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mercoledì 12 novembre 2014

lunedì 2 dicembre 2013

La leggenda della Dona Selvatica a Roverchiara


"Molti anni fa, per evitare che i bambini del paese e della frazione si avventurassero da soli sugli argini del fiume, rischiando di cadere in acqua e di annegare, si raccontava loro che in una buca lungo le rive vivesse la «Dona Selvatica», una strega mangia-bambini. La «Dona Selvatica», meglio conosciuta come la «Vecia Barbantana», sarà la protagonista della serata dei misteri, che si svolgerà sabato prossimo a Villa Biondani, in località Casotta delle Maddalene.
Si tratta di una leggenda considerata una delle più spaventose tra quelle raccolte dallo scrittore Dino Coltro nel libro «Fole Lilole». Si narrava, infatti, che sotto l´argine di Roverchiaretta, dentro ad un bosco, ci fosse un gran buco tondo e che questo fosse la tana di un´anguana, un essere metà donna e metà serpente. Nessuno l´aveva mai visto, ma tutti sentivano le sue urla forti e spaventose nella notte, come di un cane arrabbiato. Era convinzione che la strega mangiasse i bambini che si perdevano sugli argini, gettando a terra le loro ossa dalle quali nascevano gli arbusti di sanguinello."  

Dall'articolo "Rivive la leggenda della Dona Selvatica, L'Arena, 14 novembre 2013

giovedì 11 aprile 2013

Catturato il mostro del fiume Adige


L'Arena 
giovedì 28 marzo 2013



MONTEFORTE. Eccezionale cattura vicino a Ponte Catena, in città: il grosso esemplare pescato con un'esca artificiale

Trota di 10 chili: preso il «mostro dell'Adige»

Gabriele Bolla pensava di avere la lenza impigliata Ha impiegato 50 minuti per portare a riva il pesce



Sotto ponte Catena un pescatore montefortiano acchiappa «il mostro dell'Adige». Gabriele Bolla ci ha messo 50 minuti per tirar fuori dall'acqua una trota marmorata di 10 chili e 200 grammi. «Un esemplare spettacolare, 105 cm dalla testa alla coda, 15 anni d'età stimati. Se ancora ci penso, mi tremano le gambe», dice emozionato il socio dell'Associazione pescatori di Verona.
E' successo tutto sabato mattina: «Volevo andare sotto ponte Catena a tutti i costi e ho dovuto faticare per convincere mio cugino Christian. Alla fine ho vinto io e siamo approdati in città. Lui si è spostato verso valle e io sono rimasto sotto il ponte», racconta Bolla, pescatore da sempre, «e ho buttato la lenza al largo. Dopo un po' ho sentito dei colpi molto forti, ma francamente pensavo di essermi impigliato in qualcosa. Ho iniziato a tirare e ho visto la canna piegarsi in modo impressionante».
Tira e tira, a un certo punto dal pelo dell'acqua fa capolino la testa enorme di una trota. «Mi sono messo a urlare e ho cominciato a tirare ma avevo il braccio piegato. E' venuto in aiuto un ragazzo che era lì a pescare e nel frattempo mio cugino è corso verso di me. Io tenevo la canna e loro mi aiutavano: ci abbiamo messo 50 minuti a farla uscire dall'acqua».
Quando hanno capito cosa aveva abboccato i tre sono rimasti a bocca aperta: «Un mostro, il mostro dell'Adige. Si sa che lì è un posto buono, ma una roba così! Il massimo che mi era capitato, fino a sabato, erano esemplari sui tre chili». Bolla ha dovuto prender fiato davanti ad un bicchiere e s'è rifugiato nel baretto all'angolo di ponte Catena: «Il barista è rimasto sconvolto. Mi ha chiesto una foto perchè una roba simile non gli è mai capitato di vederla in tanti anni».
La trota da guinness Bolla se l'è portata via a spalle, come un trofeo di caccia più che di pesca e quando l'ha guardata con attenzione è sbiancato: «Mai visti denti simili! Nella bocca del pesce ci entrava tutta la mano e il polso». A casa sua la foto del trofeo è un ingrandimento già in cornice. La trota, invece, beffata da un'esca artificiale in metallo che nel movimento ondulante imita un argenteo pesciolino, è finita nel congelatore: «Non so come si chiamasse, ma vorrei ringraziare quel ragazzo che mi ha aiutato. Ha fatto a tempo a dirmi che da due settimane è in cassa integrazione e che in 15 giorni di pesca quotidiana aveva preso giusto due trote da sei etti: beh, qua ce n'è anche per lui che quasi quasi sveniva davanti ad un esemplare del genere».P.D.C.

lunedì 11 marzo 2013

Il Badalisc al raduno delle maschere antropologiche


Bresciaoggi
venerdì 08 marzo 2013

CEVO. Andrista ha allargato gli orizzonti

Mostri etnografici
Una trasferta a Sud 
per il «Badalisc»

La maschera è finita in Basilicata

Tricarico è una cittadina della Basilicata legata alla «Federazione europea città del Carnevale», ma l'«evento mascherato» che ha ospitato nei giorni scorsi aveva poco del profano e molto del colto. E c'era anche un «mostro» della Valcamonica al secondo «Raduno delle maschere antropologiche» organizzato dalla Pro loco; un evento che ha visto partecipanti da mezza Italia. 
A rappresentare la Lombardia c'era il «Badalisc», la maschera mostruosa di Andrista di Cevo che ogni vigilia dell'Epifania viene «catturata» al termine di una caccia rituale e costretta a svelare agli abitanti del paese tutti i segreti e i gossip di cui è venuta a conoscenza nell'anno appena trascorso.
Ad «accudire l'animale» nel suo primo viaggio al di fuori della provincia di Brescia e ad arricchire il contenuto culturale della manifestazione c'erano Luca Giarelli e Marta Ghirardelli dell'associazione «LOntànoVerde», chiamati in Basilicata anche con lo scopo di presentare il volume da loro curato e intitolato «Carnevali e folclore delle Alpi. Riti, suoni e tradizioni popolari delle vallate europee». Il testo sarà nuovamente presentato a Malegno il 22 marzo.  

venerdì 11 gennaio 2013

In Valcamonica a caccia del Badalìsc


Bresciaoggi
8 gennaio 2013 – LETTERE

Anche quest'anno ad Andrista di Cevo, in Valle Camonica, la notte tra il 5 e il 6 gennaio, i giovani del paese si sono recati nei boschi, secondo la tradizione, per catturare il Badalìsc, uno strano essere che abiterebbe nelle foreste. Dopo essere stato avvolto e legato, il fantomatico animale è stato portato per le vie dell'abitato, scortato da figure evocative: il Giovane, il Vecchio, la Vecchia, il Gobbetto e la Signorina. Quest'ultima, risvegliando le pulsioni erotiche del mostro, rappresenta il richiamo all'energia del rinnovamento e della fecondazione, in attesa della primavera. Poi il mostro entrando nei locali (nelle stalle) ha inveito contro gli ingenui, gli sprovveduti e i disonesti, portando alla luce ciò che durante l'anno è rimasto nascosto: quasi una purificazione laica delle coscienze. In piazza si è svolta la "'Ntifunada", il "Discorso del Badalìsc", in cui sono stati "svelati" segreti e tresche.
La tradizione tramanda che il "Badalìsc" sia un mostro simile a un drago erede di culti ancestrali. Con i suoi occhi infuocati, le lunghe corna, la bocca spalancata e il corpo rivestito da pelli di capra, da innumerevoli generazioni sconvolge l'immaginario di ogni bambino e incute timore agli uomini perché mette in piazza le loro miserie.
Il Badalìsc è una sorta di chimera, che assembla gli elementi demoniaci di gatto, caprone e serpente. È una divinità ctonia (sotterranea), legata alla terra e al culto dell'acqua: poco lontano da Andrista, incisa su una pietra, si trova una figura antropomorfa che lo richiama, con piccole corna e posta sopra una specie di calderone. 
La tradizione vuole che le donne spruzzino acqua santa nei cortili e nelle stalle prima del suo passaggio, per proteggersi dai suoi poteri malefici. E nel suo Bestiario, Leonardo da Vinci lo considerava la rappresentazione della crudeltà: "Il basalischio è di tanta crudeltà che quando colla sua venenosa vista non po occidere li animali, si volta all'erbe e le piante e fermando in quelle la sua vista, le fa seccare". 

mercoledì 17 ottobre 2012

Insetti dentro l'orecchio, un incubo...

Esistono leggende metropolitane su insetti che depositano le uova sotto la pelle umana e insetti che effettivamente lo fanno. Nel caso vi succedesse, questo articolo potrebbe esservi utile...

Gazzetta di Mantova, 15 ottobre 2012


martedì 18 settembre 2012

Dino Buzzati a caccia di misteri




L'Arena

venerdì 31 agosto 2012 – CULTURA


BOSCOCHIESANUOVA. Gli eventi culturali al Film festival della Lessinia


I miracoli lasciati
in testamento
da Dino Buzzati

Il reading «In Val Morel, a caccia di misteri» interamente dedicato all´ultimo libro del giornalista, scrittore e pittore bellunese


Quale miglior miracolo di far rivivere un miracolo inesistente? Anzi, 39 miracoli. Quelli che Dino Buzzati, alla vigilia della sua morte giunta nel gennaio 1972, quarant´anni fa, volle consegnare in forma congiunta di dipinto e di scrittura come una specie testamento spirituale, tra ironia, fantasia e leggerezza. Il miracolo è riuscito a Maria Teresa Ferrari, critica d´arte e appassionata studiosa dello scrittore bellunese, che nel corso del recente Film festival della Lessinia a Boscochiesanuova ha dedicato a Buzzati ben tre momenti: un piccolo estratto di un lavoro più ampio, Le crode di Dino, in apertura; una mostra dei fantastici bastoni figurati di Sergio Billi ispirandosi a Il segreto del bosco vecchio, per tutta la durata della rassegna; e infine, a metà festival, un reading - In Val Morel, a caccia di misteri - con accompagnamento di immagini e corredo critico interamente dedicato al suo ultimo libr! o, I miracoli di Val Morel, con le voci di Susanna Brunelli e Walter Peraro, in una affollatissima Sala Olimpica del teatro Vittoria.
«È un lavoro che compendia l´opera buzzatiana», spiega la Ferrari, «perché unisce parole e immagini. E Buzzati era, come si sa, giornalista, scrittore e pittore. Nello stesso tempo riassume in sé tutto i fantasmi letterari, l´iconografia e i paesaggi fantastici e le cronache giornalistiche che l´hanno accompagnato per tutta la vita. Le immagini erano nate per una mostra che gli era stata chiesta da Renato Cardazzo nel 1970 per la sua nuova galleria, la Naviglio di Venezia. Buzzati aveva dipinto 39 quadri, immaginandoli come ex-voto dedicati a Santa Rita, la santa dei miracoli impossibili, per salvataggi operati tra il 1500 e i primi del ´900, tutti avvenuti su quelle montagne bellunesi che lui adorava».
«E non è un caso», aggiunge, «che, sapendo già di dover morire, egli abbia voluto dedicarsi negli ultimi mesi di vita a questo ritorno alle origini,  alle sue radici montanare, lontano da quella Milano che era stata al centro invece dell´altro libro di parole e immagini, Poema a fumetti, di un paio d´anni precedente».
Dopo la sua uscita il libro era diventato oggetto di culto per gli apassionati ma era uscito di fatto dal mercato fino alla riedizione, nel gennaio di quest´anno, da parte della Mondadori. E l´occasione era troppo ghiotta perché la Ferrari se la facesse sfuggire.
E non solo ha rimontato le storie seguendo un ordine tematico, ma ha arricchito l´incontro mostrando, a sorpresa, un´intervista fatta a Buzzati sui suoi Miracoli da Antonio Donat Cattin, per la rubrica Arti e Lettere della Rai, nella quale lo scrittore fa una specie di dichiarazione di intenti. «Una certa dose di gioco c´è senz´altro», dice, infatti. «Però, da parte mia, non c´è nessuna intenzione di irriverenza, di dissacrazione. Ho portato quella che
 la fede popolare dei miracoli sul piano di favola, di leggenda. Però non avevo nessuna intenzione di dire delle cose complicate, o particolarmente profonde. Ho semplicemente raccontato delle storie che mi sembrava si innestassero bene nello spirito della gente di questa valle».
E a seguire ha fatto vedere un altro servizio televisivo dove Buzzati dichiara il suo amore per la pittura (definita l´attività che lo diverte di più) e viene mostrata l´inaugurazione di una sua mostra, nel 1966 alla galleria Medea di Cortina d´Ampezzo, tra Montanelli, Renzo Cortina (suo gallerista), Arnoldo Mondadori, Domenico Porzio, Milena Milani, Antonella Lualdi e altri protagonisti del jet set cortinese.
Ma torniamo ai Miracoli. Risentirli e rivederli seguendo un ordine tematico – gli animali, le bestie fantastiche, la montagna, le cronache , spesso molto erotiche – ha rappresentato per gli spettatori, tra cui molti appassionati di Buzzati, ! una vera e propria riscoperta di un mondo fantastico e di un artista ch! e ha precorso i tempi.
 

sabato 18 agosto 2012

A Verona la leggenda della Muletta


L'Arena
mercoledì 15 agosto 2012

LA LEGGENDA. È scolpita in legno di fico

La «Muletta» e la pelle
dell´asino di Gesù


Si trova nella cappella a sinistra dell´altare: la statua lignea nota popolarmente come «Muletta», fino all´Ottocento era portata in processione la Domenica delle Palme e nel giorno del Corpus Domini mentre i veronesi la seguivano con rami d´olivo per ricordare l´entrata di Gesù in Gerusalemme, città santa per eccellenza, dove le famiglie ebree dovevano recarsi per celebrare la Pasqua. 
Realizzata in legno di fico e con ogni probabilità risalente al XIV secolo, sconfina nella leggenda. Si dice venne scolpita in Trentino da un monaco che poi l´affidò alle acque dell´Adige. La statua si arenò proprio nel canale dell´Acqua Morta davanti alla chiesa di Santa Maria in Organo (interrato solo dopo la piena del 1882). 
I frati la custodirono per secoli, finché la tradizione della processione ebbe fine per evitare le accuse di idolatria da parte dei protestanti. «Secondo un´altra leggenda», aggiunge Davide Galati, «al suo interno sarebbe conservata la pelle dell´asino che portò sul dorso Gesù. L´animale sarebbe morto a Verona dopo esservi giunto dalla lontana Gerusalemme». E.PAS.


giovedì 9 agosto 2012

Insetti e animaletti invadono il basso Garda?

Invasione di insetti e animaletti sul Garda? Ci ho costruito, in tempi non sospetti, un racconto ambientato a Tremosine e inserito in "(I) racconti fantastici del Garda". A quanto pare ho solo anticipato la cronaca...



Il Giornale di Brescia, 9 agosto 2012