lunedì 28 gennaio 2013

Al Palazzon del diavolo un neonato sepolto


L'Arena
venerdì 25 gennaio 2013



SORGÀ. Emergono altri particolari sulle «presenze» all'interno della villa, di recente studiata da un gruppo di esperti

«C'è un bambino appena nato
sepolto al Palazzon del diaolo»



Onelia Foroni Recchia, sensitiva di Verona, visse dai 13 ai 18 anni nell'edificio e da subito avvertì «il dolore degli spiriti rimasti lì»

Se fosse un'indagine poliziesca, si direbbe che cominciano ad emergere sempre più particolari sul mistero delle presenze al «Palazzon del diaolo» di Sorgà. In realtà, a mano a mano che se ne parla, spuntano testimoni che per tempo si sono tenuti per sé i segreti scoperti nella villa perché, si sa, di queste cose - di persone morte che «vivono» in una casa - non solo non è facile parlarne, ma lo scetticismo mette in difficoltà gli stessi che hanno vissuto queste esperienze «paranormali». Il loro non è un mestiere, ma una capacità di captare e sentire che qualcuno possiede ed altri no.
La signora Onelia Foroni Recchia è una deliziosa e sorridente signora di 86 anni che «vede» le anime fin da quando era piccolissima. E, ancora oggi, è in contatto con esse, anzi, sono loro che la chiamano, dice. «Non evoco i defunti», precisa, «sono loro a presentarsi a me». In comune con altri sensitivi, anche le visioni della signora Foroni sono iniziate nell'infanzia e non l'hanno spaventata affatto. Da piccola giocava con i «bambini che arrivavano attraverso i muri», racconta, «poi mia nonna, anche lei medium, mi chiamava per la cena e mi diceva che era ora che li mandassi via e andassi a tavola». 
Poi di anni ne sono passati, ma non è mai passato, in lei, il suo straordinario senso percettivo.
Dai 13 ai 18 anni, Onelia Foroni dovette scappare dalla sua casa di Verona perché la città era assiedata dalle bombe della seconda guerra mondiale; si rifugiò nelle pertinenze della villa dei conti Murari-Bra, dove lo zio lavorava come fattore. «Avevano ampissimi possedimenti», racconta la signora, «e già allora c'era la diceria che il palazzon fosse abitato da spiriti. Un giorno sentii una fortissima negatività pervadermi: era dolore, e proveniva dal palazzo. Non vi entrai, però: allora la mia unica preoccupazione era partire prestissimo la mattina in bicicletta per andare a lavorare a Verona, come sarta, e tornare la sera».
Finché un giorno, inaspettatamente avvenne una rivelazione sul luogo dove era vissuta durante l'adolescenza: «Successe durante una seduta: un'entità mi disse che sapeva che avevo abitato accanto al palazzon del diaolo dai 13 ai 18 anni, e che lì dentro era stato sepolto un bambino appena nato. Quella villa è piena di presenze e stanno male, ecco perché sentii tutto quel dolore provenire da essa, perché queste anime non si rendono conto di essere morte, sono bloccate dentro se stesse, non hanno preso coscienza di sé e non si sono sciolti i sette corpi astrali che hanno ricevuto al momento della nascita di ognuno di noi. Quando si muore», spiega la sensitiva, «si perdono via via i sette corpi, senza sofferenza, ma se il decesso è violento, improvviso, questo processo può non avvenire o avvenire con molta lentezza, durare decenni. C'è da sperare, ma dubito, che quel neonato fosse già morto quando venne sepolto nel palazzo. Di certo è lì da almeno 100 anni. A mio parere, e per quello che ne so io, togliere la vita a un bambino è uno dei delitti più efferati e non solo per come lo percepiamo oggi in senso morale, ma perché prima che ognuno di noi nasca, gli «enteli», entità dell'altro mondo, preparano con cura la discesa dell'anima sulla terra e mostrano come sarà tutta la sua vita».
«Per esempio», prosegue per spiegare meglio una materia non così facile da accettare razionalmente, «se dei ragazzi muoiono in incidenti stradali, quasi sempre succede che loro non si accorgono di essere morti e credono di sognare, pensano di essere vivi: per questo certe presenze si comportano esattamente come quando erano in questo mondo».
Ma, al «palazzon» c'è il diavolo, come tramanda la leggenda? «No, non c'è il diavolo. Nell'aldilà c'è solo amore. Me lo dicono tutti, per primo mio marito, che mi sta sempre accanto dal giorno in cui morì. Mi ha parlato a lungo, dopo il suo funerale, e anche mio figlio, che morì a 21 anni in un incidente di moto».
A parlare con Onelia, la paura delle paure o, almeno, la più diffusa tra gli esseri umani - quella della morte - si dilegua. Secondo la sensitiva ci aspetta non solo un posto «pieno di amore ma anche un ritorno in terra, sotto altro aspetto o anche sesso. Ma questo non avviene subito, può capitare anche dopo decenni».
Di pre-visioni, la signora Onelia ne ha avute parecchie, insieme ai contatti con l'aldilà - uno fra tutti, con Dante Alighieri che a lungo le spiega quanto fosse innamorato di Beatrice ma, sposato, non osò mai toccarla - come quella dell'appartizione della sua casa, fin nei minimi particolari, e prima che fosse costruita.  

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