Visualizzazione post con etichetta Animali preistorici. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Animali preistorici. Mostra tutti i post

martedì 7 agosto 2012

Bestiari e simbologie a San Pietro


L'Arena
lunedì 06 agosto 2012

ARTE RELIGIOSA. Statue, porte, sculture, colonne: c´è una sorta di zoo

SAN PIETRO BESTIALE

Barbagallo, critico d´arte dell´Osservatore Romano, ha catalogato api, coccodrilli, leoni, serpenti...
Gli animali nella basilica e della piazza sono centinaia

Lo zoo all´interno della basilica di San Pietro catalogato specie per specie, centinaia di animali e - curiosità - un solo gatto. Sandro Barbagallo, critico d´arte dell´Osservatore Romano, ha isolato oltre 60 specie diverse accanto a santi, papi e cardinali e ne ha ricavato un volume dal titolo Gli animali nell´arte religiosa. La basilica di San Pietro in Vaticano (Libreria editrice vaticana, 240 pagine, 33 euro). Nel censimento di questi animali che «ci osservano senza mai farsi notare», come sottolinea Barbagallo, si ritrovano api e colombe, animali fantastici e domestici. A sorprendere non è tanto la mancanza di presenze» familiari e domestiche o la loro collocazionere in angoli nascosti, bensì il fatto che vi siano anche topi, lumache, ghiri e tartarughe. La lettura di questo insolito percorso rivela misteri nascosti e spiega quali sono gli animali che la Bibbia associa al demonio. È il caso del pipistrello, raffigurato sul portale di ingresso della canonica. Questo mammifero alato ha sempre evocato immagini negative per la sua indole notturna, ma è anche stato riscattato dal movimento neoplatonico che «lo ha associato alla natura melanconica e saturnina» fino a diventare un´immagine che allontana il male.

La ricerca di Barbagallo svela che solo dieci animali su cento hanno, in San Pietro, una funzione puramente decorativa. Tutti gli altri seguono una precisa simbologia o allegoria. Durante questo «safari mistico», il critico d´arte si imbatte in una grammatica ermeneutica del simbolismo che si completa con la classicità del mondo greco e romano e lo specifico cristiano. Barbagallo spazia, dunque, dalla Bibbia alle pagine più celebri della letteratura latina e greca alla ricerca del messaggio più nascosto delle specie animali all´interno del tempio della cristianità. Si imbatte in circa 500 api, 470 colombe, 38 leoni e 15 agnelli. Ma anche in 24 serpenti, tre pipistrelli, un coccodrillo e un unicorno. Scopre che il suo lavoro ricuce uno strappo che permette di comprendere quanto c´è dietro alle rappresentazioni di animali come di quella lucertola che si trova sul baldacchino centrale del Bernini o dei delfini sugli ancoraggi del celebre «Campanone» di San Pietro.

«Ho rintracciato storie antiche», scrive nella prefazione Barbagallo, «leggende, favole e miti, prima pagani e poi cristiani». Così facendo, lo storico afferma di aver ridato «voce a un mondo che era diventato muto a causa della trasformazione di una società più abituata a consultare mezzi informatici che ad entrare in una biblioteca per aprire un libro».

IL PERCORSO nel grande zoo di San Pietro inizia all´esterno della basilica, nella piazza racchiusa dal colonnato del Bernini. Qui, un particolare curioso è sfuggito spesso anche agli studiosi: la muta presenza di numerosi animali. La basilica, i sacri palazzi e la piazza sono «abitati» da bestie «in marmo o in bronzo, in pietra o in legno, scolpiti o dipinti, che ci osservano senza mai farsi notare». I primi che si incontrano sono i quattro leoni che sostengono l´obelisco eretto prima in Egitto dal faraone Nenconero e collocato qui per volere di papa Sisto V dopo essere stato al centro del circo dell´imperatore Caligola. Una scelta non casuale: il leone non solo è un elemento di papa Sisto V, ma è anche custode dei luoghi sacri nella maggior parte delle religioni. La ricerca nell´immenso zoo del «vestibolo della cristianità» attraversa dieci capitoli per concludersi nella sacrestia commissionata a Carlo Marchionni, tra il 1776 e il 1784, dove compare un orso. Si trova nello stemma del pontefice attuale, Benedetto XVI, ed è in compagnia di una testa di moro e una conchiglia di San Giacomo. L´orso è in relazione alla vita di Corbiniano: mentre era diretto a Roma, in una foresta, un orso gli sbranò il cavallo. Miracolosamente illeso, il santo si fece portare con i bagagli dallo stesso animale.

DIVERSE sono anche le specie animali che si ritrovano nel Tesoro e tra queste un antico gallo di bronzo dorato a ricordo dell´episodio della Passione in cui Gesù disse a Pietro che lo avrebbe rinnegato tre volte. Non mancano le curiosità come la presenza, come detto, di un solo gatto, per di più, neppure tanto visibile: si trova all´esterno, in una delle due formelle dell´Annunciazione della Porta Santa, quella di destra. Qui, il gatto è seminascosto da un tendaggio e appare incuriosito. Barbagallo, del felino, rimarca la «simbologia ambigua, non solo perché rappresenta contemporaneamente il bene e il male, ma anche perché è del tutto assente nella mitologia greca e latina». Diversamente, fu molto considerato nell´antico Egitto. Ancora, il gatto fu associato dalla Cabala ebraica al serpente, simbolo del male. Poi, nel Rinascimento, divenne al contrario emblema della vita domestica. Come in questo caso. Lo studioso conclude il suo percorso in San Pietro con una riflessione: «Gli animali hanno sempre affascinato l´uomo». Forse perché, in essi, l´uomo «ha cercato e spesso intravisto i suoi stessi difetti e virtù, i suoi istinti più elementari e quelli più perversi». È come dire che «tutto ciò che non poteva accettare di sé, lo ha imprigionato nella pietra, nel bronzo, nel legno o nei colori di un quadro».


mercoledì 14 marzo 2012

lunedì 27 giugno 2011

Una paleo-autopsia sul fossile di Ciro

L'Arena
IL GIORNALE DI VERONA

Martedì 21 Giugno 2011 PROVINCIA Pagina 25

SAN GIOVANNI ILARIONE. Oggi al Museo di scienze naturali di Milano saranno illustrati i risultati della prima indagine del genere fatta al mondo


Una paleo-autopsia sul fossile di Ciro


Ci sarà anche Giovanni Todesco, il paleontologo al quale si deve la scoperta del piccolo dinosauro Con la Tac ricostruito l'ultimo pasto: una lucertola

«Ciro» a merenda aveva mangiato una lucertolina: è una delle curiosità, che per rispetto verso gli addetti ai lavori è più corretto definire scoperta, saltate fuori durante la «paleo-autopsia» sullo Scipionyx Samniticus scoperto da Giovanni Todesco trentuno anni fa nel beneventano. Oggi, nell'aula magna del Museo di Storia naturale di Milano, all'intero mondo scientifico saranno comunicati tutti i segreti di «Ciro».
E' così che Todesco, paleontologo dilettante evidentemente dalla vista lunga, aveva soprannominato quel lucertolone che aveva scoperto essersi fossilizzato in una lastra recuperata nella cava di Pietraroja, trasformata in discarica. Se l'era tenuto a casa per quasi vent'anni fino a che, al cinema, una scena di «! Jurassic park» gli aveva acceso la lampadina nella testa: «E se quel lucertolone fosse un dinosauro?», si era detto.

Ed era partito tutto da lì, tra varie peripezie, fino al 1998 con la presentazione al mondo di «Ciro» (perché almeno il nomignolo il mondo scientifico non lo eliminò), il baby dinosauro con il primato di essere il primo dinosauro italiano scoperto, per di più cucciolo e, come se non bastasse, il meglio conservato. L'anno dopo si ritrovò con una denuncia penale sulle spalle e l'accusa di furto archeologico.
I paleontologi col pezzo di carta l'avevano visto subito che nelle viscere di «Ciro» si poteva leggere come tra le pagine di un libro: e così, con la tomografia assiale computerizzata (la Tac), il microscopio elettronico a scansione e un'altra serie di attrezzature tecnologiche dell'ultima generazione gli scienziati sono riusciti a fare a «Ciro» l'autopsia, condensandone i risultati in un volume di 300 pagine.

Ci hanno pensato Cristian! o Dal Sasso, che presentò «Ciro» al mondo scrivendo l'articolo su «Nature», che al piccolo dinosauro valse anche la copertina, e Simone Maganuco assieme ad un esperto australiano di struzzi: no, non è un refuso, ma le cose stanno proprio così, visto che lo struzzo è il parente più prossimo del dinosauro.
Già di per sé l'evento di stamattina è di portata mondiale, ma che dire riguardo al fatto che «Ciro», o meglio lo Scipionyx Samniticus, il cui valore è incalcolabile, per l'occasione sarà presente «in fossile e calcare» a Milano? «Non mancherei per nessun motivo al mondo», dice Giovanni Todesco a proposito dell'appuntamento milanese a cui gli è stato chiesto di arrivare con netto anticipo. Chissà, magari un «cameo» in conferenza stampa sarà riservato anche a lui. «Ci sarò con Giovanna, mia moglie e mia compagna di scoperta, ma anche con a! lcuni amici dell'associazione paleontologica Gruppo Val Nera: vedere Ciro, l'originale, è un evento unico».

Giovanni Todesco è uno di quegli appassionati a cui il mondo accademico ha «scippato» la scoperta: insomma, lo Scipionyx Samniticus racconta degli studi a Pietraroja da parte di Scipione Breislak e del Sannio, ma di Giovanni Todesco non c'è nulla. Lui non ne parla, ma è risaputo che la sua battaglia per l'attribuzione della scoperta va avanti. Troppo clamore alle spalle, quando gli sequestrarono fossili su fossili, lo denunciarono ma poi tutti finirono con l'arrendersi, nel 2004, al giudizio del tribunale, che lo aveva riconosciuto come un «benemerito della ricerca e salvagardia dei Beni culturali».

Todesco ha seguito a distanza l'autopsia su «Ciro» grazie allo stretto rapporto, evoluto in amicizia, con Dal Sasso: «Una delle cose più curiose è che un giorno mi telefonò confidandomi che st! ava impazzendo perché, controllando le vertebre di Ciro, si era ri! trovato una costola in più. Solo col microscopio a scansione», racconta Todesco, «è stato risolto il giallo. Quella costola in più altro non era che la zampetta di una lucertola, l'ultimo pasto di Ciro fossilizzato nell'intestino».
Todesco si accorge di aver parlato anche troppo, c'è tutto il mondo in attesa di conoscere tutti i segreti del dinosauro meglio conservato al mondo: «Hanno visto addirittura i muscoli della coda», bisbiglia. Tutto il resto il mondo lo scoprirà oggi alle 11.