domenica 13 gennaio 2013

Al Palazzo del Diavolo gli esperti di fantasmi a Sorgà


L'Arena
venerdì 11 gennaio 2013

SORGÀ. Nell'edificio abbandonato entra il «Ghost hunter team» con attrezzature in grado di rilevare presenze strane

Nel «palazzon del diaolo»
arrivano gli esperti di fantasmi

Dopo alcune segnalazioni mirate la trasmissione tivù «Mistero» vuole documentare i fenomeni che si verificano nella villa

La Bassa terra di fantasmi? Se il primo esperimento di ricerca di anime di defunti, eseguito a novembre al Castello di Bevilacqua, ha confermato che nel maniero è rimasto, con somma gioia, lo spirito della contessina Felicita Bevilacqua, ultima discendente della nobile dinastia proprietaria del luogo, nonché di Guglielmo Bevilacqua, altro avo della stirpe, ora il sospetto che il territorio pulluli di fantasmi si fa più concreto. Basta cercarli.
Ed è quello che farà domani il «Ghost hunters team», un gruppo di esperti che fa questo mestiere in forma professionale. Normalmente si occupa di rilevare presenze soprattutto nella abitazioni. Ma, a differenza di Francesca Gargano, la sensitiva vicentina che esplorò il Castello di Bevilacqua e che si occupa anche di «liberare» i luoghi dalle anime («perché in realtà, la maggior parte è alla ricerca della propria strada, del loro luogo che non è la terra», disse la signora), il team che domani sarà a Sorgà cerca prove e documenta scientificamente le presenze ultraterrene.
In ogni caso, che ci si creda o meno, la loro visita al «Palazzo del diavolo» - è lì che sono stati chiamati ad operare - per chi ama mistero e paranormale, non può che incuriosire, e proprio a partire dal nome che si porta dietro la villa. Meglio conosciuto come «el palazzon del diaolo», la struttura evoca da secoli storie misteriose e ha dato origine a leggende tramandate fino ad oggi.
Un luogo simile non poteva non destare l'interesse di chi si occupa di paranormale. Così, domani, dalle 16, il «Palazzo del diavolo» sarà «esaminato» dal «Ghost hunters team», gruppo di ricerca che collabora con la trasmissione televisiva «Mistero» di Italia 1.
«Alcuni giorni fa ho ricevuto una telefonata dal responsabile del gruppo di ricerca Ght», racconta Giacomo Murari Dalla Corte Bra, figlio del Conte Vittorio, proprietario del palazzo disabitato, «che mi chiedeva l'autorizzazione per svolgere nel palazzo un'indagine ed un servizio per un loro nuovo progetto sulla ricerca di fantasmi. Ho accolto di buon grado la richiesta, seppur con scetticismo, e sono curioso di sapere come sono arrivati a Sorgà».
È presto detto. «In zona abbiamo dei referenti che ci hanno segnalato questo palazzo misterioso», dice Mirko Barbaglia, fondatore del gruppo. «Dalle informazioni avute, sembra che il palazzo fosse luogo di sacrilegi, di peccati di ogni sorta e che vi albergasse il diavolo dopo essere stato evocato con sacrifici umani. Nei sotterranei c'è anche un pozzo e dei cunicoli al cui interno si racconta ci fossero i demoni cui avevano immolato delle vergini sventurate. Si narra di luci che misteriosamente si spengono e si accendono, di strani rumori, di pianti ed ombre che aleggiano nei dintorni».
Barbaglia aggiunge che il lavoro del gruppo consiste nel cercare di rilevare, con strumenti tecnologici, parametri ambientali non spiegabili, quali cambiamenti di temperatura, campi elettromagnetici, con telecamere a raggi infrarossi o ultravioletti e registratori per captare ultrasuoni e infrasuoni non percettibili dall'uomo. Il risultato delle ricerche sarà messo a disposizione sul sito www.aliismundi.tv.
Il palazzo, edificato alla fine del '500, usato come deposito di granaglie, non è mai stato abitato, se non da famiglie di sfollati durante l'ultima guerra. Ma perché si chiama palazzo del diavolo? E qui nasce la leggenda che il maestro Renzo Colombini, morto nel 1966, appassionato di chiromanzia, astrologia, filosofia, parapsicologia, ipnotismo, scrisse e pubblicò sui «Quaderni di vita veronese», nel 1949, una raccolta di leggende popolari della Bassa veronese.
Si racconta infatti che nel '600 il palazzo fosse sprofondato dopo che il parroco dell'epoca, alla testa di una processione di fedeli oranti, si recò davanti al palazzo durante lo svolgimento di una festa satanica, cospargendolo di acqua santa, per la benedizione, per scacciare appunto il diavolo che, secondo la credenza popolare, lo abitava.
L'operazione ebbe l'effetto sperato, tanto che il palazzo addirittura sprofondò di un piano. I fantasmi che la gente credeva lo abitassero, i pianti, le urla che si diceva si sentissero di notte, avevano una giustificazione molto più banale, come la storia del pozzo «rasadòr» (tagliatore), che si trova nei sotterranei, ora riempito di terra, alle cui pareti pare ci fossero conficcate delle lame che tagliavano a pezzi chi vi veniva gettato, specie, si dice, le amanti del signore in origine proprietario del palazzo.
«Poiché il palazzo fu costruito per conto del mago De Bursis», spiega Giacomo Murari, «si racconta che anche i nemici del mago venissero uccisi gettandoli nel pozzo rasadòr». Fin qui la leggenda.
Ben diversa invece la realtà. Nel '600 le misere case, detti «casotti», dei popolani, erano a piano terra; non esistevano i seminterrati perché, essendo la zona paludosa, sarebbero stati invasi dall'acqua. «Il fatto di vedere un grande palazzo con mezzo piano fuori terra e mezzo sotto terra probabilmente», secondo Murari, «ha impressionato la gente che ha finito per credere che tutto ciò fosse opera del diavolo».
Per quanto riguarda Lucifero, i fantasmi e tutto il corollario di misteri che circolano sul «palazzon», pare siano stati invece originati da un trucco ben orchestrato da chi, di notte, in realtà gozzovigliava nei saloni del palazzo, con orge e riti anche satanici, e per evitare che la gente sapesse di queste feste, avevano sparso la voce che il palazzo fosse abitato dal diavolo. Da qui la paura ancestrale del demonio inculcata nel «popolino» da spaventarlo talmente tanto che, come calavano le tenebre, non usciva più di casa. Così nessuno vedeva quali oscuri riti e feste si svolgevano nel «palazzon del diaolo» dando così sfogo all'immaginazione per giustificare le proprie paure.




«Il diavolo in quella villa?
Io l'ho visto davvero»


Ma il «palazzon del diaolo» si chiama così perché davvero si voleva far circolare una leggenda che tenesse lontani i curiosi da festini più o meno licenziosi che vi si tenevano nelle sue sale, oppure un elemento di verità esiste? Insomma, è solo diceria oppure questo epiteto ha una vena di verità? La risposta, ovviamente, ognuno se la darà da solo, a seconda di quanto crede o immagina. Eppure decenni fa, un bambino che abitava vicino al palazzo - oggi adulto ma per niente scettico sulla sua esperienza - vide con i suoi occhi Belzebù davanti al cancello della villa.
«Andavo spesso a giocare nei paraggi del palazzo», racconta il testimone che non vuole rivelare la sua identità, «e un giorno lo vidi». Ma era proprio come la classica iconografia ce lo descrive? «Sì. Era così e tranquillamente si aggirava per la zona», conferma. «Mi spaventai, ovviamente, ma non l'ho mai dimenticato. Ancora oggi ho chiarissima la sua immagine negli occhi».D.A. 





IL SENSITIVO. Daniele Piccirillo è un«medium» ed ha accettato di presenziare all'indagine per «interesse storico»

Ci sarà anche il «cacciatore di anime»

«Vogliamo scoprire se davvero esiste questo pozzo e se vi siano state gettate persone»

Tutto è pronto per scovare gli invisibili che abitano «el palazzon del diaolo». Strumenti sofisticati, esperti ma anche un sensitivo che, lungi dal voler essere considerato un improvvisato spiritista, ci tiene a dire innanzitutto che «è raro che io accetti di visitare palazzi o castelli, si rischia di venir scambiati per macchiette. Il mio è diventato un mestiere serio nel tempo, fatto di studi, di viaggi, di approfondimenti». A parlare è il milanese Daniele Piccirillo, chiaroudente, come lui stesso si definisce. «Chiaroudente significa che riesco a sentire le voci interne che mi parlano. E a trasmetterle, a volte, con la scrittura automatica». Il «medium» Piccirillo è aiutato, in questo, dal suo spirito guida che si chiama Lorenzo. «È lui che mi indica come mettermi in contatto con le entità presenti e non è detto che siano i parenti che la gente ricerca, o gli amici, ma anche degli estranei. Infatti i miei interventi sono più frequenti in case che in palazzi o simili: è lì che spesso chi vi abita soffre le entità, sente rumori, passi, urla, si sente osservata, e non è piacevole. Anche se le anime sono buone e si palesano così perché non hanno preso coscienza di se stesse, non sanno che il loro stato è cambiato e continuano la vita che facevano prima, senza evolversi».
In qualità di sensitivo, Piccirillo ha accettato di presenziare all'indagine al Palazzo del Diavolo di Sorgà per «interesse storico, soprattutto: vorremmo scoprire se davvero esiste questo pozzo e se vi siano state gettate persone e se le loro anime sono ancora lì». Anche il chiaroudente Piccirillo viene spesso interpellato per liberare le case dalle anime che non si sono evolute: con preghiere, soprattutto. Lo farà anche al «palazzon del diaolo?». Ma il diavolo esiste? «Quello che chiamiamo così, sono fenomeni legati al male, a demoni: sì, quelli esistono», afferma il sensitivo.
«Vorrei chiarire che la nostra non è scienza, ma esperienza e non facciamo apparire, ma evochiamo. Certo, sono in tanti a non credere e infatti ad un certo punto anch'io cominciai a dubitare. Invece poi ho scelto di andare avanti, perché sensitivo lo sono da sempre, fin da bambino». Piccirillo racconta la sua primissima esperienza: «Dalla finestra di casa mia, di notte, vedevo un bambino che usciva da una casa e si dirigeva alle immondizie. Quel bambino non esisteva, ma io lo vedevo e nella mia fantasia infantile lo chiamai Spazzatura». Ciò che davvero convinse il chiaroudente a proseguire per la sua strada, senza timori e non ascoltando chi lo «denigrava», fu un episodio fondamentale nella sua esistenza: «Mio padre fu colto da infarto e stava per morire: andai da lui e gli promisi che se fosse vissuto da quel giorno avrei fatto del bene alla gente. Mio padre guarì e io rispettai la promessa».
Testimonianze, anche da parte di Mirko Barbaglia, ce ne sono moltissime: «A Trezzo d'Adda le nostre pellicole, che registano gli ultravioletti, riuscirono a imprimere una sagoma d'uomo, di profilo, nel buio completo. In genere le presenze si manifestano con cambiamenti repentini di temperature o di campi magnetici che interferiscono anche fino a far spegnere gli apparecchi, che non trovano spiegazione». Lo scrupolo dei Ghost vuole, infatti, che prima di analizzare un luogo, si accertino che non esistano, vicino, fonti di elettromagnetismo.  

Nessun commento:

Posta un commento