Bresciaoggi
venerdì 31
agosto 2012
(LETTERE)
Ugo Vaglia
nel suo interessante libero "Curiosità e leggende valsabbine" del
1947, tramandò alcune notizie quasi dimenticate.
A
Marmentino c´è una caverna: là dentro si nascondono le streghe per uscire la notte
del sabato a convegno, sotto la luna, con le streghe del Gaver. Camminano con
passi lunghissimi. Si dice che un solo passo le porti da Marmentino a Barbaine;
da Barbaine a Prato oppure ad Avenone.
A volte si
trasformano in vecchie miserabili e reggendo la gobba schiena sul nodoso
bastone battono a tutte le porte per avere la carità. Se non sono bene accolte,
o vengono derise dai ragazzi, sempre pronti a burlarsi dei difetti altrui, si
vendicano.
A Odeno,
infatti, si vendicarono bruciando il paese nel 1438. Forse con questa strana
leggenda gli abitanti vollero coprire la sconfitta subita dal generale di
Niccolò Piccinino, Talliano del Friuli, che, per vendicarsi dell´infelice
giornata toccatagli il 22 genna! io a Lodrone, aggredì di notte la Valle Sabbia.
Distrusse Aveno, la chiesa di Barbaine, Livemmo ed Odeno, con la morte di molte
persone.
Ancora
infame memoria delle streghe rimane nell´anno 1830, detto appunto l´anno delle
streghe, quando nella sola Val Scura furono schiantati da un turbine 18 mila
abeti. Per buona fortuna (e lo posso garantire, scrisse Vaglia) le streghe non
esistono, più; ed anche i folletti, creati a tormento nostro e di tanti altri,
sono di molto diminuiti. Pensavo che la benedizione di san Carlo Borromeo data
alla Pertica, li avesse completamente precipitati nelle chiostre infernali: e
ritenevo anche che l´oratorio di S. Bernardo a Prato, edificato circa duecento
anni or sono, stesse là, fra terra e cielo, in un ammanto di frondosi castagni,
per testimoniare, con un atto di fede, la vittoria delle profondità metafisiche
sulle più diffuse superstizioni. Anche presso i Romani era comune credenza che
nel buio delle notti, nel folto dei boschi rintronassero, d´improvviso, voci
cupe e cavernose degli dei silvestri (Silvano, Pan. Fauna) che mettevano
spavento al viandante smarrito e lo facevano scappare a precipizio.
Bresciaoggi
sabato 01
settembre 2012
(LETTERE)
Sempre
l´indimenticabile Ugo Vaglia, studioso della storia e delle tradizioni
valsabbine, per molti decenni segretario dell´Ateneo di Brescia e personaggio
della vita pubblica bresciana (fu anche presidente della Camera di Commercio),
nel libro edito nel 1947, intitolato «Curiosità e leggende valsabbine»,
tramandò una serie di leggende di folletti e di spiriti inquieti.
Nella
Pertica i folletti ci sono ancora. Escono al lume della luna quando l´aria si
colma di fantasmi e di ombre. Allora c´è da temere: si appiattano nei fossi,
dietro le siepi, nelle concimaie; mugolano e latrano e poi balzano improvvisi a
spaventarti.
Non fu
raro che questi folletti birboni penetrassero nelle stanze più riparate della
casa, nelle camere ben chiuse, nelle cantine per burlarsi di tutti, rendendo
così più amara la fatica dei monti.
Nelle
case, infatti, chi vi abita è spesso colpito da insoliti rumori: stoviglie che
rotolano, colpi assordanti d´archibugio, gorgogliare di vino spillato dalle
botti. Le ragazze si fanno ombrose e solitarie, melanconiche e pallide; le
donne perdono la rocca, vedono il fuso fermarsi, sentono cadere le chiavi. Agli
uomini scappa di mano il fiasco del vino mentre stanno versando un bicchiere
agli amici.
E peggio
ancora di notte. Le fiamme attaccano solai e sottotetti; si corre per spegnerle
e nulla si vede.
Ma la
paura, l´apprensione, l´orgasmo è indescrivibile. Entrano anche nelle camere
per svegliare a sculacciate chi si gode tranquillo il meritato riposo. Stordito
e torpido, attanagliato da un incubo infamante, il percosso altro non ode che
tonfi sotto la finestra, risa irritanti; e poi urla e grida che riempiono le
vene di furia e di rabbia.
Si dice, e
si crede, che molti secoli fa in Gardo e in Forche, presso Persegno, alcuni
signori in compagnia di vaghissime donne, vi trascorressero tra bagordi e
licenze l´autunno e parte dell´inverno.
Quando
morirono, i loro s! piriti furono condannati alla pena sul luogo dove avevano
peccato, e ancora oggi pagano il fio dei libertinaggi.
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