martedì 31 gennaio 2012

Esorcismi di provincia



da L'Altro Giornale, mensile di Verona (edizione provincia), 19 gennaio 2012

Vongola gigante: un mostro nel lago di Garda

da Il Corriere della Riviera, febbraio 2012

Invasione di nutrie a Cerea (Verona)

L’Arena Clic
domenica 29 gennaio 2012 – PROVINCIA

CEREA. Timori tra i residenti per i numerosi roditori che dal parco delle Vallette si spingono fino al cuore del paese


Le nutrie «a spasso» in centro

Gli animali invadono abitazioni e i giardini di asilo e casa di riposo Il sindaco ha allertato la Provincia per risolvere l´emergenza in atto



Le nutrie invadono il centro storico della città del mobile. Giorno dopo giorno, sta diventando sempre più insostenibile la situazione denunciata dai residenti del capoluogo che vedono questa sorta di topo gigante - arriva a misurare fino a 60 centimetri - farsi sempre più coraggioso e spingersi all´interno di abitazioni e luoghi pubblici e privati. Tutto questo proliferare di roditori è imputabile al parco delle Vallette: lo splendido polmone verde della città è infatti un luogo ideale per la riproduzione delle nutrie. Basta sostare all´interno del parco al calare del sole per vedere spuntare una quantità impressionante di questi animali, che scorazzano nell´erba.

Non ci sarebbe niente di male se non fosse che questi roditori costruiscono innanzitutto le proprie tane a ridosso degli argini del Menago, rendendoli così franosi e molto pericolosi. E quando hanno fame - sono una specie erbivora - non esitano poi ad invadere i campi di mais provocando gravi danni anche all´agricoltura del territorio. La novità, al centro di timori e vivaci proteste, è che le nutrie sono state avvistate di recente nel giardino dell´asilo «Grigolli-Bresciani» e nel parco dedicato ai malati di Alzheimer ospiti della casa di riposo «De Battisti», a due passi dal parco delle Vallette. Tra i testimoni di queste incursioni c´è anche l´ex presidente dell´istituto anziani Alberto Bronzato: «Ogni tanto vado a prendere la mia nipotina all´asilo e pochi giorni fa, mentre l´aspettavo, io ed alcune mamme abbiamo visto diverse nutrie nel giardino della scuola. Non è una cosa piacevole e se non verranno presi provvedimenti adeguati c´è chi è intenzionato a lasciare a casa dall´asilo i figli». Bronzato, poi, aggiunge: «Le nutrie sono arrivate anche nel cosiddetto parco Alzheimer della casa di riposo e se continua così potrebbero diventare un grave problema anche per gli ospiti dell´istituto». In municipio conoscono benissimo la situazione, tanto che l'assessore all´Ecologia Rosetta Salmaso non esita a mostrare i carteggi che dal 2007 intercorrono costantemente con gli uffici della Provincia per trovare una soluzione al problema. «Per qualche anno è stato fatto un piano per l´abbattimento delle nutrie, ma negli ultimi tempi non mi risulta che sia stato ripetuto», spiega Salmaso. «I nostri cacciatori non possono sparare ai roditori all´interno del parco», prosegue, «perché è troppo vicino al centro urbano e si creerebbero rischi per l´incolumità delle persone. Ci è stato consigliato di utilizzare delle trappole, ma nemmeno così la faccenda si risolverebbe».

Alla luce di un sopralluogo al parco delle Vallette, il sindaco Paolo Marconcini ha chiesto alla Provincia di intervenire. «Nel 2008, quando le leggi lo consentivano, avevamo finanziato i cacciatori per l´acquisto delle cartucce, oggi noi non possiamo più intervenire direttamente, l´unica autorizzata a fare qualcosa è la polizia provinciale che la prossima settimana farà una battuta di caccia nel parco», spiega il primo cittadino.

«L´unica soluzione sarebbe quella di intervenire in maniera sistematica e organizzata visto che le nutrie si riproducono molto velocemente. Non bisogna abbatterle tutte ma fare in modo che il loro numero sia congruo alle dimensioni del territorio che le ospita», conclude Marconcini.

sabato 28 gennaio 2012

Ogni anno in Italia si mangiano 6-7mila gatti

http://www.agi.it/in-primo-piano/notizie/201201281313-ipp-rt10048-animali_in_italia_ogni_anno_si_mangiano_6_7mila_gatti



Aidaa: in Italia ogni anno si mangiano 6-7mila gatti


13:13 28 GEN 2012 

(AGI) - Roma, 28 gen. - Ogni anno in Italia sono almeno 6-7mila i gatti "allevati, cacciati o semplicemente uccisi a scopo alimentare, il 10% di tutti i gatti scomparsi ed abbandonati".
  A confermare quella che secondo alcuni sarebbe solo una leggenda metropolitana, usata in modo strumentale contro alcune comunita', e' l'Aidaa, l'Associazione italiana difesa animali ed ambiente. "E' una realta' quotidiana", assicurano invece i responsabili dell'associazione, i mici "vengono cucinati prevalentemente in umido con la polenta o arrosto".
E non si tratta di persone che uccidono il gatto del vicino perche' altrimenti muoiono di fame, ma di "una vera e propria abitudine culinaria, che seppure vietata per legge, e punita addirittura con la reclusione (uccidere un gatto e' reato penale che rientra nell'articolo 544 del codice penale che riguarda il maltrattamento e l'uccisione degli animali di affezione) e' ancora radicata in alcune zone specifiche dell'Italia del centro-nord ed in particolare in Veneto con epicentro nelle zone di Vicenza e Verona, ma anche nelle province che stanno ad est della Lombardia (Bergamo, Brescia e Mantova) e in alcune zone del Piemonte e dell'Emilia Romagna".

Tempo fa, il gastronomo Beppe Bigazzi pago' con la sospensione da "La prova del cuoco" l'aver dato in trasmissione dei consigli su come cucinare i poveri felini, ma "la tradizione dei 'magnagatti' - denuncia l'Aidaa - e' molto sopita ma tutt'altro che dimessa".

"Il dato degli ultimi dodici mesi - spiegano i responsabili dell'associazione - non si discosta molto da quello degli anni precedenti. Certamente non mancano anche le segnalazioni 'esotiche' come quelle provenienti dalla zona del litorale romano dove e' stata segnalata a piu' riprese la scomparsa dei gatti dalle colonie, cosi come avviene (anche se in misura ridotta rispetto al passato) che si segnalino cacciatori in cerca di gatti da impallinare nelle zone classiche della cucina dei 'magnagatti'".

Nel conto vanno messe anche segnalazioni estemporanee "sulle quali bisogna sempre andare con i piedi di piombo come quelle dei famosi furgoni bianchi e rossi che ogni tanto appaiono nelle zone piu' impensate d'Italia (l'anno scorso a Vigevano, Verbania, Milano, Roma, Isernia, Lecce e Messina) guidati da orientali che raccoglierebbero gatti da servire poi in pasti in ristoranti di seconda categoria". E segnalazioni che "hanno dell'incredibile, ma che sono state poi appurate, come quella della signora in provincia di Milano che in diversi anni ha allevato a scopo di alimentazione oltre 600 gatti dandoli da mangiare ai suoi amici in succulenti pranzetti che garantiva essere a base di coniglio".

lunedì 23 gennaio 2012

A Salizzole (Verona) nozze nel castello del fantasma

L'Arena Clic
domenica 22 gennaio 2012 – PROVINCIA – Pagina 39

SALIZZOLE. Nozze speciali, nel castello, per Lorenzo Mirandola e Ilenya Cordioli: tutti saranno vestiti in abiti medievali

Il figlio del «cacciatore di fantasmi» si sposerà nella stanza di Donna Verde
Prima si svolgerà il rito civile, con il sindaco Corrà poi la cerimonia del Vescovo del feudo di Bovolone


Matrimonio medioevale nella torre occidentale del castello di Salizzole dove, domani, si sposerà, in costume d´epoca, il figlio del «Gosthbuster della Bassa», Terenzio Mirandola, il presidente del gruppo degli «Insonni» di Bovolone. Costui, qualche tempo fa, aveva trascorso due notti all´interno dell´antico complesso, affermando di aver avuto incontri ravvicinati con entità soprannaturali, in particolare con il fantasma della leggendaria «Donna Verde», moglie di Alberto della Scala, vissuta nel castello nel ´300. In quella stanza con volta a botte, subito ribattezzata dopo gli strani eventi «sala dei fantasmi», si apprestano a suggellare la loro unione civile Lorenzo Mirandola e Ilenya Cordioli: la scelta della coppia dell´inusuale e «spettrale» luogo sembra essere più legata alla passione dei futuri sposi per la storia, più che a quella del padre per i fantasmi.

Per le nozze, è stata predisposta! una ricostruzione storica a regola d´arte realizzata dagli «Insonni». Ad indossare i panni medioevali non saranno infatti solo gli sposi, ma anche tutti gli invitati, circa una trentina, che per l´occasione sfoggeranno pregevoli abiti damascati impreziositi da broccati, rasi e velluti, per ricreare la suggestiva atmosfera del feudo. A fare da sfondo alla cerimonia, sarà il colore verde nelle sue numerose gradazioni, scelto dagli sposi in onore di «Donna Verde», la nobildonna che secondo la leggenda storica amava vestirsi di questo colore. La cerimonia sarà articolata in due momenti: prima il classico rito, celebrato dal sindaco, quindi il matrimonio medioevale, recitato da un figurante che impersonerà il Vescovo del feudo di Bovolone.

Dopo lo scambio degli anelli, il corteo medioevale si trasferirà nella turris magna, al locale La Cantina, dove si svolgerà la cena.
I matrimoni civili a Salizzole solitamente si celebrano nella sala civica del ! castello scaligero, ma quello di domani aprirà le porte della! torre occidentale a tutte le coppie desiderose di sposarsi con una scenografia d´effetto. «È il primo matrimonio che facciamo nella cosiddetta sala dei fantasmi e per noi rappresenta anche un´importante occasione per valorizzare il castello», dice il sindaco Mirko Corrà, «stiamo infatti studiando un progetto in collaborazione il gruppo Insonni e la compagnia teatrale La Zargnapola per poter offrire la possibilità di celebrare matrimoni in stile medioevale, mettendo a disposizione non solo la torre, ma anche costumi a noleggio e comparse». Chi fosse intenzionato ad immortalare il proprio matrimonio tra le mura dell´antica torre, potrà rivolgersi agli uffici del Comune di Salizzole.

sabato 21 gennaio 2012

La figura di Sant'Antonio Abate

tratto da:
https://www.zenit.org/article-29273?l=italian


Sant'Antonio Abate: una tradizione millenaria
La festa che ricorre oggi è in assoluto la più studiata sul piano etno-antropologico

di Pietro Barbini

ROMA, martedì, 17 gennaio 2012 (ZENIT.org ) - Il 17 gennaio, come da tradizione, in moltissimi paesi, comuni e province d’Italia si festeggia Sant’Antonio Abate. Eremita egiziano, conosciuto anche come Sant’Antonio l’Anacoreta o Sant’Antonio del Deserto, fondatore del monachesimo, è considerato il primo degli abati.

Sant’Antonio Abate, da non confondere con il Santo di Padova, è uno dei Santi più autorevoli della storia, talmente importante da essere celebrato non solo dalla Chiesa Cattolica, ma anche dalla Chiesa Luterana e da quella Copta. La sua vita ci è stata tramandata da Sant’Atanasio d’Alessandria, che fu suo fedele discepolo e compagno di lotta contro l’arianesimo.

Funzioni, veglie, processioni, benedizioni speciali, parate e giganteschi falò; prodotti gastronomici tipici del posto consumati all’aperto, canti, balli, musiche e rievocazioni storiche che narrano la vita e i miracoli del santo: tutto questo si svolge normalmente tra il 16 e il 17 gennaio. I festeggiamenti sono soliti aprirsi con la tradizionale veglia contadina la sera precedente, a cui fa seguito l’apertura degli stand gastronomici. La mattina seguente, dopo la funzione religiosa, vengono accesi i giganteschi falò, preparati precedentemente, naturalmente dopo esser stati benedetti dal parroco; mentre la catasta brucia, si balla, si canta e si degustano i piatti tipici del posto fino a tarda notte, accompagnati da musiche folkloristiche e spettacoli di vario genere, come ad esempio la lettura di poesie che parlano del Santo, ma anche l’esposizione di racconti popolari e contadini.

Questa singolare festa è considerata una delle più interessanti, ed è sicuramente la più studiata, dal punto di vista etno-antropologico; ricca di folklore e religiosità popolare, di antiche tradizioni, affascina non poco chi vi prende parte. Dopotutto la vita stessa del Santo, che morì all’età di ben 106 anni, come la sua figura, ha da sempre affascinato fedeli e miscredenti.

Oltre ai falò e al fuoco, la tradizione vuole che, dopo la messa, il parroco imponga la benedizione ai campi, al bestiame e al raccolto. L’Abate, infatti, è Patrono dei macellai, dei contadini, degli allevatori e degli animali domestici. È interessante come in alcune località questa festa venga associata alla smettitura del maiale. Il maiale, infatti, è l’animale che nell’iconografia tradizionale accompagna, da sempre, l’Abate. Ciò deriva dal fatto che all’ordine degli Antoniani fu dato il permesso di allevare maiali all’interno dei centri abitati, i quali scorazzavano liberamente con attaccato al collo un campanello; dal grasso di questi animali i monaci ricavavano un unguento che veniva usato sulle persone colpite da varie malattie della pelle, in particolare da ergotismo ed herpes zoster, non a caso malattie conosciute meglio con il nome di “fuoco di Sant’Antonio”.

Al Santo sono inoltre riconosciute grandi capacità taumaturgiche e molti si affidano alla sua grazia, chiedendo guarigioni da qualsiasi male, soprattutto chi è stato “colpito dal fuoco”, ma anche per chiedere liberazioni dal demonio. Sant’Antonio nell’arte sacra è conosciuto come “il santo delle tentazioni demoniache”; nella sua vita, infatti, venne continuamente attaccato, tentato e tormentato dal demonio, addirittura percosso fisicamente fino a ridurlo allo stremo. Insomma l’Abate era continuamente in lotta con il diavolo. Ecco perché la sua associazione al fuoco; a riguardo poi, si narra che il Santo per strappare più anime possibili al demonio si sia recato addirittura all’inferno.

È interessante osservare che in mezzo ai molti simbolismi e rituali che richiamano alla memoria il Santo Abate, persistono alcune usanze tra la popolazione che si è soliti identificare con antiche tradizioni pagane, in uso presso gli antichi romani. Taluni studiosi sostengono anche che la festa del Santo abbia preso origine da culti pagani, come spesso viene asserito riferendosi al Santo Natale, sostenendo, erroneamente, che non esistono documenti e prove sulla data di nascita di Gesù Cristo, ma che sia stata solamente un’invenzione della Chiesa per estirpare il culto pagano del Sol Invivtus. Teoria erronea, se si va alle fonti della storia e si esaminano seriamente i documenti pervenutici (come ad esempio il Libro dei Giubilei, un testo del II secolo a.C., rinvenuto nel 1947 in una grotta del deserto di Qumran). Come per il Natale, oggi, dai documenti e dagli ultimi studi effettuati, si può ben affermare che le tradizioni contadine , parte importante del folklore popolare e molto interessanti dal punto di vista etno-antropologico, non hanno nulla a che vedere con i rituali dedicati al Santo Abate, il 17 gennaio.

martedì 10 gennaio 2012

A Salizzole (Verona) torna il cercatore di fantasmi

L'Arena
sabato 07 gennaio 2012

SALIZZOLE. Ieri sera, Terenzio Mirandola è tornato a dormire nella fortezza dove aveva già avvertito strani fenomeni
L´«acchiappafantasmi» fa il bis
Nottata nel castello incantato



Il restauratore del club «Insonni» è entrato nella stanza della torre per reincontrare Donna Verde la nobile che vi abitò nel 1300

Il «Gosthbuster della Bassa», Terenzio Mirandola, non si dà per vinto. E prosegue la caccia ai fantasmi in cui si è già imbattuto lo scorso dicembre tra le stanze del castello. Per la seconda volta nel giro di quattro settimane, il restauratore di Bovolone ha deciso infatti di trascorre la notte nella fortezza medievale della leggendaria Donna Verde, moglie di Alberto della Scala.
Nella vicenda degli strani fenomeni rilevati al primo piano della torre occidentale dell´antico complesso, il presidente dell´associazione culturale «Insonni», che organizza le visite guidate alla mostra sul Risorgimento organizzata con il Comune nel castello, vuole vederci infatti chiaro. D´altronde, i presupposti per un altro incontro ravvicinato con entità soprannaturali ci sono tutti. Nella minuscola stanza con volta a botte, arredata in stile ottocentesco, la luce penetra da piccole feritoie, le candele sono già accese, il silenzio ovattato e il tempo sembra essersi fermato. Fra arazzi e litografie d´epoca, l´«acchiappafantasmi», bardato con tanto di abiti d´epoca, ieri pomeriggio ha accolto i visitatori della rassegna in attesa del grande appuntamento notturno, che ha ammesso attendere con una certa apprensione.

«Ci sono state molte avvisaglie ma può essere che stavolta non succeda nulla», ha confidato Mirandola a poche ore dalla seconda notte incantata. «Quando ci si aspetta qualcosa», ha aggiunto, «spesso non succede. Invece, è quando non ci si aspetta niente che i segnali giungono inaspettati. L´altra volta è stata un´esperienza tra me e me, ma questa volta potrebbe esserci qualche presenza femminile, un´entità comunque buona». Il riferimento del restauratore non è affatto casuale visto che nella precedente nottata passata a «dormire» nella fortezza Mirandola aveva visto per qualche secondo il volto di una giovane ornato da una cascata di bo! ccoli. Un viso che potrebbe essere quello di Donna Verde, la nobildonna che secondo la tradizione visse in questo castello nel 1300, prima di sposare Alberto della Scala capostipite degli Scaligeri.

Anche stavolta, dopo una frugale cena, Mirandola si rimetterà allo scrittoio. «Rifarò tutto ciò che ho fatto a dicembre nella mia quieta solitudine e resterò al tavolino finchè le palpebre non mi si chiuderanno», diceva ieri Mirandola. «È una sensazione di strana attesa, un po´ di tensione c´è ma preferisco essere da solo e ricreare tutte le condizioni della volta precedente: se funzionerà vi saluterò Donna Verde», si è congedato.





L'Arena
domenica 08 gennaio 2012

SALIZZOLE. Nella seconda notte alla fortezza, Terenzio Mirandola si è ritrovato lo scrittoio ricoperto di inchiostro
Il fantasma ritorna al castello
e si burla del suo «cacciatore»

Il restauratore stava descrivendo il suo incontro con Donna Verde quando il calamaio si è rovesciato imbrattando tutti gli appunti

Un calamaio rovesciato e una gigantesca macchia di inchiostro blu che imbratta i fogli sparsi sulla scrivania: sono gli ultimi due segnali misteriosi apparsi sotto gli occhi del «Gosthbuster della Bassa», Terenzio Mirandola, che l´altra sera si è nuovamente rinchiuso tra le mura della torre occidentale del castello medioevale per trascorrere una «notte magica». Con la speranza di imbattersi nuovamente in qualche fantasma o quantomeno di rilevare altri strani episodi alla stregua di quelli già verificatisi nelle ultime quattro settimane. E, anche questa volta, il presidente del club degli «Insonni» non è rimasto deluso.

Tranquillo ma visibilmente provato. Così è apparso, ieri mattina, il restauratore bovolonese reduce dalla seconda notte trascorsa nella fortezza a caccia di fantasmi nel tentativo di imbattersi nella leggendaria figura di Donna Verde, moglie di Alberto della Scala, vissuta nel castello nel 1300. Negli ultimi g! iorni, Mirandola ha trascorso parecchio tempo in questi ambienti suggestivi facendo da cicerone in abiti d´epoca alla mostra sul Risorgimento organizzata con il Comune di Salizzole. E già a metà dicembre, la prima volta in cui dormì nella stanza della torre, intravide per qualche secondo il volto di una giovane donna ornato di boccoli, forse quello di Donna Verde. Altri testimoni avrebbero poi avvertito analoghi fenomeni, per il momento inspiegabili.
La candela usata durante la notte è ormai consumata, cravatta e spillone del costume d´epoca sono ancora riposti sulla poltrona accanto al divano dove ha dormito. Ieri mattina, abbiamo ritrovato il restauratore bovolonese seduto allo scrittoio con un´aria vagamente frastornata e il desiderio di tornarsene presto a casa. «La nottata è stata tranquilla e sono riuscito anche a dormire un po´ malgrado diversi risvegli non imputabili però a eventi particolari», racconta Mirandola. «Tuttavia», ag! giunge, «qualche cosa curiosa da segnalare c´è ed è a! ccaduta prima che mi coricassi mentre stavo allo scrittoio». A confermarlo sono un´agenda aperta e alcuni fogli sgualciti e sporchi di inchiostro mal distribuiti sul tavolino ottocentesco. Oltre al pennino immerso nel calamaio privo di inchiostro.

«Mentre stavo scrivendo qualche appunto personale proprio sull´esperienza che avevo fatto in riferimento a Donna Verde», riferisce Mirandola, «verso mezzanotte si è rovesciato il calamaio imbrattando tutti i fogli. Non penso di essere stato io con il braccio perché tengo il calamaio sempre in alto a 20-25 centimetri di distanza e per questo mi sono innervosito, non c´era più inchiostro e così sono andato a coricarmi». «Durante la notte», prosegue il restauratore, «non ho udito alcun rumore ma al mattino un altro particolare ha attirato la mia attenzione: la candela che la sera avevo posto nel candeliere al mattino era sul tavolo». Che si tratti di svista, pura suggestione o fantasia il sospetto r! esta. E la storia, anche se la mostra ha ormai chiuso i battenti, non può finire qui. Ne è convinto Terenzio Mirandola che non si rassegna all´idea che tutto ciò che è successo possa essere un insieme di fortuite circostanze: «Sono curioso di vedere cosa succederà ora e chissà che questi strani fenomeni possano stimolare a parlare qualche altra persona rimasta fino ad oggi in silenzio». Intanto, ieri al castello sono arrivate parecchie persone incuriosite dagli strani eventi ed interessate a visitare il complesso medioevale in parte restaurato negli ultimi anni. «La collaborazione culturale con gli Insonni», assicura il sindaco Mirko Corrà, «proseguirà al di là della presenza o meno dei fantasmi. Di stranezze legate al castello si è sempre parlato ma non abbiamo mai dato peso agli eventi successi». Quindi, conclude: «L´amministrazione ha investito molto nel restauro tutt´oggi incompleto e puntiamo ora ad acquistare anche la torre privata.! Ma per farlo ci serve il sostegno delle istituzioni».

Brusa la vecia, successo a Verona

L'Arena
sabato 07 gennaio 2012

TRADIZIONI. Una folla si è radunata davanti a Palazzo Barbieri per assistere al suggestivo spettacolo con il fuoco
«Brusa la Vecia» in Bra
Le scintille sono «buone»

Le «falive» e il fumo hanno preso la direzione del Garda. Tosi: «Sarà un anno non facile ma forse meglio del 2011»



Forse non sarà un 2012 così brutto come lo dipingono economisti, politici e opinionisti. Sarà un semplice auspicio, o un´illusione a cui voler credere, ma ieri sera in Bra le «falive» e il fumo sprigionatisi dalla monumentale befana allestita e bruciata davanti a Palazzo Barbieri si sono dirette verso il lago di Garda, cioè la direzione invocata al momento dell´accensione da parte del sindaco Flavio Tosi, la direzione «buona» che dovrebbe indicare, almeno nelle aspettative, un´annata positiva.
In qualsiasi modo andranno le cose, è stato uno spettacolo suggestivo a cui hanno assistito centinaia di persone che si sono assipate in Bra intorno all´area di sicurezza predisposta intorno alla gigantesca costruzione, realizzata con materiali naturali come legno, cartone e stoffa, disegnata dallo scenografo veneziano Querino Lovato insieme alla sua squadra di collaboratori.
In Bra la gente aveva cominciato a radunar! si ben prima delle 17.30, orario in cui è stato acceso il gigantesco falò. Un attento servizio d´ordine, formato dai volontari della Protezione civile, da carabinieri, vigili urbani e poliziotti, ha vigilato affinchè nessuno superasse la soglia di sicurezza stabilita tra il pubblico e la «vecia». Il presentatore ha ricordato che, a causa del vento nella nottata, la «vecia» aveva perso parte dei «doni» di cui era stata addobbata e anche il giardinetto sottostante era stato un po´ sconquassato. Ma la circostanza non sembra aver impressionato molto gli spettatori ansiosi di assistere al rogo.
Nell´attesa è stata diffusa musica di vario genere, un mix di ritmi brasiliani e brani nostalgici italiani. In mezzo la gustosa performance di un comico veneziano, Maurizio Bastianetto, che si è cimentato in un´altrettanta veneziana apologia dell´ombelico con annessa teoria divinatoria del «bunigolo». Applausi.

Il sindaco Tosi, nel dare il ! benvenuto agli ospiti, ha ricordato ancora una volta che «non! sarà un anno facile quello che ci aspetta» ma ha subito aggiunto che «si spera sia migliore di quello appena trascorso». Quindi, sotto l´occhio attento dei vigili del fuoco, ha innescato il meccanismo elettrico che ha innescato il rogo.

Una scenografia spettacolare in una serata baciata da un clima limpido con una luna splendente, che ha suscitato l´entusiasmo del pubblico. Tra ritmi sincopati di tamburi e musiche è stato dato il via allo spettacolo. A partire per primi sono state delle fontane di scintille intorno alla «vecia» e dopo qualche istante la gigantesca installazione, alta come la facciata di Palazzo Barbieri, ha preso fuoco in più punti. Subito le alte fiamme si sono levate diritte, poi le scintille e il fumo hanno preso la piega in direzione della Gran Guardia, quella «buona» come ha ribadito lo speaker.

In breve la «vecia» si è ridotta a uno scheletro fumante mentre veniva diffusa a tutto volume l´ormai datata «Se brucia! sse la città» a cui è seguito, altrettanto in tema, il più classico brano lirico «Di quella pira» dal Trovatore di Verdi. Poi dispersione della folla con assalto ai banchi dove si distribuivano pandorini e brioches. Un´altra Befana archiviata. Ma dopo il ponte è già Carnevale.E.CARD.

sabato 7 gennaio 2012

Nuovo twitter @leggende su misteri e folklore italiano

È ufficialmente attivo il nuovo utente twitter @leggende, dedicato ai temi del mistero, del folklore, del fantastico, dell'horror.

Creato dalla giornalista e ricercatrice Simona Cremonini, appassionata di questi temi, il nuovo canale di comunicazione ha lo scopo di far conoscere la sua attività di ricerca concentrata sull'area di Mantova, del lago di Garda, di Verona e Brescia e delle zone circostanti, ovvero sulle province su cui è presente in prima persona, ma non solo.
L'invito è di citare @leggende quando si parla di leggende locali, di libri e film sul tema, non necessariamente limitati a questa area geografica.

"Anche uno strumento così piccolo può facilitare i contatti tra tutti coloro che sono appassionati di questi temi, quindi se può essere utile alla divulgazione anche di prodotti 'di genere' oppure di storie e racconti locali ben vengano citazioni che restano nel contesto della leggenda e del mistero, preferibilmente a sfondo fantastico".

Curiosa in primis, ma anche ricercatrice, narratrice e saggista, Simona Cremonini è autrice di "Leggende, curiosità e misteri del lago di Garda" (www.leggendedelgarda.com) e ha in corso una ricerca su leggende e misteri a Mantova e provincia (www.leggendedimantova.com).

A Revere il rogo della vecia va storto









La Voce di Mantova, 7 gennaio 2011

venerdì 6 gennaio 2012

Fantasmi al castello di Salizzole

tratto da:
http://www.larena.it/stories/dalla_home/321278_fantasmi_al_castello_c_chi_li_ha_visti/


Fantasmi al castello? C'è chi li ha visti
SALIZZOLE. Singolare esperienza di Terenzio Mirandola del club «Insonni», testimone con due amici di strani fenomeni nell'antica fortezza

Il restauratore ha avvertito nella stanza della torre dove ha dormito una notte a lume di candela ombre, rumori sospetti e quadri che si muovevano
06/01/2012



Quadri che si muovono, ombre e rumori sospetti all'interno del castello scaligero avvolgono di mistero la fortezza di Donna Verde dove è ancora allestita la mostra sul Risorgimento organizzata dal Comune e dall'associazione culturale degli «Insonni» di Bovolone. A narrare di ripetuti episodi «magici» degno della saga di Harry Potter, tra l'altro con dovizia di particolari, è proprio uno degli «Insonni» reduce da una movimentata «Notte al museo», che stavolta non è il titolo di un film. Bensì la singolare esperienza vissuta da Terenzio Mirandola, presidente della corrente letteraria di Bovolone, che la notte tra l'11 e il 12 dicembre, dopo aver fatto da cicerone in costume d'epoca ai visitatori della rassegna, ha voluto trascorrere una notte all'interno della fortezza.
Girato il chiavistello, immerso nel silenzio assoluto, Mirandola racconta di essersi ritirato nella stanza della torre occidentale arredata in stile ottocentesco con scrittoio, divanetto e poltrone. «Ho spento tutte le luci lasciando accese solo le candele e mi sono attardato allo scrittoio a scrivere con pennino e calamaio», riferisce il restauratore bovolonese. «Verso mezzanotte», aggiunge, «ho smorzato tutte le candele tranne una e mi sono coricato sul divanetto coprendomi con il mantello dell'abito d'epoca. Mi sono svegliato verso le tre e in direzione dello scrittoio ho visto un volto di giovane donna dai capelli castani con boccoli, avrà avuto tra i 15-17 anni, con un sorriso enigmatico, quasi ironico».
Il confine tra suggestione e realtà è molto sottile e lo stesso Mirandola ammette che non sa se ciò che ha visto sia avvenuto realmente o sia piuttosto frutto della suggestione legata all'ambiente in cui si trovava. E prosegue: «Subito non ho dato tanto peso all'episodio e mi sono riaddormentato fino alle quattro quando sono stato risvegliato da uno rumore proveniente dall'esterno che ho pensato essere il camion della raccolta rifiuti. Invece, mentre mi stavo riassopendo ho avvertito un fruscio simile allo sfregamento di piedi proveniente dalla scala. A quel punto mi sono alzato e nascosto per vedere chi fosse entrato nel castello ma non c'era nessuno. Poi mi sono riaddormentato e risvegliato verso le sette». Ma la storia non finisce qui perché il 26 dicembre, quando ha riaperto il museo, sono accaduti altri strani episodi. Nello stesso salotto ottocentesco, quel giorno, verso le 18, con Terenzio ci sono altre due persone appartenenti alla sua stessa associazione che discutono e scherzano dello strano fatto accaduto a Mirandola quando succede qualcosa.
«Nella stanza si è alzato lateralmente un quadro posto su un cavalletto ed è subito ricaduto facendo un gran frastuiono», riferisce Mirandola, «ma questa volta non l'ho visto solo io e la persona che avevo accanto è sbiancata in volto». Secondo il resoconto del presidente del club culturale un episodio analogo sarebbe accaduto anche il primo gennaio durante una visita guidata. E conclude: «La mostra è allestita in tre stanze ma è strano che i fatti siano successi sempre nello stesso luogo: non so, c'è qualcosa che non so spiegarmi, non c'è una motivazione razionale, io sono scettico e non sono certo un tipo spirituale ed è per questo che ho deciso di andare in fondo alla questione andando a dormire un'altra notte nel castello».
Interpellato sulla vicenda, il sindaco Mirko Corrà afferma «che pur non essendo presente sono al corrente dei fatti perchè altri testimoni affidabili mi hanno detto di avere avvertito qualcosa di strano». «C'è da dire», precisa il primo cittadino, «che è la prima volta che una mostra permane per oltre un mese nel castello».
Nella stanzetta ottocentesca il giorno di Santo Stefano era presente anche Fernando Galantini. «Si stava chiacchierando delle storie accadute quando improvvisamente ho sentito un sussulto, come una vibrazione circoscritta alla sedia su cui ero seduto seguita da una botta lontana, quasi attenuata» racconta. «Inizialmente», prosegue Galantini, «ho pensato ad un terremoto ma non si muoveva nulla e all'esterno c'era una tranquillità assoluta senza il passaggio di macchine o altri mezzi da giustificare la scossa. Il movimento è stato avvertito anche dalla persona che mi stava accanto. Non credo a queste cose ma dopo questo episodio comincio a pensarci e lì dentro ci dormirei solo in compagnia».
Questa notte Terenzio Mirandola si chiuderà ancora una volta tra le mura del castello e sarà da solo. E chissà che a tenergli compagnia non sia il fantasma della leggendaria figura di Donna Verde da Salizzole, moglie di Alberto della Scala, vissuta nella fortezza in epoca medioevale. Intanto in paese non si parla d'altro ed il mistero si infittisce. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Lidia Morellato

Una passeggiata con le anguane

L'Arena Clic
martedì 03 gennaio 2012 – PROVINCIA – Pagina 22
SOAVE. Alla scoperta delle antiche contrade
Passeggiata nel Vajo


Nel Vajo delle Anguille a passeggio o, se nevica, passeggiata con le ciaspole: è la proposta che l´associazione Amentelibera fa ad adulti e bambini per il pomeriggio di sabato.
I partecipanti attraverseranno antiche contrade e scopriranno le leggende delle Anguane. La passeggiata, che in caso di neve si svolgerà comunque ma con l´utilizzo delle ciaspole, si concluderà con la cena al rifugio. Il ritrovo è per sabato alle 14 al casello di Soave-San Bonifacio o alle 14.20 al parcheggio Pittarello del Centro commerciale di Verona Est. Il rientro è previsto attorno alle 23. La quota di partecipazione è di 35 euro per gli adulti e di 16 euro per i bambini. Informazioni ed iscrizioni ai numeri 045.7600128, oppure 345. 1780368 o su www.viaggiamentelibera.it. P.D.C.

Un topo dentro una lattina di Pepsi?

tratto da
http://www.corriere.it/esteri/12_gennaio_05/topo-lattina-bibita-pepsi-impossibile-si-sarebbe-sciolto_38052eb2-37a4-11e1-8a56-e1065941ff6d.shtml



CHIESTI 50MILA DOLLARI DI DANNI
Un topo dentro una lattina di Pepsi? 
«Impossibile, si sarebbe sciolto»
Illinois, un uomo trova un ratto nella bibita e fa causa,
la società fornisce una risposta inquietante


MILANO – La Pepsi questa volta dovrà affilare le proprie armi e preparare una difesa convincente per fronteggiare l’azione legale intrapresa da un signore dell’Illinois che incolpa il celebre marchio di aver lasciato un topo morto in una bottiglietta di gassosa. Ad aggravare la situazione è stata la reazione del brand, che ha scartato la bizzarra possibilità, sostenendo che se fosse vero il roditore si sarebbe dissolto.

UN TOPO, UN TOPO - Correva l’anno 2009 quando il signor Ronald Ball acquistò da un distributore una fresca lattina di gassosa della Pepsi, per l’esattezza una dissetante Mountain Dew al limone. Ma subito Ball si rese conto che c’era qualcosa di strano e il presagio sfociò presto in una terribile scoperta: un topolino morto nella sua gassosa. Ball iniziò a vomitare e si sentì malissimo, non si sa se per la suggestione del terribile ritrovamento o per le conseguenze igieniche della presenza del roditore. Ronald Ball subito si mise in contatto con un numero telefonico per segnalare il grave incidente e un esperto della Pepsi arrivò prontamente nel luogo dell’accaduto per analizzare l’animale, requisendo la prova e spiegando successivamente l’impossibilità dell’accaduto: “Il topolino si sarebbe già trasformato in gelatina se il racconto fosse vero”.

UN RISARCIMENTO PER DANNI - Lo sfortunato consumatore dell’Illinois a questo punto decide di trascinare in tribunale Pepsi, chiedendo un risarcimento di 50 mila dollari sul quale è chiamato a rispondere il giudice della contea statunitense di Madison, Dennis Ruth. A prescindere dalla dichiarazione inquietante dell’azienda, le capacità di dissoluzione della bevanda sarebbero spiegate dai cosiddetti oli vegetali bromurati, brevettati come ritardanti di fiamma e proibiti in tutta Europa. In realtà queste sostanze sarebbero consentite in maniera molto limitata negli Stati Uniti e sarebbero contenute in molte bibite, tra le quali la Fanta e la stessa Mountain Dew. Ragion per cui la tesi difensiva di Pepsi ha le sue fondamenta, anche se per certi versi l’idea del topo morto ridotto in gelatina è ancor più inquietante.

I COMMENTI – Comprensibilmente la querelle legale tra il signor Ball e Pepsi ha suscitato molta curiosità, vuoi per gli aspetti bizzarri vuoi perché si tratta di un classico caso di reputation che può nuocere non poco al marchio. Tra i commenti dei lettori c’è chi consiglia i consumatori di avere sempre una macchina fotografica sotto mano, per immortalare ipotetici topi e prove schiaccianti, e c’è anche chi polemicamente (e non sempre educatamente) fa notare lo strano comportamento di Ronald Ball, che dopo aver trovato un topolino nella sua lattina continua tranquillamente a berne il contenuto.

Emanuela Di Pasqua
5 gennaio 2012 | 16:06

I corvi e la corona d'Inghilterra

“Se i corvi della Torre di Londra verranno dispersi o voleranno via, la Corona cadrà e con essa l'intera Britannia".

Questa curiosa profezia viene fatta risalire a Charles II (1660-1685), il “Merry Monarch”. E' probabile che questa stessa leggenda derivi da altre leggende popolari e superstizioni sui corvi, legate anche al mito delle streghe.

(kappero.com)

Breve storia della cara vecchina chiamata Befana

Breve storia della cara vecchina chiamata Befana



Breve storia della Befana - La Befana, come ogni anno, ritorna il 6 gennaio a mettere fine al ciclo dei dodici giorni successivi al Natale. Nella più pura tradizione popolare italiana la Befana, scende nelle case attraverso le cappe dei camini, che simbolicamente raffigurano un punto di comunicazione tra la terra e il cielo e distribuisce due tipi di doni: quelli buoni che sono il presagio di buone novità della stagione che verrà e il carbone, che, invece, è il residuo del passato.
"La Befana ha portato un po' di carbone perché siete stati un po' cattivi , però, ha portato anche i dolci perché dovete essere buoni": erano queste le frasi che accompagnavano la mattina l'apertura delle calze dove, immancabilmente tra dolci, e fichi secchi, trovavano posto, oltre al carbone, anche cipolle, castagne, patate, mele, noci, noccioli e altri prodotti della terra.
Nella Befana si possono trovare, dunque, i presagi delle buone novità della primavera, la stagione da tutti attesa. Essi sono simboleggiati dai doni infilati nella calza di lana (un indumento, non scelto a caso, e, peraltro, fondamentale, nelle campagne, per affrontare il cammino e il lavoro dell'anno nuovo).
Oltre che in Italia troviamo il culto della Befana in varie parti del mondo: dalla Persia alla Normandia, dalla Russia all'Africa del Nord. In tale culto, molti, rintracciano il mito della Dea genitrice primordiale, signora della vita e della morte, della rigenerazione della Natura.
Per altri, nella sua figura, la Befana riassume l'immagine della Dea antenata custode del focolare, luogo sacro della casa. E non è un caso se si serve, proprio dei camini, per introdurre l'allegria nelle case, svolazzando con la sua fantastica scopa.

La Befana in Italia e nel mondo

Naso adunco e scarpe rotte, volto rugoso e una vistosa gobba sulla schiena: l'immagine di questo personaggio non è certo romantica, né affascinante, eppure la vecchia signora dell'Epifania è accolta con gioia da migliaia e migliaia di bambini. Nella notte del 5 gennaio, la Befana lascia pezzi di carbone nero per chi è stato troppo cattivo, splendidi doni nella calza dei bambini buoni e qualche scherzetto ai più simpatici. Una nonna napoletana amava raccontare che le sue nipotine trovavano sempre dei pacchetti fasulli, che non contenevano giocattoli, ma patate e carote.

La tradizione italiana - La Befana vien di notte / con le scarpe tutte rotte /col cappello alla romana/viva viva la Befana! Questa filastrocca, la più famosa tra quelle recitate in attesa dell'Epifania, contiene alcune informazioni utili per conoscere la vecchietta dal naso adunco, ma non svela tutti i segreti di questa antica tradizione. Ecco altri dettagli fondamentali: la Befana viaggia a bordo di una scopa, arriva nella notte del 5 gennaio, deposita i suo regali nelle calze preparate dai bambini e lascia il carbone a chi non si è comportato bene. La quantità dei doni non dipende dalla grandezza della calza, ma si consiglia l'utilizzo di calzamaglie o calzettoni capienti. Le origini della Befana, oggi legata alla festa religiosa per la visita dei Re Magi alla capanna di Gesù, si perde nella notte dei tempi: esisteva già in epoca precristiana e apparteneva a culture antiche, che credevano nella magia. La Befana, a dire il vero, resta magica anche oggi: come potrebbe fare, altrimenti, a consegnare tutti quei regali in una sola notte?



La Babushka russa - Una Befana esiste anche nella lontana Russia: si chiama Babushka (nonna in russo) e la leggenda narra che fosse stata consultata dai Re Magi per trovare la strada giusta per la capanna di Gesù. La vecchia e povera donna stava pulendo casa e non volle accompagnarli a Betlemme, perché aveva troppo da fare. Il giorno dopo, terribilmente pentita, partì alla ricerca della capanna, ma non riuscì a trovarla perché era caduta troppa neve. Da quella notte, ogni anno, Babushka visita le case dei bambini e lascia a tutti un dono, sperando che tra loro si nasconda anche Gesù. I bambini russi la chiamano "donna del natale".



L'Epifania nel resto del mondo - Niente calze e scope volanti per i bambini spagnoli e del Nicaragua: anche loro ricevono doni e caramelle nella notte del 5 gennaio, ma questi vengono consegnati dai Re Magi dentro le scarpe, che sono state lasciate sul davanzale piene di verdura e frutta. In Austria i bambini si vestono come i Re Magi e vanno di porta in porta, cantando canzoni religiose, in cambio di dolci e cioccolatini. In tavola viene servita la torta dei re (o la torta dei tre re), in ricordo della visita alla capanna di Gesù Bambino.


http://www.guidasicilia.it/ita/main/rubriche/index.jsp?IDRubrica=1924

domenica 1 gennaio 2012

Ercole fondatore di Brescia uccide l'Idra in Vallesabbia

qui l'articolo originale:

http://www.bresciaoggi.it/stories/Cultura_e_Spettacoli/320014__ercole_fondatore_di_brescia_uccide_lidra_in_vallesabbia/

Ercole fondatore di Brescia uccide l'Idra in Vallesabbia
SETTECENTO E DINTORNI. La leggenda sostenuta anche da numerose opere pittoriche
Da Palazzo Avogadro al Broletto a Palazzo Soncini rivive il mito
31/12/2011


«Ercole fra l'Eternità e la Fama» affresco sulla volta dello scalone in Palazzo Soncini
Tra le erudite disquisizioni sulle origini della nostra città, è testimoniata anche una mitica fondazione erculea. Il primo autore a sostenerla è il medico, nonché storico, bresciano Jacopo Malvezzi.
Egli narra che l'eroe intraprese la costruzione di un luogo fortificato sulla sommità del Colle Cidneo e, addirittura, raccoglie nel suo Chronicon brixianum una curiosa tradizione che sosteneva la presenza di Ercole in Valsabbia. Qui infatti sarebbe avvenuta l'uccisione della famigerata Idra, mostro a sette teste, da cui l'attuale specchio d'acqua valsabbino avrebbe ricevuto il suo nome.
Naturalmente la vicenda è frutto solo di leggenda, ma godette di ampia fortuna, tanto che ancora oggi si conserva nella chiesa di Sant'Antonio ad Anfo un affresco a monocromo raffigurante Ercole e l'idra a testimonianza di una remota presenza del semidio in quelle zone.
A circa due secoli dagli scritti del Malvezzi, Ottavio Rossi nelle sue Memorie Bresciane (1616) attribuisce la costruzione del tempio capitolino al culto di Ercole sulla base di ritrovamenti epigrafici venuti alla luce nell'area dello scavo archeologico da lui stesso condotto.
Anche la cultura artistica bresciana «accoglie» la figura del figlio di Zeus e Teti come comprimario o protagonista di cicli figurativi eseguiti per palazzi privati e pubblici. La sua raffigurazione sottende precisi rimandi simbolici ispirati dalla letteratura latina (in primis Ovidio) e codificati in repertori iconografici di età umanista (Alciati) e tardo cinquecenteschi (Ripa).
Così, già nel Cinquecento con il recupero della cultura greco-romana, Ercole era protagonista assoluto nel perduto ciclo per l'appartamento del Capitano in Broletto o negli affreschi di Palazzo Avogadro in corsetto Sant'Agata eseguiti da Lattanzio Gambara.
Nel Settecento prosegue il filone iconografico legato ad Ercole, finalizzato spesso a celebrare in chiave allegorica il prestigio dei committenti o a esaltarne il suo importante ruolo per l'origine e lo sviluppo del territorio bresciano.
Sulla volta dello scalone in Palazzo Soncini a Brescia è affrescato Ercole fra l'Eternità e la Fama, opera di autore ignoto del settimo decennio del Settecento. La divinità centrale simboleggia la Virtù Eroica e rappresenta la ragione che sottomette le passioni: oltre ai consueti attributi che tradizionalmente la identificano (clava e leontè), reca in mano i tre pomi portati dagli orti esperidi allusivi alle virtù della moderazione, della temperanza e al disprezzo dei piaceri.
La presenza di Ercole, che spesso occupa un posto di rilievo negli Olimpi dell'epoca, qui è doppiamente significativa in quanto due membri della famiglia Soncini, vissuti nel Settecento, erano omonimi del Dio: il giureconsulto morto nel 1721 e il nipote abate, compositore di corone poetiche.
Anche nelle incisioni che corredano le preziose e numerose edizioni a stampa settecentesche incontriamo in alcuni casi la figura dell'eroe tebano, 'densa' di rimandi simbolici, che solo una colta cerchia di lettori era in grado di decifrare.
Il frontespizio dell'opera Memorie istorico critiche intorno all'antico stato de' Cenomani ed ai loro confini, scritta dall'abate Antonio Sambuca e stampata nel 1750 da Gian Maria Rizzardi, reca un'allegorica scena, disegnata dal bresciano Francesco Savanni, dove al centro campeggia Minerva, a simboleggiare la prerogativa culturale della nostra città, mentre ai suoi lati sono esaltate altre due caratteristiche che hanno contribuito alla ricchezza bresciana.
La prima è la lavorazione dei metalli, personificata dall'alacre attività di tre fabbri nella fucina di Vulcano; la seconda è l'abbondanza di acque, rappresentata da un possente Ercole nell'atto di spezzare ad un toro un corno, dalla cui rottura si origina la nascita del fiume Mella. Avvertiamo in questa raffigurazione un reimpiego ed una «riformulazione in chiave bresciana» di una delle dodici fatiche di Ercole: il toro è quello cretese, inviato da Nettuno a Minosse, perché colpevole di avergli trascurato un sacrificio.
Come non citare infine la guida artistica di Giambattista Carboni, intitolata Le pitture e le sculture di Brescia che sono esposte al pubblico con un'appendice di alcune private gallerie, edita da Giambattista Bossini nel 1760, unica guida settecentesca a stampa della nostra città?
L'antiporta dell'opera presenta l'interno di un nobile palazzo dove Minerva, accompagnata dalla personificazione del Merito, invita il lettore a guardare oltre un tendaggio sollevato da un genietto alato. Sul fondo dell'incisione la statua di un Ercole, collocata entro una nicchia, solleva ugualmente il braccio per richiamare l'attenzione su ciò che si sta per disvelare oltre quel tendaggio.
Le due divinità abbinate ancora una volta rappresentano il virtuoso connubio fra sapienza e capacità governativa, unita alla forza dell'eloquenza, che l'ideatore dell'opera, il nobile Luigi Chizzola, vedeva espressi nei Deputati Pubblici della Città di Brescia, cui aveva dedicato l'agile pubblicazione.

BIBLIOGRAFIA: Simone Signaroli, Il mito di Ercole fondatore nella tradizione erudita bresciana, in Ercole il fondatore: dall'antichità al Rinascimento, Brescia 2011, pp.128-137, catalogo dell'omonima mostra svoltasi a Brescia, Museo di Santa Giulia 11 febbraio-12 giugno 2011
Riccardo Bartoletti