martedì 18 settembre 2012

"Sotto" Torri del Benaco è arrivato Nanilla, il nano Balilla



L'Arena
sabato 15 settembre 2012 – PROVINCIA


TORRI. Un cartello affisso su un palo del lungolago spiega l´origine della statuetta già collocata sul fondale del Garda

E vicino al presepe subacqueo ora c´è Nanilla

Goliardica trovata  di un gruppo di «subacquei moderati» in risposta  alla querelle sul balilla



E così adesso sui fondali di Torri, vicino al presepe subacqueo, è arrivato «Nanilla», il nano balilla. La notizia è comparsa nei giorni scorsi su un cartello affisso sotto quello che indica la presenza della natività a 45 metri di profondità. Ignoti gli autori del gesto che si presentano solo come «gruppo di subacquei» incuriositi dalla diatriba che sui giornali aveva accompagnato la vicenda della statua del piccolo Balilla posato sullo stesso fondale nell´ottobre del 2011 e da lì misteriosamente scomparso dopo un paio di giorni. Un «caso» che aveva dato avvio ad un botta e risposta prima tra forze politiche - con esponenti del Pdl come l´assessore regionale Massimo Giorgetti che si era speso a favore della permanenza della statuina e rappresentanti del Pd come il capogruppo in Provincia Diego Zardini e il segretario provinciale Vincenzo D´Arienzo che si erano apertamente schierati contro - e poi sui social network! come Facebook tanto che, ricorda lo stesso manifesto che annuncia l´arrivo del Nanilla, «qualcuno si è meravigliato che non se ne sia parlato anche al “bareto della Olga”, irriverente e divertente rubrica dell´Arena».
Alla luce di questo scompiglio mediatico e non, cosa ha pensato bene di fare questo «gruppo di subacquei»? Di dare vita ad una nuova puntata della storia convinti come sono che «anche se è calato il silenzio sulla vicenda, sappiamo in realtà che il fuoco sta ancora covando sotto la cenere». Tant´é. Così loro «subacquei perbene e moderati, formati ed educati negli oratori delle varie didattiche subacquee, nonché preoccupati del decoro del fondo del lago, volendo evitare il ripetersi di atti che, dopo la diossina, possono screditare ulteriormente la credibilità delle nostre anguille, abbiamo pensato ad una soluzione che metterà d´accordo tutti»: il Nanilla, il nano Balilla appunto «strabiliante creatura ! che neanche il genio di Walt Disney ha saputo immaginare» e c! he il gruppo subacqueo ha «realizzato e posto nella solita grottina a 45 metri di profondità, certi di aver contribuito a riportare la concordia sul fondale del lago.
Stravagante e goliardica soluzione, si potrebbe pensare. Ma viene da scommettere che la nuova statuina tornerà ad animare il dibattito politico e non. Con buona pace delle anguille.

Dino Buzzati a caccia di misteri




L'Arena

venerdì 31 agosto 2012 – CULTURA


BOSCOCHIESANUOVA. Gli eventi culturali al Film festival della Lessinia


I miracoli lasciati
in testamento
da Dino Buzzati

Il reading «In Val Morel, a caccia di misteri» interamente dedicato all´ultimo libro del giornalista, scrittore e pittore bellunese


Quale miglior miracolo di far rivivere un miracolo inesistente? Anzi, 39 miracoli. Quelli che Dino Buzzati, alla vigilia della sua morte giunta nel gennaio 1972, quarant´anni fa, volle consegnare in forma congiunta di dipinto e di scrittura come una specie testamento spirituale, tra ironia, fantasia e leggerezza. Il miracolo è riuscito a Maria Teresa Ferrari, critica d´arte e appassionata studiosa dello scrittore bellunese, che nel corso del recente Film festival della Lessinia a Boscochiesanuova ha dedicato a Buzzati ben tre momenti: un piccolo estratto di un lavoro più ampio, Le crode di Dino, in apertura; una mostra dei fantastici bastoni figurati di Sergio Billi ispirandosi a Il segreto del bosco vecchio, per tutta la durata della rassegna; e infine, a metà festival, un reading - In Val Morel, a caccia di misteri - con accompagnamento di immagini e corredo critico interamente dedicato al suo ultimo libr! o, I miracoli di Val Morel, con le voci di Susanna Brunelli e Walter Peraro, in una affollatissima Sala Olimpica del teatro Vittoria.
«È un lavoro che compendia l´opera buzzatiana», spiega la Ferrari, «perché unisce parole e immagini. E Buzzati era, come si sa, giornalista, scrittore e pittore. Nello stesso tempo riassume in sé tutto i fantasmi letterari, l´iconografia e i paesaggi fantastici e le cronache giornalistiche che l´hanno accompagnato per tutta la vita. Le immagini erano nate per una mostra che gli era stata chiesta da Renato Cardazzo nel 1970 per la sua nuova galleria, la Naviglio di Venezia. Buzzati aveva dipinto 39 quadri, immaginandoli come ex-voto dedicati a Santa Rita, la santa dei miracoli impossibili, per salvataggi operati tra il 1500 e i primi del ´900, tutti avvenuti su quelle montagne bellunesi che lui adorava».
«E non è un caso», aggiunge, «che, sapendo già di dover morire, egli abbia voluto dedicarsi negli ultimi mesi di vita a questo ritorno alle origini,  alle sue radici montanare, lontano da quella Milano che era stata al centro invece dell´altro libro di parole e immagini, Poema a fumetti, di un paio d´anni precedente».
Dopo la sua uscita il libro era diventato oggetto di culto per gli apassionati ma era uscito di fatto dal mercato fino alla riedizione, nel gennaio di quest´anno, da parte della Mondadori. E l´occasione era troppo ghiotta perché la Ferrari se la facesse sfuggire.
E non solo ha rimontato le storie seguendo un ordine tematico, ma ha arricchito l´incontro mostrando, a sorpresa, un´intervista fatta a Buzzati sui suoi Miracoli da Antonio Donat Cattin, per la rubrica Arti e Lettere della Rai, nella quale lo scrittore fa una specie di dichiarazione di intenti. «Una certa dose di gioco c´è senz´altro», dice, infatti. «Però, da parte mia, non c´è nessuna intenzione di irriverenza, di dissacrazione. Ho portato quella che
 la fede popolare dei miracoli sul piano di favola, di leggenda. Però non avevo nessuna intenzione di dire delle cose complicate, o particolarmente profonde. Ho semplicemente raccontato delle storie che mi sembrava si innestassero bene nello spirito della gente di questa valle».
E a seguire ha fatto vedere un altro servizio televisivo dove Buzzati dichiara il suo amore per la pittura (definita l´attività che lo diverte di più) e viene mostrata l´inaugurazione di una sua mostra, nel 1966 alla galleria Medea di Cortina d´Ampezzo, tra Montanelli, Renzo Cortina (suo gallerista), Arnoldo Mondadori, Domenico Porzio, Milena Milani, Antonella Lualdi e altri protagonisti del jet set cortinese.
Ma torniamo ai Miracoli. Risentirli e rivederli seguendo un ordine tematico – gli animali, le bestie fantastiche, la montagna, le cronache , spesso molto erotiche – ha rappresentato per gli spettatori, tra cui molti appassionati di Buzzati, ! una vera e propria riscoperta di un mondo fantastico e di un artista ch! e ha precorso i tempi.
 

Cunicoli e misteri sotto Lonato



Bresciaoggi
sabato 01 settembre 2012

LA RICERCA. Una rete di cunicoli, misteriose cavità e una villa romana: formato il consorzio che esplorerà questa realtà

Alla scoperta di «Lonato sotterranea»

Il sottosuolo di Lonato sarebbe particolarmente ricco di cunicoli, un dedalo di camminamenti nascosti e in parte occlusi dal cedimento delle gallerie, un tempo lontano vie di fuga dei signori della rocca nei momenti di pericolo. Percorsi nascosti dalla vegetazione o seppelliti dalle nuove costruzioni verso la cittadella, il Duomo o quartieri lontani come il Lonatino, il Filatoio o Drugolo.
A questo va poi aggiunta la vecchia rete storica dell´acquedotto, oltre al mistero della «domus» romana nascosta sotto il terreno delle Pozze, ma ben perimetrata dal georadar.
Se per portare alla luce i resti di questa villa bisognerà attendere il finanziamento del ministero, per i cunicoli si è costituito nelle scorse settimane una sorte di consorzio di ricerca, unendo tre gruppi: Xplora con lo studioso desenzanese Armando Bellelli, il «Teses» di Vercelli guidato dallo speleologo Luigi Bavagnoli e il sodalizio speleo-esplorativo «Geogra! phical research». Il progetto si avvale anche del supporto degli speleologi bresciani Diego Vezzoli di Erbusco, Adriano Bresciani di Lonato e l´archeologo Andrea Bellandi.
«La nostra intenzione - spiega Bellelli, ideatore del progetto - è di arrivare ad una mappatura completa dei cunicoli perduti. Individuarli, studiarli, se possibile esplorarli per rendere poi i risultati finali delle indagini disponibili a tutti gli interessati. In questa prima fase raccogliamo dati e in particolare le segnalazioni dei cittadini per individuare i segni della presenza di cunicoli, questo per darsi un´idea geografica della situazione. Se anche solo la metà delle segnalazioni risulterà vera e affidabile, credo proprio che ci troveremo di fronte ad uno scenario sotterraneo di Lonato davvero interessante. Per ora ci siamo limitati a qualche piccolo sopralluogo, senza indagini profonde. Ma è solo l´inizio».
Ogni informazione è preziosa. L´associazione
La Polada» è pronta a ricevere segnalazioni all´indirizzo mail lapolada@yahoo.it.
  

Curiosità e leggende valsabbine


Bresciaoggi
venerdì 31 agosto 2012


(LETTERE)

Ugo Vaglia nel suo interessante libero "Curiosità e leggende valsabbine" del 1947, tramandò alcune notizie quasi dimenticate.
A Marmentino c´è una caverna: là dentro si nascondono le streghe per uscire la notte del sabato a convegno, sotto la luna, con le streghe del Gaver. Camminano con passi lunghissimi. Si dice che un solo passo le porti da Marmentino a Barbaine; da Barbaine a Prato oppure ad Avenone.
A volte si trasformano in vecchie miserabili e reggendo la gobba schiena sul nodoso bastone battono a tutte le porte per avere la carità. Se non sono bene accolte, o vengono derise dai ragazzi, sempre pronti a burlarsi dei difetti altrui, si vendicano.
A Odeno, infatti, si vendicarono bruciando il paese nel 1438. Forse con questa strana leggenda gli abitanti vollero coprire la sconfitta subita dal generale di Niccolò Piccinino, Talliano del Friuli, che, per vendicarsi dell´infelice giornata toccatagli il 22 genna! io a Lodrone, aggredì di notte la Valle Sabbia. Distrusse Aveno, la chiesa di Barbaine, Livemmo ed Odeno, con la morte di molte persone.
Ancora infame memoria delle streghe rimane nell´anno 1830, detto appunto l´anno delle streghe, quando nella sola Val Scura furono schiantati da un turbine 18 mila abeti. Per buona fortuna (e lo posso garantire, scrisse Vaglia) le streghe non esistono, più; ed anche i folletti, creati a tormento nostro e di tanti altri, sono di molto diminuiti. Pensavo che la benedizione di san Carlo Borromeo data alla Pertica, li avesse completamente precipitati nelle chiostre infernali: e ritenevo anche che l´oratorio di S. Bernardo a Prato, edificato circa duecento anni or sono, stesse là, fra terra e cielo, in un ammanto di frondosi castagni, per testimoniare, con un atto di fede, la vittoria delle profondità metafisiche sulle più diffuse superstizioni. Anche presso i Romani era comune credenza che nel buio delle notti, nel folto dei boschi rintronassero, d´improvviso, voci cupe e cavernose degli dei silvestri (Silvano, Pan. Fauna) che mettevano spavento al viandante smarrito e lo facevano scappare a precipizio.


Bresciaoggi
sabato 01 settembre 2012


(LETTERE)

Sempre l´indimenticabile Ugo Vaglia, studioso della storia e delle tradizioni valsabbine, per molti decenni segretario dell´Ateneo di Brescia e personaggio della vita pubblica bresciana (fu anche presidente della Camera di Commercio), nel libro edito nel 1947, intitolato «Curiosità e leggende valsabbine», tramandò una serie di leggende di folletti e di spiriti inquieti.
Nella Pertica i folletti ci sono ancora. Escono al lume della luna quando l´aria si colma di fantasmi e di ombre. Allora c´è da temere: si appiattano nei fossi, dietro le siepi, nelle concimaie; mugolano e latrano e poi balzano improvvisi a spaventarti.
Non fu raro che questi folletti birboni penetrassero nelle stanze più riparate della casa, nelle camere ben chiuse, nelle cantine per burlarsi di tutti, rendendo così più amara la fatica dei monti.
Nelle case, infatti, chi vi abita è spesso colpito da insoliti rumori: stoviglie che rotolano, colpi assordanti d´archibugio, gorgogliare di vino spillato dalle botti. Le ragazze si fanno ombrose e solitarie, melanconiche e pallide; le donne perdono la rocca, vedono il fuso fermarsi, sentono cadere le chiavi. Agli uomini scappa di mano il fiasco del vino mentre stanno versando un bicchiere agli amici.
E peggio ancora di notte. Le fiamme attaccano solai e sottotetti; si corre per spegnerle e nulla si vede.
Ma la paura, l´apprensione, l´orgasmo è indescrivibile. Entrano anche nelle camere per svegliare a sculacciate chi si gode tranquillo il meritato riposo. Stordito e torpido, attanagliato da un incubo infamante, il percosso altro non ode che tonfi sotto la finestra, risa irritanti; e poi urla e grida che riempiono le vene di furia e di rabbia.
Si dice, e si crede, che molti secoli fa in Gardo e in Forche, presso Persegno, alcuni signori in compagnia di vaghissime donne, vi trascorressero tra bagordi e licenze l´autunno e parte dell´inverno.
Quando morirono, i loro s! piriti furono condannati alla pena sul luogo dove avevano peccato, e ancora oggi pagano il fio dei libertinaggi.

La leggendaria città di Carpanea, da Verona alla TV


L'Arena
giovedì 13 settembre 2012 – PRIMAPAGINA
IL MITO FINISCE IN TV. La leggendaria città di Carpanea

L´Atlantide della Bassa diventa documentario Rai

La mitica leggenda di Carpanea, la città sorta in una sconfinata conca protetta dalle acque dell´Adige e del Tartaro, sarà raccontata in un documentario in onda sulla Rai in novembre. Lo scorso fine settimana, il regista Pepe, curatore dei servizi per i programmi SuperQuark, Ulisse e Geo, è stato incuriosito dalla leggenda dell´«Atlantide della Bassa» ed ha deciso di raccontarla con la telecamera. SCUDERI 39

L'Arena
giovedì 13 settembre 2012 – PROVINCIA
CASALEONE. Il regista di SuperQuark, Ulisse e Geo attratto dalla leggenda di Carpanea, la mitica città delle cento torri
L´Atlantide della Bassa diventa un documentario per Raiuno

Il filmato, con attori del gruppo teatrale Dramaten in costume sarà trasmesso a fine novembre Riprese a Cerea, Gazzo e in paese

La mitica leggenda di Carpanea, la città sorta in una sconfinata conca protetta dalle acque dei fiumi Adige e Tartaro, sarà raccontata in un documentario in onda sulla Rai a fine novembre. Lo scorso fine settimana, il regista della tv nazionale Michelangelo Pepe, curatore dei servizi di Alberto Angela per il programma SuperQuark, della trasmissione Ulisse e di Geo, è stato incuriosito dalla leggenda dell´«Atlantide della Bassa» ed ha così deciso di raccontarla con la telecamera.
La curiosità gli è scattata dopo aver ricevuto il materiale da Claudia De Fanti, storico membro della Pro loco locale e persona da sempre attenta alla valorizzazione del territorio e delle sue tradizioni. «Partendo dalla storia di Carpanea e delle sue cento torri», racconta De Fanti, «si è sviluppato un percorso in grado di far scoprire e conoscere le ricchezze dei nostri luoghi, dalle tradizioni culturali alla lavorazione del riso, del radicchio ! e di altri pregiati prodotti orticoli da noi coltivati».
Il mito di Carpanea narra di una città circondata da sette ordini di mura e difesa da cento torri, con una grande diga che la proteggeva dalle acque dei maggiori fiumi che le scorrevano intorno. Un giorno il re della città, in lotta con i sacerdoti, penetrò nel tempio e trafugò la statua del dio Appo gettandola in acqua. La folla, per cercare di recuperare il simulacro di Appo, si precipitò sulle dighe per aprirle e prosciugare il bacino d´acqua. Il re, visto il disastro, impazzì, mentre la città sprofondò per sempre sott´acqua. La leggenda narra che ogni anno, nella notte di Pentecoste, chi si trova da solo lungo il fiume senta un pianto seguito dal suono di una campana: è la figlia del re di Carpanea, colei che doveva sposare il giovane capo dei sacerdoti e che ora vive sotto le acque piangendo al pensiero del suo sogno d´amore finito nel peggiore dei modi.
Tutto ciò sarà rac! contato ora ai telespettatori italiani grazie alla ricostruzione di una leggenda molto popolare nella Bassa. Attori e comparse della compagnia teatrale legnaghese «Dramaten», diretta da Nicola Pavanello, ripresi in costumi d´epoca dal regista Pepe in diversi luoghi della Bassa veronese, hanno riportato infatti in vita l´antico mistero. I set sono stati allestiti in vari punti della pianura: all´interno dell´Oasi del Brusà di Cerea, a Torretta, a San Pietro in Valle di Gazzo e a Casaleone. Per la buona riuscita del filmato sono intervenuti anche gli esperti del Centro ambientale archeologico di Legnago, l´ingegnere Stefano De Pietri del Consorzio di bonifica delle Valli Grandi e Flavia De Paoli dell´associazione naturalistica Oasi Valle Brusà.