse qui: percepiva le decime sulle terre e costruì fortezze a difesa della gente. I religiosi fondarono anche i primi «xenodochi», gli ospizi, per malati e poveri. Per Bonavigo il diacono lasciò la proprietà al clero della cattedrale di Verona «per le necessità di malati ed infermi».
La serata inizierà alle 20 con la visita! guidata alle bellezze architettoniche del paese; quindi con la presentazione di leggende e misteri, a cura della Bottega delle arti di Villa Bartolomea; infine la commedia «El segreto de restar zoeni», de «El Gavetin». L´iniziativa è del Consorzio Pro Loco Basso Veronese, Pro Loco e Comune. L.B. 


La contessina fantasma a Valeggio sul Mincio


«Abbiamo il fantasma in casa
È una simpatica contessina»

VALEGGIO. C'è un mistero nella tenuta Corte Gardoni che appartenne alla famiglia di nobili e poi all'ingegnere Festa. Il vignaiolo Piccoli è uomo pratico e non visionario «Sentiamo i suoi passi quando c'è un bell'evento» Lei era Lida Toni e si curava stando all'aria aperta
31/10/2012

Valeggio. Hanno un fantasma in casa ma non sono spaventati per niente. Anzi. Quando lo spettro fa risuonare i suoi passi sugli impiantiti di legno delle stanze sopra le loro teste si sentono rassicurati. «Se la Contessina sta a lungo senza farsi sentire», confessa Gianni Piccoli, proprietario dell'azienda agricola Corte Gardoni nell'omonima località in comune di Valeggio «ci preoccupiamo. Ormai la sentiamo come una di famiglia». La Contessina si chiama, o, meglio, si chiamava da viva, Lida Toni. Morì di mal sottile nel 1932, a 57 anni. Abitava a Verona in via Pigna, la stessa strada dove viveva Berto Barbarani, ma amava risiedere spesso in quella villa colonica della campagna valeggiana ai piedi del monte Mamaor. Ora è sepolta nella tomba di famiglia del cimitero monumentale della città. «Corte Gardoni allora apparteneva al veronese conte Toni», spiega Piccoli, «e sua figlia veniva qui per respirare aria più pulita di quella della città e dar sollievo ai suoi polmoni ammalati. I vecchi del posto la ricordano ancora seduta a leggere sotto quel cipresso», continua l'uomo indicando una pianta che domina un vigneto, «dove una sorgente d'acqua sgorga dal monte. Una volta i cipressi erano due, poi uno è morto.  La mamma della Contessina morì dello stesso male e alla stessa sua età. Rimasto solo, il conte Toni donò corte Gardoni all'ingegner Umberto Festa, suo amico fraterno. Che era grande amico anche di Berto Barbarani e Angelo Dall'Oca Bianca, spesso ospiti suoi a Corte Gardoni. Alla morte di Festa la proprietà passò alla nostra famiglia. Ma lei, la Contessina, non lasciò mai questa casa che adorava». Gianni Piccoli, 72 anni, non è un visionario. Tutto al contrario. È un uomo di campagna concreto, solido, severo d'aspetto. Forse persino troppo schietto. Legato com'è alla terra, le fantasie non gli appartengono. Ha studiato - è agronomo - ma ama definirsi «contadino». È un grande produttore di vino. Al suo Custoza, il Mael, la guida del Gambero Rosso ha appena assegnato tre bicchieri, il massimo del giudizio. Gran parte dei suoi vini prendono la strada per l'America dove figurano sulle carte dei vini di famosi ristoranti negli Usa. «Mi prenderanno per matto», dice, «ma la Contessina non me la sono inventata. Tutti in famiglia l'abbiamo sentita camminare: Stefania, mia moglie, i nostri figli, le nuore e i nipoti. E l'hanno sentita gli ospiti che hanno dormito qui da noi. Ormai non andiamo nemmeno più a controllare se ci sono estranei o malintenzionati al piano di sopra. Lo abbiamo fatto per tanto tempo, ma ormai basta. Sappiamo che è lei. Riconosciamo il suo passo, una camminata decisa. Soddisfatta».  Il vignaiolo di Corte Gardoni ha cinque figli, due femmine e tre maschi. Tutti confermano le parole del padre. «Sì, abbiamo sentito più volte la Contessina camminare, anche di giorno». Mattia, il maggiore dei maschi, enologo dell'azienda, asserisce di non credere ai fantasmi: «Ma non so dare una spiegazione logica a quei passi. Più volte io, Stefano e Andrea, i miei fratelli (sono entrambi agronomi, come il papà, ndr), siamo saliti ai piani superiori della casa armati di mazze di baseball per difenderci da possibili intrusi violenti, ma non abbiamo mai trovato nessuno. Rumori di animali? Lo escludo. Non sono fruscii di piccioni o lo zampettare di roditori o faine. Sono proprio passi. È una storia inquietante, ma ci si abitua. Ripeto: non credo ai fantasmi, una spiegazione ci dev'essere, ma non so quale possa essere. E così accetto il fatto: meglio la Contessina che vivere in un appartamento con vicini litigiosi e urlanti». La prima volta che Gianni Piccoli sentì la Contessina camminare fu nel 1971, quando con la moglie venne ad abitare a Corte Gardoni. «Quando sentii i passi risuonare distintamente sopra la mia testa salii preoccupato al secondo piano e poi nel sottotetto. Temevo di trovare qualche malintenzionato. Ma non c'era nessuno. Nessuno. Ridiscesi molto turbato. E così la seconda, la terza e molte altre volte. Stessa storia: si sentivano chiaramente i passi, ma ai piani superiori non c'era mai anima viva. Pian piano ci abituammo. Ora, se la Contessina non si fa sentire per tanto tempo, ci preoccupiamo». Piccoli ha una sua teoria: la Contessina si fa sentire quando in famiglia c'è un evento felice, come se volesse partecipare. «Sentiamo la sua camminata svelta in vista di quando qualche nascita e quando ci sono ospiti in casa. Così è stato quando sono nati i miei figli e quando sono venuti al mondo i figli dei figli. L'ultima volta è successo poche settimane fa, quando Mattia ha annunciato che la moglie Elena era incinta. Era quasi mezzogiorno e l'abbiamo sentita distintamente. Così come l'ha sentita Frank Spane, il mio importatore americano, quando dormì da noi. E Christine, l'amica del Minnesota di mia figlia Cristina. Hanno fatto la Cattolica insieme. E Guillame Mochel, il vigneron francese amico di mio figlio Andrea. Paura? E di che? Tengo la sua foto sul comò in camera da letto. È simpatica.  Far benedire la casa per liberarci della sua presenza? Proprio no. La casa la facciamo, sì, benedire tutti gli anni, ma per fede. Non vogliamo che la Contessina se ne vada. Non fa niente di male. Cammina e basta. Fa parte della nostra vita». Ne fa talmente parte che i Piccoli hanno deciso di dedicare un vino al fantasma di casa. Il progetto è in piedi. «Sì, è tanto che ci pensiamo. Sarà una corvina vinificata in modo diverso», si limitano a dire. Fino a quando non sarà all'altezza degli altri, resterà un segreto che dovrà rimanere tra loro e la Contessina.    
Morello Pecchioli

martedì 18 settembre 2012

La leggendaria città di Carpanea, da Verona alla TV


L'Arena
giovedì 13 settembre 2012 – PRIMAPAGINA
IL MITO FINISCE IN TV. La leggendaria città di Carpanea

L´Atlantide della Bassa diventa documentario Rai

La mitica leggenda di Carpanea, la città sorta in una sconfinata conca protetta dalle acque dell´Adige e del Tartaro, sarà raccontata in un documentario in onda sulla Rai in novembre. Lo scorso fine settimana, il regista Pepe, curatore dei servizi per i programmi SuperQuark, Ulisse e Geo, è stato incuriosito dalla leggenda dell´«Atlantide della Bassa» ed ha deciso di raccontarla con la telecamera. SCUDERI 39

L'Arena
giovedì 13 settembre 2012 – PROVINCIA
CASALEONE. Il regista di SuperQuark, Ulisse e Geo attratto dalla leggenda di Carpanea, la mitica città delle cento torri
L´Atlantide della Bassa diventa un documentario per Raiuno

Il filmato, con attori del gruppo teatrale Dramaten in costume sarà trasmesso a fine novembre Riprese a Cerea, Gazzo e in paese

La mitica leggenda di Carpanea, la città sorta in una sconfinata conca protetta dalle acque dei fiumi Adige e Tartaro, sarà raccontata in un documentario in onda sulla Rai a fine novembre. Lo scorso fine settimana, il regista della tv nazionale Michelangelo Pepe, curatore dei servizi di Alberto Angela per il programma SuperQuark, della trasmissione Ulisse e di Geo, è stato incuriosito dalla leggenda dell´«Atlantide della Bassa» ed ha così deciso di raccontarla con la telecamera.
La curiosità gli è scattata dopo aver ricevuto il materiale da Claudia De Fanti, storico membro della Pro loco locale e persona da sempre attenta alla valorizzazione del territorio e delle sue tradizioni. «Partendo dalla storia di Carpanea e delle sue cento torri», racconta De Fanti, «si è sviluppato un percorso in grado di far scoprire e conoscere le ricchezze dei nostri luoghi, dalle tradizioni culturali alla lavorazione del riso, del radicchio ! e di altri pregiati prodotti orticoli da noi coltivati».
Il mito di Carpanea narra di una città circondata da sette ordini di mura e difesa da cento torri, con una grande diga che la proteggeva dalle acque dei maggiori fiumi che le scorrevano intorno. Un giorno il re della città, in lotta con i sacerdoti, penetrò nel tempio e trafugò la statua del dio Appo gettandola in acqua. La folla, per cercare di recuperare il simulacro di Appo, si precipitò sulle dighe per aprirle e prosciugare il bacino d´acqua. Il re, visto il disastro, impazzì, mentre la città sprofondò per sempre sott´acqua. La leggenda narra che ogni anno, nella notte di Pentecoste, chi si trova da solo lungo il fiume senta un pianto seguito dal suono di una campana: è la figlia del re di Carpanea, colei che doveva sposare il giovane capo dei sacerdoti e che ora vive sotto le acque piangendo al pensiero del suo sogno d´amore finito nel peggiore dei modi.
Tutto ciò sarà rac! contato ora ai telespettatori italiani grazie alla ricostruzione di una leggenda molto popolare nella Bassa. Attori e comparse della compagnia teatrale legnaghese «Dramaten», diretta da Nicola Pavanello, ripresi in costumi d´epoca dal regista Pepe in diversi luoghi della Bassa veronese, hanno riportato infatti in vita l´antico mistero. I set sono stati allestiti in vari punti della pianura: all´interno dell´Oasi del Brusà di Cerea, a Torretta, a San Pietro in Valle di Gazzo e a Casaleone. Per la buona riuscita del filmato sono intervenuti anche gli esperti del Centro ambientale archeologico di Legnago, l´ingegnere Stefano De Pietri del Consorzio di bonifica delle Valli Grandi e Flavia De Paoli dell´associazione naturalistica Oasi Valle Brusà.

domenica 26 agosto 2012

La ninfa Silvia a Valeggio sul Mincio, leggende e polemiche


L'Arena
sabato 25 agosto 2012 

VALEGGIO SUL MINCIO. Sarà inaugurata venerdì 31 agosto la statua che rappresenta l´innamorata del fiume Mincio

Una dimora per la ninfa Silvia
E il «Nodo d´amore» si stringe

Il busto creato da Zucchetta e voluto dai ristoratori  sarà posizionato sulla fontana in via Jacopo Foroni Veronesi: «Suggellerà la leggenda nata 19 anni fa»

«Finalmente la ninfa Silvia avrà una sua dimora nel centro storico di Valeggio». 
Ad annunciarlo è Gianni Veronesi, segretario Arv e anima della Festa del Nodo d´Amore, cui è legata la ninfa Silvia, protagonista assieme a Malco della leggenda creata dall´orafo veronese Alberto Zucchetta. 
La statua verrà posizionata sulla fontana in via Jacopo Foroni il 31 agosto in occasione dell´apertura della manifestazione Tortellini e dintorni. «Dopo alcuni anni di annunci nelle conferenze stampa», dichiara soddisfatto Veronesi, «la fusione del busto della ninfa innamorata del fiume Mincio è una realtà. L´ Associazione ristoratori l´ha voluta fortemente per suggellare una leggenda nata 19 anni fa. Diventerà un simbolo per la cittadina famosa per la sua enogastronomia in tutto il mondo, un segno che sottolinea anche l´amore che questa gente ha per il suo territorio». 
Veronesi spiega anche perché la scelta sia caduta su via Jacopo Foroni che gode di uno dei più belli cannocchiali ottici verso il castello: «Questa collocazione è stata scelta perché alle spalle come sfondo c´è il castello di Valeggio. Ora la fontana è un po´ decentrata ma il prossimo anno probabilmete verrà spostata di alcuni metri più centralmente in via Jacopo Foroni. Così, quando i turisti passeranno e scatteranno delle fotografie porteranno con sé un bel ricordo di Valeggio. Come associazione Ristoratori, siamo felici di aver raggiunto anche questo traguardo, preludio al ventesimo appuntamento della Festa del Nodo d´amore che sarà nel 2013 e nel quale verranno programmate altre iniziative importanti per il turismo locale. L´opera è stata finanziata con degli accantonamenti che vengono dagli ultimi tre anni della Festa del Nodo d´Amore».
Particolarmente contento anche Alberto Zucchetta, che dal 1997 è cittadino onorario di Valeggio: «Sono trascorsi dodici anni da quando proposi all´Associazione ristoratori di Valeggio di creare un simbolo ispirato alla ninfa Silvia, il personaggio più suggestivo della leggenda del Nodo d´amore», racconta. «L´intenzione era quella di creare una nuova icona per la città di Valeggio che promuovesse non solo l´aspetto della civiltà della tavola locale, ma tutti gli aspetti culturali, artistici e ambientali che attraverso la produttività dei vari settori collegati creassero turismo e visibilità. 
Così vede la luce un´ icona legata ai sentimenti dell´amore eterno che bene si adatta alle potenzialità di Valeggio e Borghetto e che darà concretezza alla leggenda che già da sola ogni anno contribuisce a convogliare migliaia di persone in uno dei siti più belli del nostro Paese. Una realizzazione che ho voluto donare a questa città, che mi ha conferito la cittadinanza onoraria». 




L'Arena
domenica 26 agosto 2012

VALEGGIO. Criticata la scultura legata alla leggenda del Nodo d´amore creata da Zucchetta: «Mettetela a Borghetto»

Residenti e associazioni contro la ninfa Silvia: «È fuori posto»

Protestano anche i «navigatori» di Facebook: «Sulla fontana meglio il busto di Jacopo Foroni musicista che dà il nome alla via»

È una valanga di critiche quella che si è scatenata negli ultimi giorni dopo che il passaparola ha fatto girare la notizia che sulla fontana in via Jacopo Foroni sarebbe stata installata una scultura rappresentante la ninfa Silvia, legata alla leggenda del Nodo d´Amore creata dall´orafo veronese Alberto Zucchetta diciannove anni fa. A schierarsi contro quest´idea dell´Associazione ristoratori, avallata dall´amministrazione comunale, non sono solo i residenti, ma associazioni e privati cittadini e anche il web ribolle. 
Tutti ritengono sia preferibile che sulla fontana si collochi qualcosa di legato all´arte ed alla storia locale.
«Dispiace», rileva Giuseppe Foroni, che la fontana ce l´ha davanti a casa, «che la nuova amministrazione non abbia tenuto presente la nostra contrarietà al posizionamento del bronzo sulla fontana, formulata con una raccolta di firme circa dieci anni fa. Già allora avevamo ventilato l´idea che, come ha fatto Verona con Berto Barbarani, si collocasse semmai sulla fontana il busto di uno dei personaggi celebri di Valeggio, come il musicista ottocentesco Jacopo Foroni (cui è dedicata anche la scuola media, ndr) o venisse celebrato qualche evento storico».
Foroni, che non è parente del musicista ma che conosce benissimo la sua storia avendo fatto ricerche anche in Svezia, dove Foroni era maestro della Cappella reale, rileva: zIn questa via la ninfa Silvia è fuori posto e lontana dal Mincio. Visto che è stata creata in relazione ad un “rito” che si svolge lì forse bisognava posizionarla in un´altra zona più adeguata alla sua storia». 
Dello stesso tenore anche il commento di un altro residente della via, Angelo Bressanelli: «Quando si realizza un´immagine bisogna considerare la storia e l´arte di una comunità, per evitare di posizionare qualcosa che va contro lo spirito del luogo. Musicisti come Domenico o il figlio Jacopo Foroni hanno lasciato un segno nella musica, l´ultimo facendosi conoscere anche all´estero». 
Anche Luisa Castioni, che produce tortellini, ritiene fuori posto la scultura della ninfa Silvia: «Avrebbe più senso se venisse collocata a Borghetto dove si svolge la manifestazione legata al Nodo d´Amore». 
Se tra i vecchi residenti la scultura della ninfa non trova adepti, chi cura o ha curato attività legate al mondo della musica considera questa scelta un vero e proprio danno.
«Chiedo all´Associazione ristoratori, tra cui ho amici fraterni», dichiara Fabio Ciprian, presidente dell´Associazione arti e mestieri musica (Aamm), che ha appena fatto il pienone al Parco Sigurtà con un concerto lirico, «di ripensarci perché quello è uno spazio da destinare a ricordare i musicisti di Valeggio e in particolare Jacopo Foroni, cui abbiamo dedicato un libro nel 2008, a centocinquant´anni dalla morte». Per Fiorella Marangoni, ex presidentessa di Amadeus», associazione attiva per diversi anni nella promozione della musica classica «Valeggio è una città d´arte, ma deve avere memoria dei suoi simboli, altrimenti non ha senso fregiarsi di questo appellativo. Musicisti come Jacopo Foroni vanno tolti dal dimenticatoio e non lasciati solo a far bella mostra nella sala del consiglio comunale». 
D´accordo Stefania Bonfadelli, soprano e presidente dell´Accademia musicale «Jacopo Foroni», che da alcuni anni organizza a Valeggio master class di perfezionamento, soprattutto nel canto: «Valeggio è un paese che non ha bisogno di inventarsi storielle sulle ninfe e false leggende. Non tutti i paesi possono vantare di aver avuto due musicisti come Alessandro Sala e Jacopo Foroni, senza dimenticare la sorella Antonietta, contralto e la figlia di lei Amelia, soprano». 
Anche sul web da alcuni giorni s´è sviluppata una fitta discussione riguardo l´iniziativa, soprattutto sulla pagina facebook «Abitare a Valeggio sul Mincio». «Rabbrividisco al pensiero del bronzo della ninfa», afferma Carmen Clarita Menegotti, insegnante, che ha riscosso notevole approvazione, «e credo rabbrividiscano con me tanti ristoratori e valeggiani degli anni passati, da Aldo Snaider della Lepre a Bepi Bertaiola dell´Antica locanda, dalle sorelle Molinari (chiamate le Gnoche) alle sorelle Darra (le Beate). Mai avrebbero pensato ad una ninfa, ma ad una “fòla" tutta valeggiana. La Ninfa non appartiene alla memoria storica di Valeggio, ma è una costruzione commissionata e, per di più, scaturita per un´occasione e non dalla fantasia o dalla memoria popolare, con tutto il rispetto per l´autore che non c´entra nulla». 





L'Arena
mercoledì 29 agosto 2012

VALEGGIO. Presentata al castello la terza edizione di «Tortellini e dintorni» al via venerdì

Proteste per la ninfa Silvia,
il sindaco trova la soluzione

Tosoni: «La scultura di Foroni  sulla fontana davanti alla chiesa»

È stata presentata ieri al castello scaligero la terza edizione di «Tortellini e dintorni», la tre giorni che dal venerdì al 2 settembre proporrà un fine settimana di enogastronomia e spettacoli, con al centro il tortellino e le specialità del territorio, senza disdegnare incursioni in altre eccellenze alimentari presentate da Slow Food e dai comuni che utilizzano il marchio De.co. (denominazione comunale).
Nella conferenza stampa il sindaco, Angelo Tosoni, è tornato a parlare delle forti proteste sollevate da alcuni cittadini per l´inaugurazione, che si terrà appunto venerdì, di una scultura della ninfa Silvia, legata alla leggenda del Nodo d´Amore, nella via dedicata al musicista ottocentesco Jacopo Foroni. «Collocarla a Borghetto», rilevava il sindaco, «era abbastanza scontato visto che poi lì si dirige un flusso importante di persone. Chi verrà a mangiare nel capoluogo potrà così venire a scattarsi una foto ! con la ninfa Silvia e avere il castello sullo sfondo. I ristoratori si sono assunti le spese e noi abbiamo dato l´ok per il sito. Ciò non toglie che se qualcuno si facesse carico di una scultura dedicata a Jacopo Foroni o Alessandro Sala, potremmo cercare un´altra collocazione, magari posizionando l´opera sulla fontana davanti alla chiesa».
Un´apertura è venuta anche da Gianni Veronesi, segretario Arv: «Quella di via Jacopo Foroni c´è sembrata una posizione ideale, ma nulla toglie che un domani si possa pensare ad una diversa collocazione, magari facendola sorgere dalle acque del Mincio».
(...)

giovedì 9 agosto 2012

Insetti e animaletti invadono il basso Garda?

Invasione di insetti e animaletti sul Garda? Ci ho costruito, in tempi non sospetti, un racconto ambientato a Tremosine e inserito in "(I) racconti fantastici del Garda". A quanto pare ho solo anticipato la cronaca...



Il Giornale di Brescia, 9 agosto 2012



mercoledì 8 agosto 2012

Performance di Land Art per festeggiare le Olimpiadi


L'Arena 
lunedì 06 agosto 2012



CASTAGNARO. L´enorme ritratto, che occupa quasi 15mila metri quadrati, è stato realizzato sui terreni di famiglia

L´aratro offre a Dorando Pietri
un oro ad honorem sul campo


Con una sua nuova performance di «Land Art»  l´artista Dario Gambarin ha voluto rendere omaggio allo sfortunato maratoneta emiliano



Dopo il grandioso omaggio di 15 giorni fa alle Olimpiadi di Londra ed allo spettacolare grattacielo «The Shard» di Renzo Piano - il più alto di tutta Europa - l´artista Dario Gambarin, castagnarese di nascita e bolognese d´adozione, resta ancora in ambito olimpico, realizzando un´altra enorme opera di Land Art su uno dei campi di famiglia, appena fuori il centro di Castagnaro, nella Bassa veronese.
Questa volta però il poliedrico artista, capace di passare con disinvoltura dalla pittura su tela alle perfomance musicali arrivando appunto fino alla Land Art, è andato addirittura indietro nel tempo omaggiando un grande dello sport - tanto bravo quanto sfortunato - diventato un vero e proprio simbolo dell´atletica italiana: Dorando Pietri. Grazie alla consueta tecnica della realizzazione «a mano libera» con trattore ed aratro, nelle prime ore del mattino di ieri, Gambarin ha dato vita ad un gigantesco ritratto del! maratoneta - occupa, infatti, quasi tutti i 15mila metri quadrati del campo utilizzato - mettendogli finalmente al collo quella medaglia d´oro immeritatamente sottrattagli ai Giochi Olimpici di Londra del 1908.
Pietri, che era originario di un paesino vicino a Coreggio in provincia di Reggio Emilia ma visse quasi tutta la vita a Carpi, passò infatti alla storia per essere stato squalificato subito dopo aver tagliato il traguardo della maratona di Londra 1908 perché, stremato dalla fatica e barcollante, venne sorretto da due giudici di gara. Tra la commozione generale degli spettatori, il maratoneta perse la sua medaglia d´oro, ma le immagini di quel drammatico arrivo fecero il giro del mondo, consacrando Pietri alla leggenda. Particolarmente colpita dalla vicenda fu anche la regina Alessandra, moglie di Edoardo VII, che volle premiare l´atleta con una coppa d´argento dorato. 
«A noi italiani però quella medaglia manca», spiega Gambari! n. «Era giusto quindi mettergliela al collo. Ed il fatto che ! nella mia performance essa appaia addirittura sproporzionata rispetto al resto del corpo non fa che sottolineare non solo quanto sia stata meritata, ma anche che Pietri possa essere identificato come il simbolo di uno sport pulito, di un talento naturale».
Non è comunque solo con questo obiettivo che l´artista castagnarese ha voluto, proprio in occasione delle nuove Olimpiadi di Londra, ricordare l´umile e grandiosa impresa di Pietri, ritratto senza occhi, «appunto perché simbolo». 
«La mia opera», conclude Gambarin, «intende sì celebrare un grande italiano, ma soprattutto ricordare la sua terra natale così duramente colpita dal sisma del maggio scorso. È infatti a quella terra che dovrebbe essere restituita la medaglia ingiustamente sottratta a Pietri».  




«Va fatto tutto in fretta
Senza margini di errore»


Nata alla fine degli anni Sessanta tra gli Stati Uniti d´America e le sconfinate terre dell´Ovest per idea di un gruppo di artisti che intendevano rivalutare l´opera artistica al di fuori dei contesti urbani e dei tradizionali spazi espositivi, la Land Art è stata portata avanti nel tempo da personalità anche molto diverse, con realizzazioni in certi casi addirittura contrastanti. Dario Gambarin, che dopo il famoso ritratto su terra di Barack Obama del 2009 è ormai noto in tutto il mondo, ci tiene però a precisare che la sua è una Land Art fuori dagli schemi, «totalmente ecologica. Io non trasformo nulla e la terra sulla quale opero viene rispettata, non distrutta».
«Per questo», prosegue l´artista che da tempo opera in assoluta libertà, svincolato da galleristi, committenze e quant´altro, «utilizzo i campi esclusivamente nel periodo di latenza tra il raccolto e la successiva semina. La mia Land Art ! perciò può durare anche solo poche ore». Ma come si trasforma un campo in una tela? E come si usa un trattore con aratro al posto del pennello? «Innanzitutto», spiega Gambarin, «bisogna avere molta dimestichezza nella conduzione del trattore. Io ho imparato a guidarlo da mio padre quando avevo ancora sette anni. Poi, chiaramente, è necessario talento artistico, intuito, senso dello spazio. Non traccio mai nulla preventivamente, vado a mano libera, e non vedo niente mentre disegno. L´opera è tutta nella mia testa. Occorrono molta concentrazione e grande rapidità d´azione perché dopo che con il mio passaggio rimuovo una zolla di terra questa può assumere forme diverse. Bisogna terminare tutto molto velocemente senza alcun margine di errore, perché è impossibile ritornare indietro».
I tempi di realizzazione di un´opera vanno di solito da un´ora e mezza a tre. Lo sforzo fisico e mentale porta Gambarin a perdere anche un paio di chili p! er ogni performance.E.P.  

mercoledì 25 luglio 2012

Un nido d'api sotto il ponte

L'Arena
giovedì 19 luglio 2012




VALEGGIO. Intervento a pochi metri dalla pista ciclabile per evitare attacchi di sciami ai ciclisti

Le api fanno un nido sotto il ponte
Recuperato a sette metri di altezza

L´agricoltore Venturelli sale su un´impalcatura e deve segare un ramo Operazione rischiosa

È servita un´impalcatura e molta attenzione per recuperare un nido d´api situato a pochi metri dalla ciclabile, vicino al ponte visconteo a Borghetto. Così, Giacomo Venturelli, un agricoltore con la passione per l´apicoltura che viene spesso interpellato quando ci sono nidi d´api in paese, quando è stato avvertito da Mario Menegotti, un vicino che di professione fa il pastaio, s´è recato subito sul posto. «Ho visto questo nido», afferma Venturelli, 70 anni, «a sette metri d´altezza e disposto non in un incrocio di rami, ma lungo uno solo di essi. Bisognava salvarlo prima che magari un acquazzone lo facesse cadere a terra. Menegotti ha realizzato l´impalcatura ed io sono salito senza disporre di fumo, ma poi sono sceso a procurarmelo perché le api che solitamente non sono aggressive, questa volta lo erano, forse perché abituate alla tranquillità del bosco». Venturelli è poi risalito e con precauzione ha segato il ramo su cui era appoggiato il nido, facendolo scendere dolcemente a terra, per ricoverarlo in un´arnia che ha avuto bisogno di un´alzatina per contenerlo tutto.
 

martedì 26 giugno 2012

Invasione di coleotteri nella bassa veronese

L'Arena

venerdì 22 giugno 2012

TEMPO D´ESTATE. La «carruga della vite» è innocua per l´uomo ma dannosa per le piante. Arriva un piano per debellarla

«Zurle» all´attacco della Bassa
L´invasione raggiunge la città
 

Migliaia di coleotteri verdi si spingono fino a Legnago La loro corazza è un pericolo per ciclisti e centauri Il sindaco di Bovolone: con l´Ulss studiamo i rimedi

Hanno un colore verde metallico brillante, e hanno cominciato a invadere balconi, terrazze e androni dei palazzi, mettendo in subbuglio la vita dei cittadini. Le «zurle» o «surle» - ma il loro nome scientifico è «Anomala vitis» o «Carruga della vite» - sono ricomparse con la stagione calda e hanno occupato a migliaia campagne e centri abitati della Bassa. Se il fenomeno, fino a qualche anno fa, era circoscritto ad alcune zone isolate, tra cui quella di Bovolone, ora gli insetti, innocui per l´uomo ma devastanti per le coltivazioni, hanno occupato una fetta di territorio più ampia, toccando Oppeano, Isola Rizza, Sanguinetto, le zone periferiche di Cerea fino a spingersi nel cuore di Legnago e delle sue frazioni. Tanto che le autorità locali hanno deciso di mobilitarsi per studiare soluzioni.
Lo stesso assessore all´Ambiente legnaghese Graziano Lorenzetti è sorpreso dalla comparsa in quantità anomala dei coleotteri, n! ella sua casa a San Pietro: «In terrazza ho raccolto una decina di questi insetti», dice. «Non ne ho visti così tanti da anni. Non sono stati segnalati disagi ma intendo monitorare la situazione, per vedere come si evolve».
Le «zurle» hanno creato problemi anche a Vangadizza, al circolo Noi parrocchiale: «Questi animaletti infastidiscono chi frequenta la sede», afferma il consigliere comunale Lucio Martinelli, «e di sera i volontari devono cacciarli fuori con delle palette. Ce ne sono pure al campo sportivo. Gli anziani raccontano che erano anni che non si vedeva una simile invasione». I coleotteri, che appartengono alla stessa famiglia di maggiolini e scarabei, quando si spostano, dopo il tramonto, lo fanno assieme.
Con la loro corazza dura rappresentano quindi un pericolo soprattutto per ciclisti e motociclisti, che se si «scontrano» con loro lungo le strade della Bassa, compresa la Transpolesana.
Di fronte al moltiplicarsi di anno in anno deg! li insetti, qualche ente ha deciso di mobilitarsi. «Ci siamo ! incontrati con il responsabile dell´Ulss 21 e con un agronomo, Franco Pozzato, per studiare i rimedi», spiega Emilietto Mirandola, sindaco di Bovolone e imprenditore agricolo. «Sono almeno quattro anni», dice, «che nelle nostre campagne, nei giardini e nei parchi, queste bestiole sono sempre più numerose. Si spostano di uno o due chilometri al giorno, ma per combatterle occorre individuare le piante utilizzate come dormitori». Quindi aggiunge: «Servono prodotti a base di esteri fosforici o piritroidi, serve personale specializzato. I trattamenti andranno fatti in contemporanea e fuori dai centri abitati». Sull´origine della proliferazione dei coleotteri, Pozzato evidenzia: «Questi animali sono sempre esistiti nelle nostre campagne. Il loro aumento può essere causato da molti fattori, come una leggera mutazione del clima. La migliore strategia è uccidere gli esemplari adulti, quando si riuniscono sulle piante per la notte». Poi aggiunge: «Bisogna int! ervenire prima che le femmine vengano fecondate. Ognuna di esse, infatti, si seppellisce nel terreno verso metà luglio e depone una trentina di uova. Le larve, che nascono in agosto, raggiungono la metamorfosi l´anno successivo. Quando la popolazione di questi insetti, come nel nostro caso, supera la soglia di dannosità, ila defoliazione indebolisce la pianta».
  

La paglia che piove dal cielo

L'Arena venerdì 22 giugno 2012

SONA. Un quarto d´ora di stupore nella frazione per un fenomeno che molti non hanno mai visto. I contadini di una volta invece sanno cos´è 


A Lugagnano piove paglia dal cielo
 Bambini e genitori affascinati dallo strano evento Ma gli anziani del paese rassicurano: «Accade quando si creano forti vortici d´aria nei campi»

Non è stata la manna dal cielo descritta dalla Bibbia. E neanche il decollo di un´astronave aliena. Lo strano fenomeno della paglia che è piovuta dal cielo ieri pomeriggio a Lugagnano ha una sua ragione e i più anziani lo sanno. È accaduto verso le 15, quando gli abitanti di via Canova sono stati sorpresi da una singolare pioggia. In molti sono usciti dalle loro case, e per qualche minuto sono rimasti con il naso all´insù a fissare il cielo azzurro, incredibilmente pieno di fieno. I più stupiti sono stati senza dubbio i bambini, che non si sono certo lasciati sfuggire questa inusuale occasione di divertimento: «I miei figli», racconta la signora Maria Stanus, «non potevano credere ai loro occhi. Correvano divertiti nella corte, cercando di acchiappare al volo quanta più paglia possibile. Ne hanno raccolta un po´ in un cestino, e hanno deciso che la terranno per quest´inverno, quando dovranno dare da m! angiare alle renne di Babbo Natale. Io ero fuori che stendevo i panni, e sono rimasta davvero sbalordita quando ho visto quello che stava scendendo dal cielo. In dieci anni che abito qui non avevo mai visto niente di simile». Anche Carlo Mazzi è rimasto molto colpito dal fenomeno: «Era come se nevicasse d´estate», racconta, «guardavo in alto, e mi chiedevo cosa stesse cadendo. Quando ho visto che si trattava di paglia, ho subito pensato che sulla via fosse passato un trattore, ma poi mi sono accorto che il fieno era caduto anche in altre strade». Infatti, il fenomeno si è esteso a tutta la zona prospiciente a via Canova: nel tardo pomeriggio, si notava chiaramente la presenza di paglia anche nelle varie traverse, e pure sul ciglio di via Cao del Prà. «Ho fatto quattro passi nei dintorni», ha detto un signore che abita in via Roma, «e ho visto fieno ovunque». I meno sorpresi sono stati i più anziani, che hanno subito capito il motivo di questa stranezza: «In estate», hanno spiegato in molti, «succede spesso che vi siano delle piccole trombe d´aria nei campi. Per effetto di queste correnti, la paglia viene sollevata nel cielo, si diffonde nell´aria con le correnti calde e poi, ovviamente, cade al suolo». Anche i fenomeni perfettamente spiegabili, però, possono indubbiamente suscitare molto stupore.

giovedì 17 maggio 2012

Sul monte Baldo tra le erbe

L'Arena martedì 15 maggio 2012 – PROVINCIA L´INIZIATIVA. Organizzata dalla Cooperativa sociale centro di lavoro di Verona, tra Orto botanico e rifugio Novezzina Un progetto per far conoscere erbe e sapori del Monte Baldo Cinque appuntamenti per tutti e gratuiti si svolgeranno nei fine settimana da maggio a settembre Il primo è tra sabato e domenica I primi fiori del Baldo, erboristeria, nutrirsi con le erbe, etno-botanica, frutti di montagna, magia nelle piante. Sono i pilastri delle cinque iniziative del progetto «Monte Baldo - Hortus Europae», battezzate «officine dei sapori», organizzate per l´estate 2012 tra Orto botanico e Rifugio Novezzina dalla Cooperativa sociale centro di lavoro di Verona che gestisce questi due gioielli di Ferrara di Monte Baldo, dopo aver vinto il bando indetto dalla Comunità montana del Baldo. Un team, quello della Cooperativa, che, lavorando per valorizzare la persona, ha ora scelto anche il Baldo come luogo ove operare per promuoverlo al massimo, oltre i confini dell´Orto. Così, per quest´estate, la Cooperativa ha organizzato cinque iniziative, aperte a tutti e gratuite, che si terranno in altrettanti fine settimana da maggio a settembre. La prima è tra sabato e domenica, quando il progetto sarà presentato anche alle autorità.! Tra questi, per la Cooperativa, il presidente Francesco Benedetti e l´amministratore delegato Gianfranco Zavanella, il presidente della Comunità montana Stefano Sandri e il sindaco di Ferrara Paolo Rossi. «In questi cinque mesi», spiega Lorenzo Roccabruna, socio della Cooperativa, responsabile del progetto, «abbiamo due principali obiettivi: portare visitatori sul Baldo, creando eventi che favoriscano l´affluenza, e mettere in gioco le persone coinvolgendole in laboratori». Lavorando con altre associazioni anche locali, come ad esempio il Circolo astrofili veronesi (Cav) che gestisce per il Comune l´Osservatorio, hanno così pensato a vari momenti con temi da sviluppare per tutta l´estate. «La prima iniziativa è appunto il 19 maggio, quando abbiamo predisposto una officina dei sapori con un corso gratuito di preparazione di sciroppo di Sambuco e miele di Tarassaco», annuncia. Ci sarà una cena a base di erbe e poi la visita all´O! sservatorio. Domenica 20 maggio alle 9,30 si svolgerà invece ! un´escursione alla ricerca dei fiori del Baldo che si protrarrà fino alle 12, sovrapponendosi ad un momento pubblico dedicato alla presentazione del progetto. Seguiranno, verso le 13,15, un aperitivo nell´Orto con bocconcini a base di erbe; dalle 15 visite gratuite tra le piante di Novezzina e, alle 16, un laboratorio culinario. «Un malgaro», fa sapere l´esperto, «farà una dimostrazione di come si fanno ricotta e formaggi con le erbe». Alla fine, cena «erboristica». Poi l´estate continuerà, sempre tra escursioni, degustazioni, cene e i laboratori per conoscere i principi attivi della piante, sapere come si raccolgono e si curano. In agosto, mese di San Lorenzo e delle stelle cadenti, si potrà scoprire il rapporto tra tradizione botanica e teoria delle segnature, «secondo la quale ogni pianta mostrerebbe nelle sue caratteristiche morfologiche l´organo umano su cui è attiva. Un classico esempio è la salvia, chiamata "la lingua vegeta! le"; la sua forma ricorda la lingua e la sua azione terapeutica sarebbe rivolta al cavo faringeo». In autunno, invece, ci si concentrerà sui frutti di montagna e i succhi che se ne ricavano. «Ottenuti i vari permessi, apriremo al rifugio "La bottega dello speziale" un laboratorio alimentare con punto vendita. Vi saranno prodotti cosmetici, sciroppi con infusi d´erbe, miele puro del Baldo con oli essenziali ricavati dalla Cooperativa, marmellate e gelatine senza zuccheri». Tutte le informazioni sono su info@ortobotanicomontebaldo.org, telefono 345.6990389. Ogni iniziativa, fatta eccezione per i pasti, è gratuita e si può scegliere se partecipare a tutte o ad alcune. Chi preferisce fare base sul Baldo per il fine settimana può fermarsi al rifugio. Il numero di telefono per prenotare 045 6247288.

venerdì 6 gennaio 2012

Breve storia della cara vecchina chiamata Befana

Breve storia della cara vecchina chiamata Befana



Breve storia della Befana - La Befana, come ogni anno, ritorna il 6 gennaio a mettere fine al ciclo dei dodici giorni successivi al Natale. Nella più pura tradizione popolare italiana la Befana, scende nelle case attraverso le cappe dei camini, che simbolicamente raffigurano un punto di comunicazione tra la terra e il cielo e distribuisce due tipi di doni: quelli buoni che sono il presagio di buone novità della stagione che verrà e il carbone, che, invece, è il residuo del passato.
"La Befana ha portato un po' di carbone perché siete stati un po' cattivi , però, ha portato anche i dolci perché dovete essere buoni": erano queste le frasi che accompagnavano la mattina l'apertura delle calze dove, immancabilmente tra dolci, e fichi secchi, trovavano posto, oltre al carbone, anche cipolle, castagne, patate, mele, noci, noccioli e altri prodotti della terra.
Nella Befana si possono trovare, dunque, i presagi delle buone novità della primavera, la stagione da tutti attesa. Essi sono simboleggiati dai doni infilati nella calza di lana (un indumento, non scelto a caso, e, peraltro, fondamentale, nelle campagne, per affrontare il cammino e il lavoro dell'anno nuovo).
Oltre che in Italia troviamo il culto della Befana in varie parti del mondo: dalla Persia alla Normandia, dalla Russia all'Africa del Nord. In tale culto, molti, rintracciano il mito della Dea genitrice primordiale, signora della vita e della morte, della rigenerazione della Natura.
Per altri, nella sua figura, la Befana riassume l'immagine della Dea antenata custode del focolare, luogo sacro della casa. E non è un caso se si serve, proprio dei camini, per introdurre l'allegria nelle case, svolazzando con la sua fantastica scopa.

La Befana in Italia e nel mondo

Naso adunco e scarpe rotte, volto rugoso e una vistosa gobba sulla schiena: l'immagine di questo personaggio non è certo romantica, né affascinante, eppure la vecchia signora dell'Epifania è accolta con gioia da migliaia e migliaia di bambini. Nella notte del 5 gennaio, la Befana lascia pezzi di carbone nero per chi è stato troppo cattivo, splendidi doni nella calza dei bambini buoni e qualche scherzetto ai più simpatici. Una nonna napoletana amava raccontare che le sue nipotine trovavano sempre dei pacchetti fasulli, che non contenevano giocattoli, ma patate e carote.

La tradizione italiana - La Befana vien di notte / con le scarpe tutte rotte /col cappello alla romana/viva viva la Befana! Questa filastrocca, la più famosa tra quelle recitate in attesa dell'Epifania, contiene alcune informazioni utili per conoscere la vecchietta dal naso adunco, ma non svela tutti i segreti di questa antica tradizione. Ecco altri dettagli fondamentali: la Befana viaggia a bordo di una scopa, arriva nella notte del 5 gennaio, deposita i suo regali nelle calze preparate dai bambini e lascia il carbone a chi non si è comportato bene. La quantità dei doni non dipende dalla grandezza della calza, ma si consiglia l'utilizzo di calzamaglie o calzettoni capienti. Le origini della Befana, oggi legata alla festa religiosa per la visita dei Re Magi alla capanna di Gesù, si perde nella notte dei tempi: esisteva già in epoca precristiana e apparteneva a culture antiche, che credevano nella magia. La Befana, a dire il vero, resta magica anche oggi: come potrebbe fare, altrimenti, a consegnare tutti quei regali in una sola notte?



La Babushka russa - Una Befana esiste anche nella lontana Russia: si chiama Babushka (nonna in russo) e la leggenda narra che fosse stata consultata dai Re Magi per trovare la strada giusta per la capanna di Gesù. La vecchia e povera donna stava pulendo casa e non volle accompagnarli a Betlemme, perché aveva troppo da fare. Il giorno dopo, terribilmente pentita, partì alla ricerca della capanna, ma non riuscì a trovarla perché era caduta troppa neve. Da quella notte, ogni anno, Babushka visita le case dei bambini e lascia a tutti un dono, sperando che tra loro si nasconda anche Gesù. I bambini russi la chiamano "donna del natale".



L'Epifania nel resto del mondo - Niente calze e scope volanti per i bambini spagnoli e del Nicaragua: anche loro ricevono doni e caramelle nella notte del 5 gennaio, ma questi vengono consegnati dai Re Magi dentro le scarpe, che sono state lasciate sul davanzale piene di verdura e frutta. In Austria i bambini si vestono come i Re Magi e vanno di porta in porta, cantando canzoni religiose, in cambio di dolci e cioccolatini. In tavola viene servita la torta dei re (o la torta dei tre re), in ricordo della visita alla capanna di Gesù Bambino.


http://www.guidasicilia.it/ita/main/rubriche/index.jsp?IDRubrica=1924

domenica 11 dicembre 2011

Natale e cibo, qualche leggenda

l'articolo completo:
http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2011-12-11/altro-panettone-081832.shtml?uuid=AaqsIFTE

Altro che panettone!
Davide Paolini
11 dicembre 2011


quelle leccornie dal dolce sapore di Babbo Natale e di neve sono portatrici (sane) di bizzarri racconti a cominciare dal panforte, la cui leggenda risale ai giovani gaudenti del XII secolo, antesignani forse dei protagonisti di Arancia Meccanica di Stanley Kubrick, le cui droghe però erano i cibi speziati. Al loro capo, tale Nicolò de' Salimbeni, si deve l'evoluzione del «pan mielato» nel panpepato con l'introduzione del pepe. Resta invece irrisolto il passaggio in «panforte» che, alcuni sostengono sia stato inventato addirittura prima, altri invece dopo il panpepato, con la perdita di nuovo del pepe.
...
Alla simbologia è invece legata la leggenda del nadalin, dolce veronese antesignano del pandoro, che presentava appunto forma stellare raffigurante la cometa che guidò i Magi. Questa interpretazione sembra rifarsi ai riti pagani che si tenevano in onore del Sole, sui quali si sono sovrapposte le feste natalizie cristiane.
...
Assai controversa e, con variegate versioni, è l'origine del panettone. Forse la più popolare è quella che narra di uno sguattero, Toni (da cui Pan de Toni) che lavorava alla corte di Ludovico il Moro e salvò il pranzo della vigilia di Natale sostituendo il dolce bruciato con una sua invenzione a base di lievito madre, uva sultanina e canditi di scorza d'arancia.

lunedì 21 novembre 2011

Terre terrazzate, tra agricoltura, mistero e scienza

L’Arena
venerdì 18 novembre 2011 – PROVINCIA – Pagina 31



FUMANE. Domenica a Breonio singolare incontro fra il mondo agricolo e quello della scienza, dedicato al paesaggio
Un´alleanza internazionale nel segno delle «marogne»



Dalla Valpolicella alla Cina, dalla Lessinia al Perù le «terre terrazzate» sono al centro di un´iniziativa che vuol valorizzare saperi e tradizioni contadine

I contadini? Sono i custodi di antichi saperi, senza i quali la scienza è nulla, conoscono i segreti della natura e della terra, e soprattutto le tecniche, come i terrazzamenti, che si trovano in Valpolicella come in Lessinia, in Liguria come in Cina o in Perù. Di qui l´idea di avvicinare i saperi e le capacità dei contadini alle conoscenze dei cittadini - scienziati in un simposio, che si terrà nella suggestiva cornice della chiesa diroccata di San Marziale a Breonio. L´appuntamento è domenica 20 novembre, dalle 9.30.
Organizzato dall´associazione Antica Terra Gentile, che riunisce 15 aziende di piccoli coltivatori biologici della montagna veronese, il simposio si intitola «I nove scalini della sapienza contadina». Scalini perchè i terrazzamenti, che da noi si chiamano «marogne», sono fatti a gradini. E nove sono i gradi della conoscenza alchemica per arrivare alla pietra filosofale. «È chiaro che qui non preten! diamo di arrivare a trasformare le pietre in oro», spiega Plinio Pancirolli, presidente del giornale «Compascuo di Antica Terra Gentile», «ma il percorso è quello della ricerca anche interiore, del confronto tra chi il sapere ce l´ha per esperienza diretta e chi studia, riconoscendo dignità al paesaggio agrario articolato in terrazzamenti, utili per la tutela del territorio».
Ma il simposio di domenica sarà anche l´occasione per presentare la sezione italiana dell´alleanza mondiale delle terre terrazzate. «Alleanza nata l´anno scorso in Cina, in una regione terrazzata da sempre», continua Pancirolli. «In seguito siamo stati invitati in provincia di Savona, dove era presente anche l´architetto Franco Alberti, del Dipartimento sviluppo urbanistico della Regione Veneto, per la costituzione della sezione italiana delle Terre Terrazzate. Nelle riunioni si è parlato sempre di architettura o antropologia. Mancavano però i contadini, i ! veri custodi dei saperi legati nel tempo alla loro terra». Or! a la lacuna è stata colmata.
Proprio nell´ultimo numero della rivista «Compascuo» c´è un articolo che parla dei terrazzamenti peruviani di Machu Picchu, di produzioni, caratteristiche e articolazione del paesaggio e la seconda riunione mondiale di Terre Terrazzate sarà appunto in Perù, nel 2013. Al simposio di domenica saranno ospiti l´architetto Donatella Murtas, che parlerà del significato di questa alleanza mondiale e dei suoi scopi; il contadino, presidente dell´Associazione Antica Terra Gentile, Giovanni Zivelonghi, che condividerà il sogno degli agricoltori della montagna veronese, e l´architetto Paolo Righetti, conoscitore dei segni lapidei e delle architetture del paesaggio montano scaligero. Il progetto è stato presentato ieri mattina in Provincia, davanti all´assessore alle politiche per l´Agricoltura Luigi Frigotto, il quale ha sottolineato che «l´agricoltura deve diventare un metodo di tutela e valoriz! zazione del territorio; la montagna è un ambiente fragile e i contadini ne sono consapevoli, per questo si stanno impegnando per proteggerla». Da salvaguardare ci sono anche la cultura e le tradizioni, per questo è nato il nuovo organismo creato da Unesco e Fao con la Convenzione sulle zone umide di importanza internazionale Ramsar.