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martedì 17 marzo 2015
Leggende del Garda a Mantova
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mercoledì 14 gennaio 2015
sabato 15 novembre 2014
Leggende dal Garda a Verona: oggi alla Libreria Minerva
Dal lago di Garda a Verona e
ritorno... attraverso vie misteriose e sconosciute!
Si parlerà di streghe, fate
e personaggi magici sabato 15 novembre alle 17,30 alla Libreria Minerva di Verona (corso Porta
Nuova 86) con l'autrice Simona Cremonini, che presenterà i suoi quattro libri di narrativa e saggistica sulle
leggende del lago di Garda, con i
quali ha ripercorso e narrato in una nuova veste storie ormai perlopiù
dimenticate.
L'evento è inserito nel
calendario del festival Spettacoli di Mistero 2014.
Racconti del fantastico,
storie di un passato dipinto di miti, misteri, aneddoti incredibili e fatati, sono il filo conduttore che lega, a doppia corsia,
le leggende narrate dalla tradizione popolare dei paesi e delle colline attorno
al lago di Garda e la narrativa di Simona Cremonini, giornalista e scrittrice
che, sull’antico “Benaco”, ha una seconda casa sia personale sia letteraria.
Nel 2012 l'autrice ha
pubblicato il saggio "Leggende, curiosità e misteri del lago di
Garda" e l'antologia "I racconti fantastici del Garda"; nel 2013
il saggio "Misteri morenici"; nel 2014 "Garda Doble",
quattro storie sul tema del doppio ispirate a leggende e storie del lago di
Garda.
Per info: www.leggendedelgarda.com -
info@libreriaminerva.org - Tel. 045/8003089.
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venerdì 18 luglio 2014
Tra i covoli nella Notte del diavolo: domani a Marano di Valpolicella
L'Arena
venerdì 18 luglio 2014
Nella Notte del diavolo
si affronta l'oscurità
per ripararsi nei covoli
Avete mai provato a camminare di notte per i boschi per poi entrare in una grotta carsica illuminata? Questa è la suggestione da cui parte l'evento «La Notte del diavolo» organizzato dalla Pro loco di Marano, che si terrà domani alle 20 a Malga Biancari. Una notte in compagnia che prevede cena e passeggiata nel bosco, fino ad arrivare ai Covoli di Marano, illuminati. Ed è proprio da una di queste grotte carsiche, che ospitano al loro interno uno scenario di stalattiti e stalagmini unico per la zona, che l'iniziativa prende il nome. La grotta conosciuta dagli abitanti e dagli studiosi di biologia e di preistoria come il Coalo del Diaolo può far sorgere numerose suggestioni, così da una di queste è partita l'idea degli organizzatori, come se il diavolo, o qualche suo sostituto, avesse scelto la grotta come dimora e si aggirasse di notte nei boschi. «In una notte d'estate si rovesciano le consuetudini: la grotta, normalmente buia, si illumina, mentre l'intorno, il bosco, solitamente rischiarato dai raggi del sole, appare scuro. Così, in un incantesimo che dura poche ore, la grotta diventa un riparo sicuro, un luogo ospitale per chi vi giunge al termine di una suggestiva camminata immersa nelle tenebre», afferma il presidente della Pro loco, Dario Degani. Il tutto, al prezzo di 12 euro a persona, viene proposto in combinazione con una cena a malga Biancari. Da qui, alle 22, si parte per la passeggiata e la visita ai covoli illuminati. La partecipazione della Protezione civile garantirà la sicurezza sul percorso boschivo. Gli organizzatori consigliano inoltre, per rendere più agevole l'esperienza e come misura protettiva, di indossare calzature adatte a terreni scoscesi o da trekking e di portare una torcia elettrica. La malga si trova in località Girotto, che si raggiunge percorrendo la strada provinciale da San Floriano a Pontarola, poco dopo l'abitato di San Rocco, da lì si prende a sinistra la strada, e dopo circa 500 metri si arriva a destinazione. La preiscrizione è obbligatoria, telefonando in orario pasti ai numeri 045 7755018 o 331 3530360. A.C.
sabato 8 febbraio 2014
giovedì 10 ottobre 2013
domenica 1 settembre 2013
venerdì 23 agosto 2013
venerdì 19 luglio 2013
Le colline del basso lago di Garda si tingono di mistero
COMUNICATO STAMPA - Tornano i viaggi nel mistero locale della giornalista Simona
Cremonini, che dopo la guida per viaggiare tra le leggende del lago di Garda
propone per l’estate 2013 il nuovo “Misteri Morenici”: un viaggio nella
fantasia popolare, fra i culti, i simboli, le storie fantastiche e le leggende
che ancora oggi sedimentano lungo le colline moreniche del basso lago di Garda.
“Misteri Morenici” segna un percorso affascinante e inedito
tra le province di Mantova, Brescia e Verona, narrando gli enigmi di quello
che, come ricordato nel libro e in fascetta, il Solitro ha definito “il più
vasto, perfetto ed ammirevole anfiteatro morenico, che vanti l'Italia”.
Medole, Cavriana, Solferino, Castiglione delle Stiviere,
Montichiari, Lonato del Garda, Valtenesi, Desenzano del Garda, Lugana, San
Martino della Battaglia, Pozzolengo, Peschiera del Garda, Ponti sul Mincio,
Monzambano, Volta Mantovana, Guidizzolo, Valeggio sul Mincio, Castelnuovo del
Garda, Sona, Custoza, Lazise: sono le
tappe di questo tragitto mistico, a tratti esoterico, di cui si può andare alla
scoperta con la nuova “guida del mistero”. La copertina è dedicata al Monte
Corno di Desenzano del Garda, santuario naturale teatro di antichi culti di eco
celtica.
Misteri Morenici, come spiega la quarta di copertina, è “Una
passeggiata tra le colline moreniche del basso lago di Garda lungo le storie di
spettri e fantasmi, mostri e animali simbolici, antichi culti mai sopiti tra
religione celtica e cristiana, mitologia, streghe, creature fantastiche, fate,
leggendarie città sommerse, tavolette enigmatiche, presenze infernali e
trabocchi sulfurei”.
Il libro è edito da PresentARTsì, "bottega di prodotti culturali" di
Castiglione delle Stiviere, che della stessa autrice ha pubblicato lo scorso
anno i due fortunati libri precedenti “(I) racconti fantastici del Garda” e il
saggio “Leggende, curiosità e misteri del lago di Garda”, uscito in queste
settimane nella versione inglese, nonché nel 2013 Il breve saggio “La paura
danza in collina”, che attraverso un viaggio nel rapporto tra letteratura
horror e collina completa idealmente Misteri Morenici.
I libri sono distribuiti presso
la libreria Mr Libro di Castiglione delle Stiviere e nelle altre librerie e
punti vendita indicati sul sito www.leggendedelgarda.com,
nonché sulla pagina facebook di PresentARTsì.
Editor, giornalista, autrice
di narrativa e di articoli su folklore e leggende, Simona Cremonini ha
presentato racconti su e-book e pubblicazioni cartacee, tra cui tra i più
recenti "Il gioiello di Crono" e “Storie di gente a pezzi” (Delmiglio
Editore 2012), “La bottega dell’erborista” (Delmiglio Editore 2013). Piazzata
in diversi concorsi letterari di genere, ha vinto l’edizione 2005 del Premio
Akery, sezione horror.
Per acquistare i libri e per informazioni: tel. 0376
636839 – associazionepresentartsì@gmail.com.
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domenica 14 aprile 2013
I misteri del lago di Garda a Pacengo
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mercoledì 27 febbraio 2013
Il pittore della leggenda del Palazzon di Sorgà
L'Arena
mercoledì 27 febbraio 2013
SORGÀ. Olirco Bozzini si è diviso per anni tra la sua officina e i pennelli
Meccanico di giorno
e pittore naif di notte
In uno dei quadri premiati in importanti concorsi ha raffigurato anche la leggenda del «Palazzon»
Una vita intera da meccanico ma con una grande passione: la pittura. Olirco Bozzini, classe 1948, pensionato, non ha mai frequentato accademie o scuole d'arte ma si è lasciato guidare dalla passione per la pittura semplice, meglio conosciuta come naif, che è diventata famosa con l'altrettanto celebre Antonio Ligabue, precursore italiano di questa tecnica pittorica. Nelle scorse settimane, il nostro meccanico-pittore è balzato agli onori della cronaca quando una troupe televisiva ha girato un documentario sulla leggenda che circonda il «Palazzon del diàlo».
Infatti, attorno alla storia sul diavolo che avrebbe abitato l'antico palazzo, Olirco ha illustrato in un suo dipinto una delle tante versioni popolari che circolano in paese. Il dipinto, regalato ad un amico, lo realizzò nel 1982 e, in quello stesso anno, fu premiato ad un concorso nazionale che si tenne ad Arona, sul Lago Maggiore. «Ho cominciato da ragazzo a fare il meccanico con mio padre», racconta Olirco, che abita in centro a Sorgà, proprio sopra la sua officina. «Di giorno aggiustavo auto e motori mentre di sera, dopo cena, magari anche fino all'una, mi ritiravo in una stanza a dipingere». Olirco ricorda che il suo primo dipinto è stato il ritratto della nipote Livia, nei primi anni Settanta.
«Dipingevo di notte per rilassarmi ma anche perché era il momento della giornata in cui c'era il massimo silenzio e riuscivo a concentrarmi. Non si deve dimenticare che il pittore naif lavora parecchio di fantasia. Ero un autodidatta ma mi aiutò molto un caro amico, Roberto Paparini, che aveva frequentato la scuola d'arte a Mantova. Mi insegnò le tecniche della pittura che poi negli anni ho affinato». I soggetti ritratti in un centinaio di quadri sono di fantasia ma riprendono anche la vita del paese: dai bozzetti per i presepi viventi alle feste sull'aia. I quadri prodotti in 40 anni, tranne quei pochi appesi alle pareti di casa, li ha regalati. Negli anni '70, il periodo di maggior produzione, Bozzini ha partecipato a diversi concorsi e mostre, non solo in Italia, a Venezia, Como, Ciano d'Enza, Genova, ma anche a Parigi insieme a famosi pittori naif come Gino Covili, Antonio Donati, Brenno Benatti. «Nel 1975», ricorda Olirco «alla mostra dedicata ai pittori naif italiani di Genova, tra le 200 opere esposte ne furono scelte 40 da inviare al Salone delle Nazioni a Parigi: tra queste c'era anche un mio dipinto».
lunedì 25 febbraio 2013
Gli amuleti di D'Annunzio al Vittoriale, torna il Ponte delle corna
Delle superstizioni di D'Annunzio e delle curiosità al riguardo presenti nel Vittoriale parlo anche nel mio libro, "Leggende, curiosità e misteri del lago di Garda"
L'Arena
giovedì 21 febbraio 2013
GARDONE. È stato ripristinato nel parco della villa sul lago un luogo di rituali scaramantici
Al Vittoriale torna il Ponte delle corna
«Io che ne ho messe tante ho in dono tante corna» scherzava il poeta. Faceva passar di lì i menagramo
Il Vittoriale, la villa con parco a Gardone, sulla riva bresciana del Garda, riaprirà ai visitatori dal 12 marzo anche il Ponte degli scongiuri sulla Valletta dell'Acqua pazza (già Valletta del Riotorto): vi si accederà dal Frutteto, risalendo dal Laghetto delle danze sino al Ponte delle teste di ferro; nessun annuncio, invece, sulla Torre San Marco, darsena di d'Annunzio e luogo fra i più suggestivi del Garda.
Il Vittoriale rigurgita di amuleti: corna contro la iettatura (sulla porta del Casseretto) e altri simboli, a cominciare dal diavolesco mostro, cornuto e linguacciuto, chiuso nella nicchia del tabernacolo sulla facciata della Prioria, purtroppo rubato. E come se ciò non bastasse, volle innumerevoli scritte propiziatrici a protezione della dimora. Il Ponte degli scongiuri aveva appunto funzione scaramantica. Gabriele d'Annunzio ne fece cenno nel 1925 al falegname Giacomino Scarpetta di Gardone, uno dei molti artigiani chiamati a lavorare nella «santa fabbrica»: «Mio caro Giacomo, ho in dono – per il mio Ponte degli Scongiuri – tante belle corna, io che ne ho messe tante! O ironia!»
Il ponte finì in cartoline, come qualla che pubblichiamo e così lo descrisse Raffaello Biordi: «Al Vittoriale sopra un piccolo corso d'acqua volle il ponticello degli scongiuri, ornato di corna di cervo, di alce e di speroni di gallo: chi vi passava sopra era tenuto a pagare il pedaggio perché solo così si determinava l'aura magica propizia; ma egli vi faceva passare, a ogni buon conto, tutti quelli che riteneva menagramo e la cui nefasta influenza fosse necessario neutralizzare». Gettando una moneta in una fenditura del terreno il poeta affermava che la fortuna e ogni desiderio, pensati nell'attimo dell'offerta, sarebbero stati realizzati.
Altro manufatto curioso della Valletta dell'Acqua pazza è il Ponte delle teste di ferro, segnalato dalla prima guida del Vittoriale del 1927, costruito in pietra bianca di Verona, con parapetti e sedili; sui pilastri una decina di grandi proiettili d'artiglieria donati al poeta dal Duca della Vittoria della Grande Guerra, il maresciallo Armando Diaz; fu ricostruito negli anni Novanta. Destava curiosità anche il Ponte delle lepri distrutto e non più ripristinato. Era stato costruito in legno, ornato da quattro lepri scolpite, sempre nel legno. La credenza popolare vuole che la lepre, poiché corre veloce, sia figlia del diavolo. Per altri, invece, sia animale guida nel mondo del mistero.A.M.
lunedì 28 gennaio 2013
Al Palazzon del diavolo un neonato sepolto
L'Arena
venerdì 25 gennaio 2013
SORGÀ. Emergono altri particolari sulle «presenze» all'interno della villa, di recente studiata da un gruppo di esperti
«C'è un bambino appena nato
sepolto al Palazzon del diaolo»
Onelia Foroni Recchia, sensitiva di Verona, visse dai 13 ai 18 anni nell'edificio e da subito avvertì «il dolore degli spiriti rimasti lì»
Se fosse un'indagine poliziesca, si direbbe che cominciano ad emergere sempre più particolari sul mistero delle presenze al «Palazzon del diaolo» di Sorgà. In realtà, a mano a mano che se ne parla, spuntano testimoni che per tempo si sono tenuti per sé i segreti scoperti nella villa perché, si sa, di queste cose - di persone morte che «vivono» in una casa - non solo non è facile parlarne, ma lo scetticismo mette in difficoltà gli stessi che hanno vissuto queste esperienze «paranormali». Il loro non è un mestiere, ma una capacità di captare e sentire che qualcuno possiede ed altri no.
La signora Onelia Foroni Recchia è una deliziosa e sorridente signora di 86 anni che «vede» le anime fin da quando era piccolissima. E, ancora oggi, è in contatto con esse, anzi, sono loro che la chiamano, dice. «Non evoco i defunti», precisa, «sono loro a presentarsi a me». In comune con altri sensitivi, anche le visioni della signora Foroni sono iniziate nell'infanzia e non l'hanno spaventata affatto. Da piccola giocava con i «bambini che arrivavano attraverso i muri», racconta, «poi mia nonna, anche lei medium, mi chiamava per la cena e mi diceva che era ora che li mandassi via e andassi a tavola».
Poi di anni ne sono passati, ma non è mai passato, in lei, il suo straordinario senso percettivo.
Dai 13 ai 18 anni, Onelia Foroni dovette scappare dalla sua casa di Verona perché la città era assiedata dalle bombe della seconda guerra mondiale; si rifugiò nelle pertinenze della villa dei conti Murari-Bra, dove lo zio lavorava come fattore. «Avevano ampissimi possedimenti», racconta la signora, «e già allora c'era la diceria che il palazzon fosse abitato da spiriti. Un giorno sentii una fortissima negatività pervadermi: era dolore, e proveniva dal palazzo. Non vi entrai, però: allora la mia unica preoccupazione era partire prestissimo la mattina in bicicletta per andare a lavorare a Verona, come sarta, e tornare la sera».
Finché un giorno, inaspettatamente avvenne una rivelazione sul luogo dove era vissuta durante l'adolescenza: «Successe durante una seduta: un'entità mi disse che sapeva che avevo abitato accanto al palazzon del diaolo dai 13 ai 18 anni, e che lì dentro era stato sepolto un bambino appena nato. Quella villa è piena di presenze e stanno male, ecco perché sentii tutto quel dolore provenire da essa, perché queste anime non si rendono conto di essere morte, sono bloccate dentro se stesse, non hanno preso coscienza di sé e non si sono sciolti i sette corpi astrali che hanno ricevuto al momento della nascita di ognuno di noi. Quando si muore», spiega la sensitiva, «si perdono via via i sette corpi, senza sofferenza, ma se il decesso è violento, improvviso, questo processo può non avvenire o avvenire con molta lentezza, durare decenni. C'è da sperare, ma dubito, che quel neonato fosse già morto quando venne sepolto nel palazzo. Di certo è lì da almeno 100 anni. A mio parere, e per quello che ne so io, togliere la vita a un bambino è uno dei delitti più efferati e non solo per come lo percepiamo oggi in senso morale, ma perché prima che ognuno di noi nasca, gli «enteli», entità dell'altro mondo, preparano con cura la discesa dell'anima sulla terra e mostrano come sarà tutta la sua vita».
«Per esempio», prosegue per spiegare meglio una materia non così facile da accettare razionalmente, «se dei ragazzi muoiono in incidenti stradali, quasi sempre succede che loro non si accorgono di essere morti e credono di sognare, pensano di essere vivi: per questo certe presenze si comportano esattamente come quando erano in questo mondo».
Ma, al «palazzon» c'è il diavolo, come tramanda la leggenda? «No, non c'è il diavolo. Nell'aldilà c'è solo amore. Me lo dicono tutti, per primo mio marito, che mi sta sempre accanto dal giorno in cui morì. Mi ha parlato a lungo, dopo il suo funerale, e anche mio figlio, che morì a 21 anni in un incidente di moto».
A parlare con Onelia, la paura delle paure o, almeno, la più diffusa tra gli esseri umani - quella della morte - si dilegua. Secondo la sensitiva ci aspetta non solo un posto «pieno di amore ma anche un ritorno in terra, sotto altro aspetto o anche sesso. Ma questo non avviene subito, può capitare anche dopo decenni».
Di pre-visioni, la signora Onelia ne ha avute parecchie, insieme ai contatti con l'aldilà - uno fra tutti, con Dante Alighieri che a lungo le spiega quanto fosse innamorato di Beatrice ma, sposato, non osò mai toccarla - come quella dell'appartizione della sua casa, fin nei minimi particolari, e prima che fosse costruita.
giovedì 24 gennaio 2013
recensione: "Il grande fiume Po"
Tra saggio e racconto, percorrendo una linea armoniosa che ondeggia tra la storia e le leggende fluviali: come il fiume in piena quando scende verso valle, Guido Conti attinge e trascina con sé tutto ciò che può per raccontare “Il grande fiume Po” e le sue correnti, che nei secoli insieme hanno spesso scritto indice e trama per uomini, popoli, viaggiatori, letterati e avventurieri che hanno abitato i suoi argini e sono transitati per queste terre.
L’autore inizia il suo viaggio da Plan del Re, dove il Po si mostra per la prima volta tra i prati; da qui ne percorre fisicamente il tragitto fino alla foce, dove l’acqua dolce si confonde con quella salata, per raccontare la geografia e la storia delle sue sponde. Ma soprattutto ne riesplora le storie, i miti, le narrazioni, che da sempre si sono identificate con l’Eridano, l’antico fiume narrato fin dagli albori della civiltà greca da Esiopo, e che tutt’oggi continuano a essere oggetto di ispirazione per autori e cantastorie contemporanei. Per Conti, parmigiano, non è solo un viaggio nella vita delle sue terre, ma lo è anche dentro se stesso, lungo le tracce che il Po lascia dietro e attorno a sé e che non possono certo lasciare indifferente chi vive in uno dei numerosi luoghi lambiti dal fiume. Posti differenti, città, affluenti, paesini, che possiedono ciascuno un proprio carattere. “Il Po che passa per Torino e accarezza il Parco del Valentino è diverso da quello dell’Oltrepò pavese e da quello che comincia a Piacenza, e non è lo stesso che solca la pianura fino a Mantova; da Ferrara al delta il fiume cambia di nuovo aprendosi come un fiore di canali verso il mare. Il Po è sempre se stesso ma è sempre diverso ogni volta che lambisce un territorio. Una metamorfosi continua”.
La storia di un fiume come il Po è fatta di letteratura e musica, delle Canottieri sportive ma anche delle guerre qui combattute e delle difficoltà affrontate per sopravvivere a dispetto del fiume stesso: “Il desiderio di governare le acque del grande fiume, la realizzazione dei canali, degli argini, le bonifiche delle paludi con il prosciugamento del lago Gerundo intorno all’anno Mille: a nord del Po tutto questo ha il sapore della battaglia. Strappare la terra al fiume per prosciugare gli acquitrini. Vincere la malaria è stata una lotta millenaria che ha portato alla costruzione di complessi canali di bonifica, all’innalzamento degli argini, alla creazione di pennelli nel corso del Po per guidare la corrente che rode le sponde. È una lotta con un mostro, il grande fiume, che alza la schiena quando vuole, rompe gli argini e allaga la campagna ogni volta, mostrando agli uomini che la natura regna sovrana anche dove l’uomo progetta, costruisce e ordina con la sua intelligenza".
In oltre 400 pagine, che letteralmente “scorrono” e che possono essere anche sfogliate e lette secondo un proprio ordine e percorso, la memoria del fiume diventa la vera protagonista attraverso gli incontri, le letture, le fotografie, le cartine, le chiacchierate e i momenti di silenzio che a Guido Conti sono necessari per raccontare una storia semplice ma oscura, stratificata e mai banale, perché il fiume può essere silenzioso e a volte discreto, ma mai è indifferente: “Una presenza-assenza che attraversa la città e la pianura verso il mare. Lui porta via anche le nostre storie e le voci del mondo, un fiume infernale, nel buio della notte”.
Simona Cremonini
giovedì 17 gennaio 2013
Sorgà, gli spettri del Palazzo del Diavolo
L'Arena
mercoledì 16 gennaio 2013
SORGÀ. I «Ghost Hunters Team» sono rimasti esterrefatti per il gran numero di «presenze» che sono state rilevate al «Palazzon del diaolo»
«Uno spettro della villa ci ha parlato»
Il gruppo di esperti, oltre alle voci femminili in coro che provenivano dal pozzo, hanno avuto risposta da un certo Alfio: sarà il parroco della leggenda?
Del diavolo - che dà persino il nome al luogo - non hanno trovato traccia. Eppure dal «Palazzon del diaolo» sono usciti loro stessi esterrefatti. Si aspettavano, certo, di trovare «qualcuno», delle presenze, forti anche delle testimonianze arrivate da Sorgà su fenomeni strani che accadevano sia dentro la villa che nelle case accanto ad essa. Sapevano insomma, ma non che ci fossero così tante presenze e per giunta misteriosissime.
Mentre nel castello di Bevilacqua i fantasmi che si sono manifestati sia ai proprietari che agli ospiti del relais sono noti e appartengono alla nobiltà che viveva nel maniero, non così facile sarà comprendere chi siano coloro che hanno parlato con i «Ghost Hunters Team», gruppo di esperti che sono stati al palazzo di Sorgà a raccogliere elementi.
Quella più inquietante è senza dubbio la risposta che una di queste presenze ha dato agli appassionati di ricerche sul paranormale: «Noi poniamo sempre domande, quando gli strumenti registrano qualcosa che può essere una voce», dice infatti il sensitivo di Milano, Daniele Piccirillo, «chiediamo chi sia a parlarci. E quella sera abbiamo ottenuto un nome: Alfio. La risposta è stata udita da tutti noi. Al pari dei cori di canti sacri che venivano dal pozzo: voci femminili. Ma il vero mistero rimane quest'uomo che non si sa, per ora, chi sia».
Mirko Barbaglia, il responsabile del gruppo, conferma: «Non sappiamo chi sia, se sia il parroco di cui parla la leggenda, che tentò di riportare i fedeli in chiesa, sulla retta via, anziché partecipare a riti orgiastici e festini nel palazzo. Verranno condotte delle ricerche storiche, così sapremo chi fosse Alfio».
Ma altre risposte sono arrivate, inaspettatamente numerose, dalle segrete e dalle soffitte del Palazzo del diavolo: «Abbiamo ricevuto anche specie di minacce: qualcuno ha gridato chiaramente "andate via di qui", un altro ci ha insultati, ma non possiamo riferire come», prosegue Barbaglia, «e comunque i canti che arrivavano dal pozzo sono durati moltissimo, almento un quarto d'ora. Siamo entrati, ma a orecchio nudo non si sentiva nulla. Questi fenomeni si chiamano metanofonia e sono ultrasuoni che si possono percepire solo con particolari strumenti».
Questo per quanto riguarda le «voci». Ma non è tutto, perché nel palazzo si è verificato un altro fenomeno misterioso: «Ad un certo punto si è alzata una palla di luce che ha fluttuato sopra il pozzo, evidentemente delle anime che volevano manifestare la loro presenza», dice Piccirilli. Senza contare altri segnali, come dita che picchiettavano sul microfono, passi, e, infine, addirittura dei tentativi di «sabotaggio»: «Avevamo posizionato un microfono con l'asta stretta a mano. Per due volte lo abbiamo trovato completamente girato e non c'era assolutamente nessuno».
Ora ogni registrazione, sia su pellicola - per ora pare che nulla si sia impresso sulle foto - che su supporto audio, sarà inviato ad esperti che sanno come sviluppare ed interpretare correttamente ogni segnale catturato.
«È certo che torneremo, questa primavera», dicono sia Piccirilli che Barbaglia, «perché c'è ancora molto da scoprire, da fare, lì dentro. Ma lo faremo in sordina per avere tutta la tranquillità necessaria per le nostre ricerche».
«Scettica ma ho assistito
io stessa a tanti eventi»
Il padre è scettico, la figlia anche, ma non può proprio dire che non esista nulla. Giacomo Murari Bra, proprietario del «palazzon», proprio non ci crede ai fantasmi nella villa: «Sono totalmente scettico. Basta leggersi cosa dice il Comitato di controllo delle attività paranormali: niente è mai stato provato scientificamente. Non è la prima volta che vengono fatte ricerche di questo tipo qui. A parte questo gruppo di ragazzi che mi parevano più seri degli altri, c'è un sacco di gente scombinata che viene in villa: traccia la posizione delle stelle sul pavimento, fa riti. Ma non succede nulla. Anzi, dal 1993, da quando una parte del palazzo è stato concessa all'associazione Amici dei Nomadi, secondo me, se anche gli spettri c'erano, se ne sono andati tutti: hanno sentito il profumo del risotto col tastal e via».
Ma mentre Murari Bra se la ride sotto i baffi, la figlia Caterina, 20 anni, studentessa, è incredula: da una parte non crede, ma dall'altra vede e sente. «Sì. Ho assistito personalmente a dei fenomeni che non si spiegano, in casa mia, vicino al palazzo», racconta la giovane. Ad esempio? «Eravamo in cucina io e mia madre e la ciotola del cane si è spostata da sola. Poi, una sera che era con noi il mio fidanzato, successe che perse le chiavi della macchina: non si trovavano e ad un certo punto caddero da soffitto. Ad un mio amico è uscito improvvisamente il portafoglio dalla tasca, senza che lui si fosse mosso».
Caterina ci è abituata. «Non ho affatto paura», dice la studentessa, «sono cose che succedono a casa mia e anche in altre case qui vicino. Essere un po' scettici va bene e pure non avere paura, anche se c'è qualcuno che invece si prende dei bei spaventi: molti gruppi si riuniscono per sedute spiritiche e ne escono davvero impressionati», conclude Caterina.D.A.
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Canti di fantasmi nel Palazzo del Diavolo
L'Arena
martedì 15 gennaio 2013
SORGÀ. Il gruppo ufficiale di ricerca sul paranormale della trasmissione «Mistero» nell'edificio «dedicato» al diavolo
I ghostbuster sentono cantare
nei sotterranei del «Palazzon»
Il «Ghost Hunters Team» ha rilevato cori sacri e una forte attività elettromagnetica Il sensitivo in «stato di disagio»
Nei sotterranei del «Palazzon del diàolo» sono stati rilevati canti corali, simili ai canti gregoriani che si sentono cantare nelle chiese e una forte attività elettromagnetica.
È questo il primo risultato delle ricerche effettuate sabato notte dal gruppo comasco «Ghost Hunters Team», gruppo ufficiale di ricerca sul paranormale della trasmissione televisiva «Mistero» di Italia 1, coordinato da Mirko Barbaglia. «Abbiamo iniziato le ricerche verso le 20,30 terminandole poco prima dell'una di notte, sia nei sotterranei sia nel sottotetto. Specialmente nei sotterranei abbiamo riscontrato una forte attività elettromagnetica di fatto inspiegabile non avendo riscontrato la presenza di fonti artificiali elettriche nel luogo», racconta Barbaglia.
Successivamente, il fonico Fulvio Caimi ha posizionato dei microfoni panoramici sull'anello sommitale del pozzo «rasadòr».
«Da questi microfoni, attraverso le cuffie, si sono sentiti, per qualche tempo, dei canti corali, simili ai canti gregoriani che si sentono nelle chiese», continua il coordinatore del gruppo di ricerca. «Siamo subito usciti all'esterno del palazzo per verificare che non ci fossero magari una radio o altri apparecchi che emettessero quei canti. All'esterno, nell'oscurità, il silenzio più assoluto circondava il palazzo. Si tratta di suoni o rumori che le nostre orecchie non avrebbero potuto percepire facendo essi parte degli infrasuoni e degli intrasuoni».
Per quanto riguarda invece le immagini registrate e le foto scattate con strumenti a raggi infrarossi e ultravioletti, «a una prima analisi superficiale, non abbiamo riscontrato alcuna figura», osserva il responsabile del gruppo Ght. «Le foto saranno comunque inviate a Torino dove un esperto del settore che ci coadiuva nelle ricerche, Alessandro Cercara, le analizzerà approfonditamente nei suoi laboratori e ci darà una risposta». Brabaglia sottolinea che tutti i partecipanti alle operazioni di ricerca, durante la registrazione dei canti e dei rumori con le apparecchiature, in contemporanea hanno percepito delle strane sensazioni.
«Dall'inizio fino alle 22,30, provammo delle sensazioni assai strane che è difficile descrivere: uno stato di disagio confermato anche dal nostro sensitivo Daniele Piccirillo. Tutto è sparito quando anche gli apparecchi hanno smesso di registrare i fenomeni».
Nel pomeriggio sono accorsi a Sorgà numerosi ragazzi e ragazze, giovanissimi, non solo del luogo ma provenienti anche dai paesi limitrofi, oltre a diversi adulti, per assistere alle operazioni di ricerca dei fantasmi, che si dice lo abitino. Per la cronaca l'unica presenza accertata e reale è quella del club «Amici dei Nomadi» che ha la sua sede al piano rialzato dell'edificio cinquecentesco.
Le operazioni sono iniziate con il volteggiare in cielo di un piccolo «drone», munito di telecamere, per riprendere dall'alto la scena entro la quale si inserisce il «palazzon del diàolo» per introdurre il servizio televisivo incentrato appunto sulla ricerca dei fantasmi.
È stata l'unica operazione cui la gente ha assistito, rimanendo alla fine delusa. La delusione è presto chiarita. Le ricerche con i rilievi strumentali per captare rumori dovevano essere eseguite dopo le 20, col calar delle tenebre, a porte chiuse. Questa scelta, se da un lato ha aumentato l'alone di mistero che circonda il luogo, dall'altro ha una spiegazione, diciamo così, pratica.
«Non è che i fantasmi o le loro “voci” si manifestino solo durante le ore notturne com'è nell'immaginario collettivo», osserva Barbaglia. «Semplicemente dobbiamo operare a porte chiuse e di notte perché le interferenze di rumori esterni sono ridotte la minimo e si evitano così sovrapposizioni nelle registrazioni che potrebbero falsarle».
Le operazioni tecniche per registrare suoni, presunte voci e rumori, sono state effettuate da Fulvio Caimi, di Milano, fonico di professione, collaboratore esterno del gruppo comasco che utilizza dei microfoni panoramici a bassa frequenza e tutto il materiale viene salvato su una multitraccia digitale.
Caimi aggiunge che il tutto verrà poi analizzato con appositi filtri mettendo in rilievo le frequenze che possono contenere una voce o un rumore. Alla fine i rumori ed i suoni eventualmente percepiti saranno catalogati come Evp (Electronic voice presence).
Alle ricerche ha partecipato anche un sensitivo, Daniele Piccirillo, per scoprire se ci sono fenomeni paranormali o di magnetismo. Tra gli strumenti usati anche telecamere a raggi infrarossi e macchine fotografiche a raggi ultravioletti per «immortale» eventuali figure di fantasmi non visibili dall'occhio umano.
LE CREDENZE. Molte le versioni tramandate. In comune pianti e urla provenienti dall'edificio
Secondo la leggenda Belzebù
nel '600 abitava quelle stanze
Fu cacciato dal parroco che benedì la casa durante una festa satanica
Il tentativo di svelare i misteri della leggenda secolare sul «palazzon del diàolo», messo in atto, sabato notte, dal «Ghost Hunters Team», ha un precedente amalogo.
Il 4 novembre 2012 il gruppo «Hespery Crew», effettuò delle ricerche i cui risultati si possono vedere in un breve filmato messo in rete. Ma perché si chiama palazzo del diavolo? E qui nasce la leggenda che il maestro Renzo Colombini, morto nel 1966, appassionato di chiromanzia, astrologia, filosofia, parapsicologia, ipnotismo, scrisse e pubblicò sui «Quaderni di vita veronese», nel 1949, una raccolta di leggende popolari della Bassa veronese.
Si racconta infatti che nel '600 il palazzo fosse sprofondato dopo che il parroco dell'epoca, alla testa di una processione di fedeli oranti, si recò davanti al palazzo durante lo svolgimento di una festa satanica, cospargendolo di acqua santa, con la benedizione, per scacciare appunto il diavolo che, secondo la credenza popolare, lo abitava. L'operazione ebbe l'effetto sperato tanto che il palazzo addirittura sprofondò di un piano. I fantasmi che la gente credeva lo abitassero, i pianti, le urla che si diceva si sentissero di notte, avevano una giustificazione molto più banale, come la storia del pozzo «rasadòr» (tagliatore), un pozzo che si trova nei sotterranei, ora riempito di terra, sul cui fondo si diceva ci fossero delle lame che tagliavano a pezzi chi vi veniva gettato dentro.
«Poiché il palazzo fu costruito per conto del mago De Bursis», spiega Giacomo Murari Dalla Corte Bra, «si racconta che i nemici del mago venissero uccisi gettandoli nel pozzo “rasadòr” che però non risulta avesse delle lame». Ma circola anche un'altra versione della leggenda, stavolta illustrata in un quadro naif. A «raccontarla» con il pennello un pensionato sorgarese, Olirco Bozzini, ex meccanico, pittore naif da oltre 40 anni, che nel lontano 1982 ritrasse, in un quadro, le fasi salienti della misteriosa storia popolare.
«Con quel quadro vinsi anche un premio a un concorso per pittori naif ad Arona, sul lago Maggiore», ricorda con orgoglio. Sottolinea subito che la sua versione della leggenda si discosta da quella scritta dal maestro elementare Renzo Colombini. Infatti Bozzini ricorda che, da ragazzino, sentiva raccontare la storia del parroco di Sorgà dell'epoca, agli inizi del 1600, che decise di benedire il palazzo dei Conti Murari Dalla Corte Bra, che si diceva fosse abitato dal diavolo, perché ormai i suoi parrocchiani non andavano più in chiesa ma correvano a frotte nel palazzo dove Belzebù organizzava, evidentemente gratis, orge e riti satanici con vergini pulzelle che poi uccideva gettandole nel famoso pozzo “rasadòr" e prendersi le loro anime dannate. Nel dipinto di Bozzini si vede infatti il prete seguito non da una processione di uomini e donne oranti, come raccontato dal maestro Colombini, ma soltanto da due donne, e lui (il prete, ndr) che benedice il demonio con una croce e non con l'aspersorio. Inequivocabili si vedono i segni della vendetta luciferina: fulmini che colpiscono il campanile della vicina chiesa parrocchiale, distruggendolo, e il palazzo, che poi sarebbe sprofondato, dove si notano giovani fanciulle nude che tentano di entrarvi: chi dalla porta principale, chi usando addirittura delle scale a pioli per accedere ai piani superiori, tutte ansiose di partecipare alle orge sataniche. Insomma un assalto per entrare nel palazzo dei peccati e della lussuria sfrenata. Con questa nuova versione il mistero del “palazzon del dialo” continua. Un mistero avvolto nella leggenda che, dopo tutto, ai sorgaresi forse non dispiace che rimanga tale a meno che i risultati delle ricerche del “Ghost Hunters Team" non riescano a metterci, una volta per tutte, la parola fine.
Ma, a quanto sembra, il mistero continua. LI.FO.
domenica 13 gennaio 2013
La vecchia brucia in Piazza Bra a Verona
L'Arena
lunedì 07 gennaio 2013
FIAMME IN BRA. Le «falive» vanno verso Garda, grande folla in piazza ad ammirare l'antico rito propiziatorio di buone nuove
Il falò in Bra allontana
le negatività del 2012
Migliaia di persone davanti all'Arena. Il rogo accompagnato prima dai tamburi e poi dalle note del compositore Vangelis
Brucia, vecchia, brucia. Bruciano con te le preoccupazioni, le cose non dette, quelle fin troppo dette. Le aspettative disilluse, i dolori provati, le paure patite.
Scalda fuoco, scalda. Gli animi pietrificati dalla sofferenza, dai patimenti. E purifica, purifica dalle cattiverie, dalle malattie, da questa crisi che non lascia il nostro Paese.
Quanti pensieri sono volati in alto ieri pomeriggio alle 18, quando la pira costruita in piazza Bra ha preso fuoco. Prima la luce dei fuochi attorno a illuminare la scena, poi il castello, dato alle fiamme dal cuore, fino a lavare per decine di metri le fiamme. E il tepore delle fiamme a riscaldare le migliaia di persone arrivate in Bra per tradizione, per scaramanzia, perchè sì l'Epifania che «tutte le feste si porta via», si porti via con sè tutto quello che dell'anno appena passato non ci era proprio piaciuto.
Prima i tamburi, a ritmare quei guizzi rapidi, i crepitii, poi, quando le fiamme erano alte imponentissime e quasi spaventose, ecco partire la musica, (grazie ad Eventi) del grande compositore Vangelis con la colonna sonora del film «1492 la conquista del paradiso», che narra del viaggiatore Colombo verso le Americhe. Lui ha conquistato il nuovo mondo. A noi basterebbe migliorare quello in cui viviamo.
Un tempo erano campanacci, latte, trombe, ferri e catene, si faceva un rumore assordante per spaventare gli spiriti maligni che si aggiravano per i paesi e le campagne. Per cacciarli via per sempre, restituendo pace agli uomini. I cacciatori sparavano in aria tanti colpi di fucile, perché colpissero direttamente il cuore delle streghe, sperando di liberarsi una volta per tutte della loro presenza. Quando le fiamme avevano bruciato la cattiva Befana e si spegnevano lentamente, si diceva che, morta la crudele vecchia, da quel rogo rinascesse finalmente la Befana buona, portando un gran regalo per tutti.
Nel Medioevo, periodo ricco di racconti demoniaci e di magie, si dava molta importanza al periodo compreso tra il Natale e il 6 gennaio, un periodo di dodici notti dove la notte dell'Epifania è anche chiamata la «Dodicesima notte». È un periodo molto delicato e critico per il calendario popolare, è il periodo che viene subito dopo la seminagione; è un periodo, quindi, pieno di speranze e di aspettative per il raccolto futuro, da cui dipende la sopravvivenza nel nuovo anno. La festa della Befana ha origine da antichi elementi folclorici pre-cristiani, recepiti ed adattati dalla tradizione cristiana. In particolare questa figura è probabilmente da connettere a tradizioni agrarie pagane relative all'inizio dell'anno. In tal senso l'aspetto da vecchia sarebbe da mettere in relazione con l'anno trascorso, ormai pronto per essere bruciato per "rinascere" come anno nuovo.
Ieri sera le «falive» sono andate verso ovest, verso Garda.
«Se le falive va al garbin, parécia el caro pa 'ndare al mulin. Se le faìve va a matina, tol su el saco e va a farina. Se le faìve va a sera, la poenta impiega la caliera», recita un vecchissimo proverbio. Che sia per tutti un anno migliore.
Al Palazzo del Diavolo gli esperti di fantasmi a Sorgà
L'Arena
venerdì 11 gennaio 2013
SORGÀ. Nell'edificio abbandonato entra il «Ghost hunter team» con attrezzature in grado di rilevare presenze strane
Nel «palazzon del diaolo»
arrivano gli esperti di fantasmi
Dopo alcune segnalazioni mirate la trasmissione tivù «Mistero» vuole documentare i fenomeni che si verificano nella villa
La Bassa terra di fantasmi? Se il primo esperimento di ricerca di anime di defunti, eseguito a novembre al Castello di Bevilacqua, ha confermato che nel maniero è rimasto, con somma gioia, lo spirito della contessina Felicita Bevilacqua, ultima discendente della nobile dinastia proprietaria del luogo, nonché di Guglielmo Bevilacqua, altro avo della stirpe, ora il sospetto che il territorio pulluli di fantasmi si fa più concreto. Basta cercarli.
Ed è quello che farà domani il «Ghost hunters team», un gruppo di esperti che fa questo mestiere in forma professionale. Normalmente si occupa di rilevare presenze soprattutto nella abitazioni. Ma, a differenza di Francesca Gargano, la sensitiva vicentina che esplorò il Castello di Bevilacqua e che si occupa anche di «liberare» i luoghi dalle anime («perché in realtà, la maggior parte è alla ricerca della propria strada, del loro luogo che non è la terra», disse la signora), il team che domani sarà a Sorgà cerca prove e documenta scientificamente le presenze ultraterrene.
In ogni caso, che ci si creda o meno, la loro visita al «Palazzo del diavolo» - è lì che sono stati chiamati ad operare - per chi ama mistero e paranormale, non può che incuriosire, e proprio a partire dal nome che si porta dietro la villa. Meglio conosciuto come «el palazzon del diaolo», la struttura evoca da secoli storie misteriose e ha dato origine a leggende tramandate fino ad oggi.
Un luogo simile non poteva non destare l'interesse di chi si occupa di paranormale. Così, domani, dalle 16, il «Palazzo del diavolo» sarà «esaminato» dal «Ghost hunters team», gruppo di ricerca che collabora con la trasmissione televisiva «Mistero» di Italia 1.
«Alcuni giorni fa ho ricevuto una telefonata dal responsabile del gruppo di ricerca Ght», racconta Giacomo Murari Dalla Corte Bra, figlio del Conte Vittorio, proprietario del palazzo disabitato, «che mi chiedeva l'autorizzazione per svolgere nel palazzo un'indagine ed un servizio per un loro nuovo progetto sulla ricerca di fantasmi. Ho accolto di buon grado la richiesta, seppur con scetticismo, e sono curioso di sapere come sono arrivati a Sorgà».
È presto detto. «In zona abbiamo dei referenti che ci hanno segnalato questo palazzo misterioso», dice Mirko Barbaglia, fondatore del gruppo. «Dalle informazioni avute, sembra che il palazzo fosse luogo di sacrilegi, di peccati di ogni sorta e che vi albergasse il diavolo dopo essere stato evocato con sacrifici umani. Nei sotterranei c'è anche un pozzo e dei cunicoli al cui interno si racconta ci fossero i demoni cui avevano immolato delle vergini sventurate. Si narra di luci che misteriosamente si spengono e si accendono, di strani rumori, di pianti ed ombre che aleggiano nei dintorni».
Barbaglia aggiunge che il lavoro del gruppo consiste nel cercare di rilevare, con strumenti tecnologici, parametri ambientali non spiegabili, quali cambiamenti di temperatura, campi elettromagnetici, con telecamere a raggi infrarossi o ultravioletti e registratori per captare ultrasuoni e infrasuoni non percettibili dall'uomo. Il risultato delle ricerche sarà messo a disposizione sul sito www.aliismundi.tv.
Il palazzo, edificato alla fine del '500, usato come deposito di granaglie, non è mai stato abitato, se non da famiglie di sfollati durante l'ultima guerra. Ma perché si chiama palazzo del diavolo? E qui nasce la leggenda che il maestro Renzo Colombini, morto nel 1966, appassionato di chiromanzia, astrologia, filosofia, parapsicologia, ipnotismo, scrisse e pubblicò sui «Quaderni di vita veronese», nel 1949, una raccolta di leggende popolari della Bassa veronese.
Si racconta infatti che nel '600 il palazzo fosse sprofondato dopo che il parroco dell'epoca, alla testa di una processione di fedeli oranti, si recò davanti al palazzo durante lo svolgimento di una festa satanica, cospargendolo di acqua santa, per la benedizione, per scacciare appunto il diavolo che, secondo la credenza popolare, lo abitava.
L'operazione ebbe l'effetto sperato, tanto che il palazzo addirittura sprofondò di un piano. I fantasmi che la gente credeva lo abitassero, i pianti, le urla che si diceva si sentissero di notte, avevano una giustificazione molto più banale, come la storia del pozzo «rasadòr» (tagliatore), che si trova nei sotterranei, ora riempito di terra, alle cui pareti pare ci fossero conficcate delle lame che tagliavano a pezzi chi vi veniva gettato, specie, si dice, le amanti del signore in origine proprietario del palazzo.
«Poiché il palazzo fu costruito per conto del mago De Bursis», spiega Giacomo Murari, «si racconta che anche i nemici del mago venissero uccisi gettandoli nel pozzo rasadòr». Fin qui la leggenda.
Ben diversa invece la realtà. Nel '600 le misere case, detti «casotti», dei popolani, erano a piano terra; non esistevano i seminterrati perché, essendo la zona paludosa, sarebbero stati invasi dall'acqua. «Il fatto di vedere un grande palazzo con mezzo piano fuori terra e mezzo sotto terra probabilmente», secondo Murari, «ha impressionato la gente che ha finito per credere che tutto ciò fosse opera del diavolo».
Per quanto riguarda Lucifero, i fantasmi e tutto il corollario di misteri che circolano sul «palazzon», pare siano stati invece originati da un trucco ben orchestrato da chi, di notte, in realtà gozzovigliava nei saloni del palazzo, con orge e riti anche satanici, e per evitare che la gente sapesse di queste feste, avevano sparso la voce che il palazzo fosse abitato dal diavolo. Da qui la paura ancestrale del demonio inculcata nel «popolino» da spaventarlo talmente tanto che, come calavano le tenebre, non usciva più di casa. Così nessuno vedeva quali oscuri riti e feste si svolgevano nel «palazzon del diaolo» dando così sfogo all'immaginazione per giustificare le proprie paure.
«Il diavolo in quella villa?
Io l'ho visto davvero»
Ma il «palazzon del diaolo» si chiama così perché davvero si voleva far circolare una leggenda che tenesse lontani i curiosi da festini più o meno licenziosi che vi si tenevano nelle sue sale, oppure un elemento di verità esiste? Insomma, è solo diceria oppure questo epiteto ha una vena di verità? La risposta, ovviamente, ognuno se la darà da solo, a seconda di quanto crede o immagina. Eppure decenni fa, un bambino che abitava vicino al palazzo - oggi adulto ma per niente scettico sulla sua esperienza - vide con i suoi occhi Belzebù davanti al cancello della villa.
«Andavo spesso a giocare nei paraggi del palazzo», racconta il testimone che non vuole rivelare la sua identità, «e un giorno lo vidi». Ma era proprio come la classica iconografia ce lo descrive? «Sì. Era così e tranquillamente si aggirava per la zona», conferma. «Mi spaventai, ovviamente, ma non l'ho mai dimenticato. Ancora oggi ho chiarissima la sua immagine negli occhi».D.A.
IL SENSITIVO. Daniele Piccirillo è un«medium» ed ha accettato di presenziare all'indagine per «interesse storico»
Ci sarà anche il «cacciatore di anime»
«Vogliamo scoprire se davvero esiste questo pozzo e se vi siano state gettate persone»
Tutto è pronto per scovare gli invisibili che abitano «el palazzon del diaolo». Strumenti sofisticati, esperti ma anche un sensitivo che, lungi dal voler essere considerato un improvvisato spiritista, ci tiene a dire innanzitutto che «è raro che io accetti di visitare palazzi o castelli, si rischia di venir scambiati per macchiette. Il mio è diventato un mestiere serio nel tempo, fatto di studi, di viaggi, di approfondimenti». A parlare è il milanese Daniele Piccirillo, chiaroudente, come lui stesso si definisce. «Chiaroudente significa che riesco a sentire le voci interne che mi parlano. E a trasmetterle, a volte, con la scrittura automatica». Il «medium» Piccirillo è aiutato, in questo, dal suo spirito guida che si chiama Lorenzo. «È lui che mi indica come mettermi in contatto con le entità presenti e non è detto che siano i parenti che la gente ricerca, o gli amici, ma anche degli estranei. Infatti i miei interventi sono più frequenti in case che in palazzi o simili: è lì che spesso chi vi abita soffre le entità, sente rumori, passi, urla, si sente osservata, e non è piacevole. Anche se le anime sono buone e si palesano così perché non hanno preso coscienza di se stesse, non sanno che il loro stato è cambiato e continuano la vita che facevano prima, senza evolversi».
In qualità di sensitivo, Piccirillo ha accettato di presenziare all'indagine al Palazzo del Diavolo di Sorgà per «interesse storico, soprattutto: vorremmo scoprire se davvero esiste questo pozzo e se vi siano state gettate persone e se le loro anime sono ancora lì». Anche il chiaroudente Piccirillo viene spesso interpellato per liberare le case dalle anime che non si sono evolute: con preghiere, soprattutto. Lo farà anche al «palazzon del diaolo?». Ma il diavolo esiste? «Quello che chiamiamo così, sono fenomeni legati al male, a demoni: sì, quelli esistono», afferma il sensitivo.
«Vorrei chiarire che la nostra non è scienza, ma esperienza e non facciamo apparire, ma evochiamo. Certo, sono in tanti a non credere e infatti ad un certo punto anch'io cominciai a dubitare. Invece poi ho scelto di andare avanti, perché sensitivo lo sono da sempre, fin da bambino». Piccirillo racconta la sua primissima esperienza: «Dalla finestra di casa mia, di notte, vedevo un bambino che usciva da una casa e si dirigeva alle immondizie. Quel bambino non esisteva, ma io lo vedevo e nella mia fantasia infantile lo chiamai Spazzatura». Ciò che davvero convinse il chiaroudente a proseguire per la sua strada, senza timori e non ascoltando chi lo «denigrava», fu un episodio fondamentale nella sua esistenza: «Mio padre fu colto da infarto e stava per morire: andai da lui e gli promisi che se fosse vissuto da quel giorno avrei fatto del bene alla gente. Mio padre guarì e io rispettai la promessa».
Testimonianze, anche da parte di Mirko Barbaglia, ce ne sono moltissime: «A Trezzo d'Adda le nostre pellicole, che registano gli ultravioletti, riuscirono a imprimere una sagoma d'uomo, di profilo, nel buio completo. In genere le presenze si manifestano con cambiamenti repentini di temperature o di campi magnetici che interferiscono anche fino a far spegnere gli apparecchi, che non trovano spiegazione». Lo scrupolo dei Ghost vuole, infatti, che prima di analizzare un luogo, si accertino che non esistano, vicino, fonti di elettromagnetismo.
lunedì 17 dicembre 2012
Garda e Baldo, conoscerli anche con leggende e misteri
Aperte le iscrizioni al corso de El Vissinel per conoscere il Baldo Garda (l'incontro sulle leggende e i misteri gardesani è tenuto da Simona Cremonini)
L'Arena
domenica 16 dicembre 2012
VALEGGIO
Garda Baldo
«El Vissinel»
Iscrizioni
al corso Ctg
Vuoi innamorarti del Baldo Garda? Della sua arte, cultura, natura e sapori? Per tutto questo il Ctg ha aperto le iscrizioni al corso «El Vissinèl» che si svolgerà dal 16 al 20 marzo, tra momenti teorici e uscite. Possono partecipare soci, simpatizzanti, amici: «È il 13° ciclo di Conoscere il Baldo- Garda; quest´anno si svolgerà a Valeggio, nell´aula magna delle medie Foroni», dice il presidente e animatore culturale Fabio Salandini. Il costo è di 50 euro per chi ha più di 30 anni, di 30 per chi ha meno di 30 anni e gratis per i residenti a Valeggio; altre informazioni su www.elvissinel.it o al 338.611.00.20.
«Da anni il Ctg El Vissinèl conduce centinaia di persone alla scoperta del Baldo Garda per farne conoscere le caratteristiche e per cercare di coinvolgere tutti nella sua tutela e promozione. Al termine delle lezioni, infatti, i partecipanti potranno anche scegliere di impegnarsi come animatori turistico-cultura! li del Ctg».
Ora è tempo di bilanci: «Chiudiamo soddisfatti il 2012», dice Salandini. «Alle uscite hanno partecipato quasi 2mila persone e i nostri 20 animatori hanno organizzato 150 escursioni gratuite». Sui temi precisa: «Dopo un inizio sulle caratteristiche, geologiche e climatiche, del Baldo Garda, passeremo a serate su Valeggio e sulla sua storia». Incontri sempre il mercoledì, dalle 20.30 alle 22.B.B.
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