Al Castello del Catajo tra magnolie e fantasmi
A Battaglia Terme, lungo il corso del fiume. Guerra, potere, intrighi e vendette. Ripercorrendo la saga degli Obizzi nel paradiso tra i Colli Euganei
PADOVA — Imponente e magico. Come le gesta di chi lo abitò. Il Castello del Catajo spunta all’improvviso tra il verde, lungo l’argine del Canale Battaglia, nel padovano. Immenso, a testimoniare la grandezza e la forza degli Obizzo (o Obizzi), famiglia di militari mercenari diventati ricchissimi grazie al loro esercito privato che combattè per tutte le signorie dell’epoca, dagli Scaligeri di Verona, ai Carraresi di Padova, vittoriosi anche nella famosa battaglia di Lepanto del 1571. E’ un paradiso di natura e storia, quello del Cataio, incastonato tra i Colli Euganei. Un parco enorme circonda il castello e accoglie il visitatore, tra viali, piante esotiche, fontane, magnolie e pure una sequoia del 16oo, una delle prime che in quegli anni arrivarono dall’America. Accanto al laghetto punteggiato di ninfee, c’è ancora la piscina scavata nella roccia dove facevano il bagno i nobili dell’epoca o le dame, riparate sotto grandi tendaggi per evitare il contatto con i raggi del sole. Il Castello oggi è monumento nazionale, ereditato nel 1986 dai Dalla Francesca di Padova: 23 mila metri quadrati, 4oo stanze.
Visite guidate, laboratori didattici, sale in affitto per matrimoni, concerti o meeting, mantengono vivo il complesso, che conserva ancora in ottimo stato affreschi di Gian Battista Zelotti, allievo del Veronese, che celebrano le gesta valorose degli Obizzi. Ma gran parte della magia del Castello è legata alle vicende d’amore e morte che hanno accompagnato nei secoli i protagonisti della saga degli Obizzi. Ad iniziare dall’assassinio della bella Lucrezia Dondi dell’Orologio, moglie di Pio Enea II Obizzi, uccisa nel 16oo da quello che credevano un fedele cortigiano, Attilio Pavanello. La leggenda narra che Lucrezia fu uccisa con una rasoiata alla gola nella sua camera da letto, mentre indossava una vestaglia rosa, colpita da Pavanello su incarico di un corteggiatore respinto. Ferdinando, figlio di Lucrezia, anni dopo vendicò la madre ammazzando a sua volta Pavanello, ma il vero mandante restò impunito. L’anima di Lucrezia ancora non se ne dà pace, così vaga tra le sale del Catajo, avvistata ogni tanto dai visitatori. Anche recentemente durante un concerto al Castello dei Solisti Veneti, tra il pubblico fu notata una signora con la vestaglia rosa affacciarsi dalle finestre più alte, quelle che da anni sono chiuse e inagibili... Anni dopo l’omicidio di Lucrezia, l’ultimo erede degli Obizzi, Tommaso, perpetrò un nuovo delitto: uccise per gelosia la moglie Barbara Querini, che si diceva lo tradisse. Anche questo fantasma pare abitare tutt’ora il Catajo. «E c’è anche chi sostiene che pure l’anima di Gabrina, la più nota cortigiana del Castello, che naque e morì qui, ancora si aggira per queste stanze - rivela Andrea DallaFrancesca, 35 anni, uno degli eredi di ultima generazione, che si occupa della storia del castello fin da quando aveva 16 anni - . Gabrina era brutta, ma imbattibile a letto, molto ricercata per le sue qualità amatorie, tanto che Pio Enea II Obizzo dopo la sua morte la ricordò con un busto che nascondeva un gioco d’acqua ».
Chi si avvicina alla testa di Gabrina, ancora oggi, viene bagnato da un getto d’acqua. «Gabrina qui giace vecchia e lasciva - dice l’effige - che benchè sorda, stralunata e zoppa, si trastullò in amor finchè fu viva». Il Catajo si chiama così dall’origine del toponimo del 12oo «Ca’ lungo il tajo», casa lungo il canale. «Ma quando nel 1570 Obizzo costruì il castello - racconta Andrea Dalla Francesca - , fedele alle sue manie istrioniche, disse che l’aveva chamato in questo modo in onore di Marco Polo e del Catai...». Se l’interno è imponente e ricco di affreschi, l’esterno è caratterizzato da una immensa distesa verde. Oltre al parco, dietro al castello, c’è un colle che nel 1600 fu recintato con un alto muro, in cui vivono e continuano a riprodursi una quarantina di daini, oasi naturalistica purtroppo minacciata dai bracconieri della zona. Dopo l’ultimo Obizzo (Tommaso), che morì senza eredi, il Castello del Catajo passò ai duchi di Modena, quindi agli Asburgo e fu poi confiscato dallo stato italiano. Nel 1929, messo all’asta, fu acquistato dalla famiglia Dalla Francesca. Oggi gli eredi, a causa delle stratosferiche spese di manutenzione, stanno cercando di venderlo: il valore è di circa 20 milioni di euro, per restaurarlo servono altri 4o milioni. Sebbene si siano fatti avanti industriali e sceicchi e pure emissari di Berlusconi e di Putin, l’immensa proprietà resta ancora invenduta. (continua)
Francesca Visentin
18 agosto 2011
http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/cultura_e_tempolibero/2011/18-agosto-2011/al-castello-catajo-magnolie-fantasmi-1901314629700.shtml
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