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lunedì 11 marzo 2013

Il Badalisc al raduno delle maschere antropologiche


Bresciaoggi
venerdì 08 marzo 2013

CEVO. Andrista ha allargato gli orizzonti

Mostri etnografici
Una trasferta a Sud 
per il «Badalisc»

La maschera è finita in Basilicata

Tricarico è una cittadina della Basilicata legata alla «Federazione europea città del Carnevale», ma l'«evento mascherato» che ha ospitato nei giorni scorsi aveva poco del profano e molto del colto. E c'era anche un «mostro» della Valcamonica al secondo «Raduno delle maschere antropologiche» organizzato dalla Pro loco; un evento che ha visto partecipanti da mezza Italia. 
A rappresentare la Lombardia c'era il «Badalisc», la maschera mostruosa di Andrista di Cevo che ogni vigilia dell'Epifania viene «catturata» al termine di una caccia rituale e costretta a svelare agli abitanti del paese tutti i segreti e i gossip di cui è venuta a conoscenza nell'anno appena trascorso.
Ad «accudire l'animale» nel suo primo viaggio al di fuori della provincia di Brescia e ad arricchire il contenuto culturale della manifestazione c'erano Luca Giarelli e Marta Ghirardelli dell'associazione «LOntànoVerde», chiamati in Basilicata anche con lo scopo di presentare il volume da loro curato e intitolato «Carnevali e folclore delle Alpi. Riti, suoni e tradizioni popolari delle vallate europee». Il testo sarà nuovamente presentato a Malegno il 22 marzo.  

domenica 13 gennaio 2013

La vecchia brucia in Piazza Bra a Verona


L'Arena
lunedì 07 gennaio 2013


FIAMME IN BRA. Le «falive» vanno verso Garda, grande folla in piazza ad ammirare l'antico rito propiziatorio di buone nuove

Il falò in Bra allontana
le negatività del 2012

Migliaia di persone davanti all'Arena. Il rogo accompagnato prima dai tamburi e poi dalle note del compositore Vangelis



Brucia, vecchia, brucia. Bruciano con te le preoccupazioni, le cose non dette, quelle fin troppo dette. Le aspettative disilluse, i dolori provati, le paure patite.
Scalda fuoco, scalda. Gli animi pietrificati dalla sofferenza, dai patimenti. E purifica, purifica dalle cattiverie, dalle malattie, da questa crisi che non lascia il nostro Paese.
Quanti pensieri sono volati in alto ieri pomeriggio alle 18, quando la pira costruita in piazza Bra ha preso fuoco. Prima la luce dei fuochi attorno a illuminare la scena, poi il castello, dato alle fiamme dal cuore, fino a lavare per decine di metri le fiamme. E il tepore delle fiamme a riscaldare le migliaia di persone arrivate in Bra per tradizione, per scaramanzia, perchè sì l'Epifania che «tutte le feste si porta via», si porti via con sè tutto quello che dell'anno appena passato non ci era proprio piaciuto.
Prima i tamburi, a ritmare quei guizzi rapidi, i crepitii, poi, quando le fiamme erano alte imponentissime e quasi spaventose, ecco partire la musica, (grazie ad Eventi) del grande compositore Vangelis con la colonna sonora del film «1492 la conquista del paradiso», che narra del viaggiatore Colombo verso le Americhe. Lui ha conquistato il nuovo mondo. A noi basterebbe migliorare quello in cui viviamo.
Un tempo erano campanacci, latte, trombe, ferri e catene, si faceva un rumore assordante per spaventare gli spiriti maligni che si aggiravano per i paesi e le campagne. Per cacciarli via per sempre, restituendo pace agli uomini. I cacciatori sparavano in aria tanti colpi di fucile, perché colpissero direttamente il cuore delle streghe, sperando di liberarsi una volta per tutte della loro presenza. Quando le fiamme avevano bruciato la cattiva Befana e si spegnevano lentamente, si diceva che, morta la crudele vecchia, da quel rogo rinascesse finalmente la Befana buona, portando un gran regalo per tutti.
Nel Medioevo, periodo ricco di racconti demoniaci e di magie, si dava molta importanza al periodo compreso tra il Natale e il 6 gennaio, un periodo di dodici notti dove la notte dell'Epifania è anche chiamata la «Dodicesima notte». È un periodo molto delicato e critico per il calendario popolare, è il periodo che viene subito dopo la seminagione; è un periodo, quindi, pieno di speranze e di aspettative per il raccolto futuro, da cui dipende la sopravvivenza nel nuovo anno. La festa della Befana ha origine da antichi elementi folclorici pre-cristiani, recepiti ed adattati dalla tradizione cristiana. In particolare questa figura è probabilmente da connettere a tradizioni agrarie pagane relative all'inizio dell'anno. In tal senso l'aspetto da vecchia sarebbe da mettere in relazione con l'anno trascorso, ormai pronto per essere bruciato per "rinascere" come anno nuovo.
Ieri sera le «falive» sono andate verso ovest, verso Garda.
«Se le falive va al garbin, parécia el caro pa 'ndare al mulin. Se le faìve va a matina, tol su el saco e va a farina. Se le faìve va a sera, la poenta impiega la caliera», recita un vecchissimo proverbio. Che sia per tutti un anno migliore. 

venerdì 6 luglio 2012

Misteri e leggende del Garda a Desenzano stasera


A Desenzano del Garda venerdì 6 luglio a partire dalle 19,00 presso la libreria T.U.O. Totally Unnecessary Objects di Piazza Malvezzi 13 l’autrice Simona Cremonini insieme a Ernesto Valerio presenta "(I) racconti fantastici del Garda", antologia di racconti di genere fantastico, e “Leggende, curiosità e misteri del lago di Garda”, il suo libro-guida attorno ai misteri del lago, entrambi editi dalla casa editrice PresentARTsì.
Durante la serata prenderà vita un viaggio attorno al lago, tra letture di racconti e leggende, in cui l’invenzione letteraria si incrocia con il patrimonio di credenze e miti dell’area gardesana, oggetto del lavoro dell’autrice.
Per info: www.leggendedelgarda.com oppure tel. 339-5864651.


Aggiornamenti su eventi e libro su:
twitter: @leggende
facebook: https://www.facebook.com/leggendemisteridelgarda


martedì 10 gennaio 2012

Brusa la vecia, successo a Verona

L'Arena
sabato 07 gennaio 2012

TRADIZIONI. Una folla si è radunata davanti a Palazzo Barbieri per assistere al suggestivo spettacolo con il fuoco
«Brusa la Vecia» in Bra
Le scintille sono «buone»

Le «falive» e il fumo hanno preso la direzione del Garda. Tosi: «Sarà un anno non facile ma forse meglio del 2011»



Forse non sarà un 2012 così brutto come lo dipingono economisti, politici e opinionisti. Sarà un semplice auspicio, o un´illusione a cui voler credere, ma ieri sera in Bra le «falive» e il fumo sprigionatisi dalla monumentale befana allestita e bruciata davanti a Palazzo Barbieri si sono dirette verso il lago di Garda, cioè la direzione invocata al momento dell´accensione da parte del sindaco Flavio Tosi, la direzione «buona» che dovrebbe indicare, almeno nelle aspettative, un´annata positiva.
In qualsiasi modo andranno le cose, è stato uno spettacolo suggestivo a cui hanno assistito centinaia di persone che si sono assipate in Bra intorno all´area di sicurezza predisposta intorno alla gigantesca costruzione, realizzata con materiali naturali come legno, cartone e stoffa, disegnata dallo scenografo veneziano Querino Lovato insieme alla sua squadra di collaboratori.
In Bra la gente aveva cominciato a radunar! si ben prima delle 17.30, orario in cui è stato acceso il gigantesco falò. Un attento servizio d´ordine, formato dai volontari della Protezione civile, da carabinieri, vigili urbani e poliziotti, ha vigilato affinchè nessuno superasse la soglia di sicurezza stabilita tra il pubblico e la «vecia». Il presentatore ha ricordato che, a causa del vento nella nottata, la «vecia» aveva perso parte dei «doni» di cui era stata addobbata e anche il giardinetto sottostante era stato un po´ sconquassato. Ma la circostanza non sembra aver impressionato molto gli spettatori ansiosi di assistere al rogo.
Nell´attesa è stata diffusa musica di vario genere, un mix di ritmi brasiliani e brani nostalgici italiani. In mezzo la gustosa performance di un comico veneziano, Maurizio Bastianetto, che si è cimentato in un´altrettanta veneziana apologia dell´ombelico con annessa teoria divinatoria del «bunigolo». Applausi.

Il sindaco Tosi, nel dare il ! benvenuto agli ospiti, ha ricordato ancora una volta che «non! sarà un anno facile quello che ci aspetta» ma ha subito aggiunto che «si spera sia migliore di quello appena trascorso». Quindi, sotto l´occhio attento dei vigili del fuoco, ha innescato il meccanismo elettrico che ha innescato il rogo.

Una scenografia spettacolare in una serata baciata da un clima limpido con una luna splendente, che ha suscitato l´entusiasmo del pubblico. Tra ritmi sincopati di tamburi e musiche è stato dato il via allo spettacolo. A partire per primi sono state delle fontane di scintille intorno alla «vecia» e dopo qualche istante la gigantesca installazione, alta come la facciata di Palazzo Barbieri, ha preso fuoco in più punti. Subito le alte fiamme si sono levate diritte, poi le scintille e il fumo hanno preso la piega in direzione della Gran Guardia, quella «buona» come ha ribadito lo speaker.

In breve la «vecia» si è ridotta a uno scheletro fumante mentre veniva diffusa a tutto volume l´ormai datata «Se brucia! sse la città» a cui è seguito, altrettanto in tema, il più classico brano lirico «Di quella pira» dal Trovatore di Verdi. Poi dispersione della folla con assalto ai banchi dove si distribuivano pandorini e brioches. Un´altra Befana archiviata. Ma dopo il ponte è già Carnevale.E.CARD.

venerdì 6 gennaio 2012

Breve storia della cara vecchina chiamata Befana

Breve storia della cara vecchina chiamata Befana



Breve storia della Befana - La Befana, come ogni anno, ritorna il 6 gennaio a mettere fine al ciclo dei dodici giorni successivi al Natale. Nella più pura tradizione popolare italiana la Befana, scende nelle case attraverso le cappe dei camini, che simbolicamente raffigurano un punto di comunicazione tra la terra e il cielo e distribuisce due tipi di doni: quelli buoni che sono il presagio di buone novità della stagione che verrà e il carbone, che, invece, è il residuo del passato.
"La Befana ha portato un po' di carbone perché siete stati un po' cattivi , però, ha portato anche i dolci perché dovete essere buoni": erano queste le frasi che accompagnavano la mattina l'apertura delle calze dove, immancabilmente tra dolci, e fichi secchi, trovavano posto, oltre al carbone, anche cipolle, castagne, patate, mele, noci, noccioli e altri prodotti della terra.
Nella Befana si possono trovare, dunque, i presagi delle buone novità della primavera, la stagione da tutti attesa. Essi sono simboleggiati dai doni infilati nella calza di lana (un indumento, non scelto a caso, e, peraltro, fondamentale, nelle campagne, per affrontare il cammino e il lavoro dell'anno nuovo).
Oltre che in Italia troviamo il culto della Befana in varie parti del mondo: dalla Persia alla Normandia, dalla Russia all'Africa del Nord. In tale culto, molti, rintracciano il mito della Dea genitrice primordiale, signora della vita e della morte, della rigenerazione della Natura.
Per altri, nella sua figura, la Befana riassume l'immagine della Dea antenata custode del focolare, luogo sacro della casa. E non è un caso se si serve, proprio dei camini, per introdurre l'allegria nelle case, svolazzando con la sua fantastica scopa.

La Befana in Italia e nel mondo

Naso adunco e scarpe rotte, volto rugoso e una vistosa gobba sulla schiena: l'immagine di questo personaggio non è certo romantica, né affascinante, eppure la vecchia signora dell'Epifania è accolta con gioia da migliaia e migliaia di bambini. Nella notte del 5 gennaio, la Befana lascia pezzi di carbone nero per chi è stato troppo cattivo, splendidi doni nella calza dei bambini buoni e qualche scherzetto ai più simpatici. Una nonna napoletana amava raccontare che le sue nipotine trovavano sempre dei pacchetti fasulli, che non contenevano giocattoli, ma patate e carote.

La tradizione italiana - La Befana vien di notte / con le scarpe tutte rotte /col cappello alla romana/viva viva la Befana! Questa filastrocca, la più famosa tra quelle recitate in attesa dell'Epifania, contiene alcune informazioni utili per conoscere la vecchietta dal naso adunco, ma non svela tutti i segreti di questa antica tradizione. Ecco altri dettagli fondamentali: la Befana viaggia a bordo di una scopa, arriva nella notte del 5 gennaio, deposita i suo regali nelle calze preparate dai bambini e lascia il carbone a chi non si è comportato bene. La quantità dei doni non dipende dalla grandezza della calza, ma si consiglia l'utilizzo di calzamaglie o calzettoni capienti. Le origini della Befana, oggi legata alla festa religiosa per la visita dei Re Magi alla capanna di Gesù, si perde nella notte dei tempi: esisteva già in epoca precristiana e apparteneva a culture antiche, che credevano nella magia. La Befana, a dire il vero, resta magica anche oggi: come potrebbe fare, altrimenti, a consegnare tutti quei regali in una sola notte?



La Babushka russa - Una Befana esiste anche nella lontana Russia: si chiama Babushka (nonna in russo) e la leggenda narra che fosse stata consultata dai Re Magi per trovare la strada giusta per la capanna di Gesù. La vecchia e povera donna stava pulendo casa e non volle accompagnarli a Betlemme, perché aveva troppo da fare. Il giorno dopo, terribilmente pentita, partì alla ricerca della capanna, ma non riuscì a trovarla perché era caduta troppa neve. Da quella notte, ogni anno, Babushka visita le case dei bambini e lascia a tutti un dono, sperando che tra loro si nasconda anche Gesù. I bambini russi la chiamano "donna del natale".



L'Epifania nel resto del mondo - Niente calze e scope volanti per i bambini spagnoli e del Nicaragua: anche loro ricevono doni e caramelle nella notte del 5 gennaio, ma questi vengono consegnati dai Re Magi dentro le scarpe, che sono state lasciate sul davanzale piene di verdura e frutta. In Austria i bambini si vestono come i Re Magi e vanno di porta in porta, cantando canzoni religiose, in cambio di dolci e cioccolatini. In tavola viene servita la torta dei re (o la torta dei tre re), in ricordo della visita alla capanna di Gesù Bambino.


http://www.guidasicilia.it/ita/main/rubriche/index.jsp?IDRubrica=1924

mercoledì 19 gennaio 2011

Revere brucia la strega

Revere brucia la torre per stanare la strega


di Giancarlo Zaniboni
REVERE. Doppio spettacolo: il rogo dla vecia, fuochi d'artificio e incendio dell'antica torre matildica mentre si svolge la fiera dei raüs che comincia già al mattino. Raüs, nel dialetto della Bassa, mutuato dal tedesco ereditato dai tempi dell'occupazione austro-ungarica, indica tutti quegli oggetti della civiltà contadina caduti in disuso perchè obsoleti e finiti in polverose soffitte o umide cantine. Antichi arcolai, madie, alari di focolari, lucerne a petrolio e a carburo, fanali per carrozze e calessi, vecchie biciclette di prestigiose marche... Fra le bancarelle si accalca una variopinta folla di curiosi e collezionisti. Per combattere il freddo la Pro Loco organizza dispensatori di vin-broulè, salsicce alla brace e spuntini in attesa delle 18, quando inizia lo spettacolo in piazza Castello. La tradizione racconta che nel secolo XV ad Ostiglia vivesse una strega e sotto la pressione dei paesani, il Gonzaga ordinò il processo che si svolse nella cittadina: fu condannata ad essere arsa viva. Nella traduzione della sventurata a Mantova per l'esecuzione in piazza Sordello, la strega riuscì a fuggire e riparò a Revere nascondendosi nella torre matildica. I reveresi insorsero e col fuoco la snidarono dalla torre. Questa rievocazione storica fatta di luci, fuochi d'artificio e botti calamita su Revere il pubblico delle grandi occasioni, tutte col naso all'insù per vedere la Befana fuggire dalla sua ultima dimora. Scappa dal fuoco e finisce inesorabilmente sul falò di un alto buriel.
5 gennaio 2011


http://gazzettadimantova.gelocal.it/cronaca/2011/01/05/news/revere-brucia-la-torre-per-stanare-la-strega-3107347

giovedì 6 gennaio 2011

I buriel antichi e potenti

I buriel antichi e potenti
Rito maschile che richiede doti di abilità e lavoro comune

di M.Antonietta Filippini


Con la Befana inizia il periodo dei falò, i buriei, enormi pire di legna secca e sterpaglie che vengono costruite e accese in molti paesi. Le fiamme ravvivano il buio e scaldano nel gelo della campagna; il successo dell'impresa è salutato con una festa a base di ceci lessi e vin brulè. Si comincia domani, fino al 17 gennaio, sant'Antonio. C'è persino chi sceglie la mezza quaresima. Il falò è un rito di grande fascino e potenza, la vecchia da bruciare può esserci o no, a volte è un Vecchione come al Capodanno di Bologna, o una coppia di vecchi. Ne parliamo con due studiosi mantovani di tradizioni popolari, Giancorrado Barozzi e Giancarlo Gozzi.
Barozzi, quali sono i buriel più antichi? «Il rito dei fuochi invernali è descritto già da Ovidio ne Fasti, nello specifico a Mantova abbiamo un documento del 1811 che riguarda Goito. Tra Asola e Canneto la data è il 17 gennaio, sant'Antonio, altrove il 6 gennaio». Uno dei più belli era a Sorbara di Asola, dove però il 17 gennaio 1986, morì Dario Saletti e altri tre rimasero feriti per un'esplosione durante i preparativi però non del burie. Comunque l'operazione comporta un certo rischio. «Costruire la catasta e darle fuoco richiede abilità, capacità di lavorare in gruppo. Gli uomini sono protagonisti, e quando un adolescente viene ammesso nel gruppo è quasi un rito di iniziazione». Le donne sono escluse? «Confezionano i pupazzi, ma la pira spetta ai maschi». Cosa significa il buriel? «Ci sono interpretazione date dagli antropologi: riti legati alla fecondità del terreno, per richiamare la primavera e purificare la comunità, eliminare le scorie del passato per prepararsi a un anno nuovo. Io ho interrogato i protagonisti: perchè fate il buriel? Qualcuno mi ha risposto: perché si è sempre fatto. Altri: perché a seconda di dove cade il falò o dove tira il fumo o cade la vecia, si traggono previsioni su come andrà l'annata agraria».
Gozzi cita il suo maestro Giovanni Tassoni, che nel 1964 scrisse 'Tradizioni popolari del mantovano'. «I monelli dell'Oltrepo, giunta la sera della Bifana, convenivano a frotte in piazza, dopo lo stracanarsi di tutto il pomeriggio intorno a una catasta di sterpi e rovi, e di lì muovevano compatti per le vie, con un fantoccio raffigurante una vecchia strega, strepitando come anime dannate e sbaccanando con corni, campanacci, rami di cucina, molle da fuoco, da levar di cervello anche i sordi. La baraonda continuava, avanti indietro, fino a quando imbruniva e veniva l'ora di legare la vecchia stria allo stollo del rogo preparato in fondo al paese. Le fiamme salivano alte nell'aria gelida della sera; i monelli facevano corona al gran falò crepitante, vi riddavano intorno, vi rumavano dentro con un bastone o, smorzatesi le vampe, vi saltavano sopra gridando di quando in quando: "A brusa la vècia ranpina, ch'la pians par na péna'd galina"». E ancora «A Roncoferraro, in ogni fattoria si fanno grandi falò di fascine e di canne di granoturco, per propiziare un buon raccolto di uva. I presenti battono con bastoni sul fuoco, da cui sprizzano innumerevoli scintille e gridano Carga! Carga! Carga!».
Gozzi, lei quale significato dà ai buriel? «C'è la purificazione dei campi, per prepararli e concimarli con la cenere. Addirittura lungo la via battuta dai Celti, i nomi dati a questi riti si somigliano dalla Francia all'Italia. Il fuoco epifanico poi ricorda il sole che con il solstizio d'inverno ricomincia a crescere sull'orizzonte. Il contadino che vuole accelerare la fecoldità dei terreni dopo la sterilità invernale accende i fuochi per aiutare simbolicamente il debole sole a vincere le tenebre invernali». Il Natale cristiano come data deriva - ci ricordano Barozzi e Gozzi, dal «Natalis solis invicti», la nascita del sole mai vinto al solstizio d'inverno.

Gazzetta di Mantova, 5 gennaio 2011